Un
background familiare quantomai vario, una
vita piena di esperienze vissute sempre
al limite del buonsenso per le ragazze dellepoca,
un talento innato per dipingere personaggi.
Tutto questo è Jean Rhys, scrittrice
forse sottovalutata, molte volte ignorata,
ma dagli interessanti risvolti.
Nata nel 1890 a Roseau, nellodierna
Repubblica Dominicana, proviene da una famiglia
in cui si mescolano radici indigene, gallesi
e scozzesi, radici che condizioneranno per
sempre la sua vita e che ritorneranno prepotenti
in tutti i suoi romanzi e racconti.
Alletà di diciassette anni
venne mandata dal padre a vivere presso
una zia in Inghilterra; lì frequentò
la Perse School a Cambridge e la Royal Academy
of Dramatic Art di Londra. La morte del
padre la costrinse ad abbandonare gli studi,
e a lavorare prima come corista per una
compagnia itinerante, poi come impiegata
e, durante la Prima Guerra Mondiale, come
volontaria alla mensa militare.
La sua travagliata vita sentimentale fu
scandita da tre matrimoni e due figli (di
cui uno morto in tenera età), che
le permisero di vivere nelle principali
città dEuropa, come Vienna,
Budapest e Parigi, fino a stabilirsi poi
definitivamente in Inghilterra.
Per un certo periodo si allontanò
dai circoli e dal mondo letterario, finchè
ritornò ad esserci un certo interesse
nei suoi racconti e la BBC adattò
per il piccolo schermo il suo Good morning,
Midnight. Fu allora che Jean Rhys riprese
a scrivere brevi racconti pubblicati su
London Magazine e Art and Letters.
Nel 1966 esce quello che viene considerato
il suo capolavoro: Wide Sargasso Sea. È
un interessante esperimento letterario che
vede come protagonista Antoinette Bertha
Cosway, la moglie pazza di Edward Rochester
di Jane Eyre. La Rhys traccia la vita di
Bertha dallinfanzia fino al matrimonio
con Rochester, con il successivo trasferimento
in Inghilterra. Lì la donna finisce
confinata in unala della casa, da
dove poi appiccherà il fuoco che
distruggerà ledificio e causerà
la sua stessa morte.
La Rhys affermò di aver scritto questo
romanzo perché incuriosita dalla
figura di Bertha in Jane Eyre, e perché
aveva la sensazione che Charlotte Brontë
avesse qualcosa contro le donne delle Indie
Occidentali. Da lì il desiderio di
riscattare luna e le altre con questo
romanzo che, nel linguaggio moderno, potrebbe
essere definito un eccellente spin-off.
Nei racconti e nei romanzi di Jean Rhys
appare sempre la figura di una protagonista
donna, spesso emigrata dalle terre caraibiche,
con una vita intensa e tanti uomini sbagliati
sulla sua strada. Donne che non riescono
a proteggersi dagli eventi della vita, che
non trovano un uomo che sappia renderle
felici, dedite allalcolismo (come
del resto lei stessa) e allautocommiserazione.
La stessa Jean Rhys molte volte ammette
di preferire le donne di colore, perché
più forti di quelle bianche.
I suoi personaggi si sviluppano ai due lati
dellOceano Atlantico, tra due mondi
forse un tempo legati da interessi economici
ma completamente diversi come cultura e
mentalità. Da questa differenza nascono
donne instabili, che vedono scontrarsi il
sangue caldo dei Caraibi con la freddezza
inglese, e che non riescono a sopravvivere
allurto.
È una fetta di storia che molte volte
non conosciamo, e che potremmo riscoprire
proprio attraverso gli occhi di una scrittrice
che non giudica i suoi personaggi, ma li
descrive così bene perché
in fondo
sono lei stessa.
(c) Silvia Vacca
Un estratto da The Lotus
di Jean Rhys.
Traduzione a cura di Silvia Vacca
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«Ehilà», disse Ronnie,
«e così è già
qui».
«Non sono riuscita a trovare quel
Porto».
«Non fa niente. Non si preoccupi».
«Ne avevo un poavanzato».
«Non fa niente
Mia moglie non
si sente troppo bene. È dovuta andare
a letto».
«Me ne accorgo quando non mi vogliono,
Signor Miles», disse Lotus. «Facciamoci
solo un altro drink. Scommetto che ne ha
un altro nascosto da qualche parte».
Cera dello sherry nella credenza.
«Grazie mille».
«Non si siede?»
«No, me ne vado. Ma mi accompagni
di sotto. È così buio, e non
so dove sono le luci».
«Certo, certo».
Andò avanti, accendendo le luci su
ogni pianerottolo, e lei lo seguiva, reggendosi
alla ringhiera.
Fuori la pioggia era cessata ma il vento
soffiava ancora forte e gelido.
«Mi aiuti a scendere questi dannati
scalini, per favore. Non mi sento molto
bene».
Egli le mise una mano sotto il braccio e
scesero gli scalini. Lei tirò fuori
la chiave dalla borsa e aprì la porta
dellappartamento nel seminterrato.
«Venga dentro un minuto. Cè
un delizioso fuoco nel camino»
La stanza era piccola e imbottita di mobili.
Quattro sedie con gli schienali dritti e
le gambe rococò, poltrone da cui
usciva limbottitura, pile di giornali
vecchi, fotografie di Lotus, sempre con
elaborati vestiti da sera, sorridente e
senza vita.
Ronnie stava lì, ciondolandosi sui
talloni. Gli piacevano quelle foto.Doveva
essere una bella ragazza ventanni
fa, pensò, e, come se gli rispondesse,
Lotus disse con voce piagnucolosa: «Avevo
tutto; oh Dio, se ce lavevo. Occhi,
capelli, denti, curve, assolutamente tutto.
E a cosa è servito?»
La finestra era chiusa e coperta da una
tenda marrone. La stanza era pregna dellodore
acre dei tre bidoni dellimmondizia
che cerano fuori.
«Quanto paga per questo posto?»,
chiese Ronnie, lisciandosi il mento.
«Trenta pezzi a settimana, non ammobiliato».
«Conosce quella donna che possiede
quattro case in questa strada? E ha tutti
gli appartamenti affittati, i seminterrati
e tutto il resto. Ma è sempre la
stessa storia: i soldi fanno i soldi, e
se non li hai non puoi chiamarli con un
fischio. Sì, i soldi fanno i soldi».
«Chi se ne importa», disse Lotus.
«Non me ne frega niente».
«Beh, adesso non dica così».
«Non me ne frega niente. Voglio che
il mondo lo sappia. Niente. Non ho mai voluto
niente di simile. Non voglio le stesse cose
che interessano a lei».
Povera vecchia anima scombinata,
pensò, e disse: «Bene, allora
andrei se qui è tutto a posto».
«Sa, quel Porto. Ne avevo davvero.
Non avrei detto che ne avevo se non ne avevo.
Non sono affatto quel genere di persona.
Lei mi crede, vero?»
«Certo che le credo» le diede
una piccola pacca sulla spalla. «Non
si preoccupi per una cosetta da nulla come
questa».
«Quando sono scesa non cera
più. E non cè neanche
bisogno che mi dicano dove sia finito».
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