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Simonetta De Bartolo Intervista
VITTORIO BONGIORNO


Chi è...
Vittorio Bongiorno?

Scrittore attento ai problemi sociali e alle problematiche psico-comportamentali, Vittorio Bongiorno (Palermo, 1973) ha conseguito i suoi primi validi risultati letterari in età molto giovane, con La giovane holding (Comix, 1997) e In paradiso (DeriveApprodi, 2001). Interessato a vari aspetti della cultura contemporanea e a diverse espressioni artistiche, ha scritto la sceneggiatura de Il Duka (premio Sacher 2003), pubblicata sotto forma di racconto su Alias, supplemento culturale de "il manifesto". Nel 2006, edito dalla Rizzoli, è uscito il suo romanzo Il bravo figlio. Vive a Bologna, dove vende automobili svedesi.

>>Leggi la recensione de "Il bravo figlio"
A cura di Simonetta De Bartolo


Vittorio Bongiorno nasce a Palermo e vive a Bologna. Anche tu, come Nino Scialoja, protagonista de "Il bravo figlio" (Rizzoli, 2006), desideroso fin da bambino di lasciare Palermo? Perché? Autobiografismo?
Come Nino Scialoja ho viaggiato prima al seguito della famiglia, per gli impegni di mio padre, poi per lavoro e per le cose della vita. E quando qualcuno mi chiede "di dove sei" io sono sempre in imbarazzo, perché sono nato in Sicilia, ma ho vissuto altrove per quasi metà della mia vita. È inutile girare intorno alla faccenda dell'autobiografismo: sì, il Bravo Figlio è un romanzo autobiografico perché prende spunto da certe cose che ho vissuto ma che ho cercato di elaborare, scavando a fondo dei sentimenti, perché diventassero "universali". Condivisibili da chi, per fare un esempio spicciolo, non è siciliano né figlio di un magistrato che si sposta da una città all'altra. Dice Orhan Pamuk, "L'arte del romanzo è il talento di raccontare la propria storia come se fosse la storia degli altri... Gli altri diventiamo "noi" e noi gli "altri"".

Vuoi parlarci ancora un po' di te e di cosa fai nella vita?
Scrivo tutto il giorno. E la notte! Le parole e la scrittura sono il mio pane quotidiano. Dato che con i libri è difficile campare, faccio il pubblicitario (quelle famose automobili svedesi!), e al momento sto scrivendo anche un tv movie e un nuovo romanzo. Da poco ho finito di scrivere una sceneggiatura per un lungometraggio che in questi giorni viene girato ad Ancona (www.almamovie.it).

Nostalgia della Sicilia? Ci faresti ritorno?
Ho nostalgia di alcune persone, alcuni amici, alcuni ricordi, alcuni sapori. Ma non credo c'entri molto la Sicilia in quanto tale. Credo che chiunque abbandoni un luogo dove ha vissuto a lungo ne abbia nostalgia. Ma della Sicilia in sé, con tutte le sue terribili contraddizioni, beh, ti confesso che non ho alcuna nostalgia. Anzi.

Le tue letture indimenticabili? I tuoi modelli?
Domanda da milioni di dollari! Sono abbastanza "ignorante", e ho leggiucchiato qua e là, senza ordine. Direi però su tutti le "lezioni degli americani".

Hai seguito corsi di scrittura creativa? Qual è stato il tuo apprendistato? Quali le pubblicazioni antecedenti a "Il bravo figlio"?
Sono un autodidatta, nel bene e nel male. Per curiosità poi mi sono interessato di "creative writing", ma il mio apprendistato, nel tempo, è stato semplicemente sedersi tutti i giorni a scrivere. Ordine e disciplina. Mestiere. L'unica scuola che funziona, almeno per me. A 24 anni ho pubblicato il primo romanzetto, "La giovane holding", ma ero davvero giovane e incosciente, e "In Paradiso", uscito nel 2001, aveva tante belle idee ma forse un po' ingenuo. Sicuramente avrebbe avuto bisogno di un editing più attento.

Qual è l'idea di partenza de Il bravo figlio? Te ne sei allontanato molto in fase di stesura?
L'idea di partenza era un racconto sui padri. Avremmo dovuto essere un gruppo di scrittori della stessa generazione. Poi la cosa non si è mai fatta e io avevo una sessantina di cartelle che pulsavano, che "urlavano vendetta". Scherzi a parte, "Il bravo figlio" premeva per uscire, e quel racconto, subito poi diventato romanzo, è stato solo la scintilla. E ti confesso che fin dall'inizio aveva la struttura che poi è rimasta.

Hai stabilito un percorso narrativo prima della stesura vera e propria del tuo romanzo?
Lo faccio sempre, sia che si tratti di un racconto, di un romanzo, di una sceneggiatura: scalette, scalette e ancora scalette. Se non ho lo schema generale non riesco ad andare in profondità. Altra grande regola insegnatami dagli sceneggiatori americani!

Nino Scialoja si vanta di essere "Il campione italiano dei bugiardi". E "se la verità servisse a qualcosa nella vita"?
Sarebbe bello se potesse servire a qualcosa, la verità, nella vita vera, dico. Ma temo che sia più vera la strofa della canzone: la verità fa male. E nessuno, o quasi, è disposto a sentirla…

Nino e Turi, amici inseparabili. Quanto conta per te l'amicizia?
Come puoi fare a meno dell'amicizia? Come dell'amore. Poi magari io ho uno, due, tre amici veri sparpagliati in giro per il mondo, ma è uno di quei capisaldi su cui costruisci la tua vita. Poi, ripeto, i miei amici veri li vedo poco, molti li ho persi, alcuni li ho dimenticati, altri mi hanno dimenticato, ma sono importanti. Molto importanti.

Mai, come in questo periodo, il tuo libro è di grande attualità. Soddisfatto della critica?
Se ti riferisci alle recensioni uscite sui quotidiani, beh, sono addirittura in imbarazzo. Quando una pigra domenica vai a comprare il giornale e, senza saperlo, ci trovi un articolone a 5 colonne di Fernanda Pivano che ti elogia, come dire… senti franare tutto sotto i piedi. Sì, sono felice e onorato delle belle cose che mi hanno scritto. E poi attraverso il blog (vittoriobongiorno.blogspot.com) ho conosciuto persone meravigliose, che mi hanno raccontato la propria vita, che seguono le cose che faccio, che scrivo. Sono questi i veri premi che uno scrittore riceve.

Quali qualità e quali comportamenti deve avere un figlio per essere ritenuto veramente "bravo"?
Un figlio, per essere veramente "bravo", deve essere semplicemente se stesso. Riuscire ad affrancarsi dalla famiglia, dal peso dei genitori, e vivere la propria vita, con coraggio e forza. Pur sapendo che i genitori, gli affetti, ci saranno sempre. Ma molto spesso sono i genitori che oscurano i figli, pur non rendendosene conto. Questa può diventare la peggiore delle guerre…

Il dialetto in genere, l'unicità di suoni e di significati di quello siciliano, in particolare, conferiscono alla parola e al discorso una vis espressiva ed immaginifica che il suo equivalente in italiano perderebbe. La pensi allo stesso modo? Ne fai uso per questo motivo?
Non amo molto il dialetto "ostentato", il "folklore". Però sì, in alcuni passaggi della mia storia, certe parole, certi suoni, mi servivano per rendere più forte il "battito" della lingua, il suo tempo fortemente ritmato.

Quale caratteristica del tuo stile ti piace sottolineare?
Io non credo di avere una "bella scrittura", insomma non credo di essere capace di voli pindarici, di raffinatezze. Vengo dalla musica punk, dal cinema di genere, e forse da queste due forme d'arte ho imparato a essere diretto, secco, andare subito al cuore delle cose.

Quali adempimenti hai dovuto effettuare con la Rizzoli per pubblicare "Il bravo figlio"?
A Stefano Magagnoli, il boss di Rizzoli, il libro è piaciuto molto già quando ha letto il manoscritto. Grazie al suo contributo, e a quello di un giovane e bravissimo editor, Gianluca Bavagnoli, ho solo asciugato un po' la pagina da certe ripetizioni o sporcature. Ma, che si creda o no, non ho avuto alcuna imposizione.

Hai mai pensato di realizzare una sceneggiatura tratta dal romanzo?
In molti mi dicono che nel libro ci vedono già il film, e la cosa ovviamente mi fa piacere. Ci ho pensato, sì, però trarre un film da questo libro non sarà facile, e dunque prima di buttarmici aspetto che ci sia un interesse concreto da parte di produttori e/o registi. Chissà…

Nuovi impegni letterari in arrivo? Quali?
C'è il nuovo romanzo, che è continuamente rimandato, e che ho già cominciato a scrivere. Mi piace molto, sarà una nuova grande sfida. Spero presto di potermici dedicare. Ma non voglio avere alcuna pressione, né fretta. Vedremo…

Quali obiettivi si deve porre, secondo te, uno scrittore esordiente?
Altra domanda difficilissima! Per me è assolutamente fondamentale raccontare la verità. Il cuore della storia. Le viscere. Se già lo scrittore si pone dei "filtri", come potrà mai arrivare al cuore del lettore? Ma, ripeto, questo è quello che penso io, non è detto che altri la pensino come me!

Per Vittorio Bongiorno, scrivere è…
La mia ossessione. Non è per niente facile, è dolorosa, e in certi momenti arrivo a toccare vertici di sconforto abissali. Ma è la mia vita, e non potrei farne a meno.

Per gentile concessione di Simonetta De Bartolo
e Vittorio Bongiorno

 

inserito 31/12/07
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