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Assolo
di Giorgio Sannino
Pubblicato su PB15


Anno 2004- Il Foglio
Prezzo € 12- 120pp.
Collana Autori contemporanei
ISBN 8876060219

Una recensione di Angelo Angellotti
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Un labirinto algido di pensieri. Un susseguirsi veloce ed arcigno di impressioni sussurrate a voce alta. Un “Assolo”, che Giorgio Sannino urla silenziosamente al mondo per confessare se stesso o l’Altro. La storia narra di Luca che, nella continua attesa dell’Altro, di ciò che chiama il Traguardo, passa in rassegna un universo di personaggi reali ed immaginari che hanno affollato ed affollano la sua vita, ed, in fondo, racconta di sé stesso, con un finale a sorpresa. Un racconto che si inserisce nel filone delle “attese” dell’ignoto, dell’immaginario che da Buzzati a Klein spingono il lettore con una feroce avidità ad inoltrarsi nel romanzo tutto d’un fiato, a divorare ciascuna pagina come se fosse l’estremo tentativo di raggiungere l’ “oltre”, che umilia il suo spirito di tracotanza fino all’ultima pagina quando, si spera in qualche modo, tante verità verranno disgelate e l’ “Altro” assumerà sembianze ,finte o vere che siano, ma pur sempre sembianze che diano forma a ciò che è in fondo il nostro inconscio, i nostri pensieri. Attesa viva, senza noia, attesa dinamica, attesa motore del mondo e della narrazione.
E’impossibile mettere giù ,come in una nota stampata su un taccuino, il pentagramma di tali pensieri violenti e veloci che Assolo produce; impossibile perché essi sono frutto del caos che genera ordine e vita, a patto che il disordine le custodisca e le preservi.
Pensieri, per l’appunto, e personaggi, e vita che scorre. Fotogrammi sinceri e genuini di storie che si fondono negli acuti dell’autore. Per Sannino l’abitudine è condensata dall’attesa e dall’arte antica della scrittura. Scrittura audace, quella del libro, creativa ed evocativa, che costituisce un cesello di introspezione psicologica di pregevole fattura. L’autore scava nel proprio e nell’altrui animo per tirare fuori immagini che consegna al lettore perché le filtri con le proprie esperienze. Ciascuno ,poi, vedrà nel cortometraggio dei ricordi dell’autore quella immagine che gli è più consona e cara, ciascuno partendo dalle parole dell’autore scriverà il proprio personale racconto.
In “Assolo” le parole non sono mai sprecate od usate a sproposito, ma pesate e lavorate in un lavoro attento, scolpite con la cura dell’artigiano delle parole. Esse, come il titolo che le contraddistingue, sono cariche di note e suoni particolari che scandiscono una melodia di sensazioni ed emozioni. Indubbiamente bello lo stile di Sonnino, bello l’uso delle metafore che costituiscono una delle tessere più preziose del mosaico narrativo. Su tutto aleggia ed incombe l’attesa spasmodica che stilisticamente l’autore imbastisce con continui flash back che riportano il lettore avanti ed indietro nel tempo senza riferimenti, sospeso com’è ,solo, sul baratro dell’attesa, nella speranza che qualcosa prima o poi accada, che “Lui” arrivi, che “Il Traguardo” dia definizione ad un paesaggio pieno di dubbi e nebbie.
Il senso, tuttavia, che traspare nella complessità della narrazione è che l’autore spesso si compiaccia oltremodo dell’opera che ha davanti e che ha abilmente realizzato. La mira e la rimira lasciando troppo spazio ad uno spirito di maniera che mal si addice allo spirito del contenuto e della trama. Si compiace di se stesso e questo ne costituisce il limite. Purtroppo è il peccato originale degli esordi editoriali: quello cioè di stupire oltremodo il lettore con spettacoli pirotecnici ,superflui quando la trama basterebbe di per sé a colpire la sensibilità del lettore. L’abuso di acrobazie linguistico-letterarie finisce per banalizzare il racconto all’occhio di chi legge ,in esso, il tentativo dello scrittore di stupire più con la forma che col contenuto. I fregi elaborati hanno bisogno di grandi colonne per sostenerli e non viceversa.
“…e allora io sono uno di quegli avanzi. Sono l’odore nella pancia di lamiera. L’odore di tre giorni di attesa sul molo, gli occhi in fuga continuamente alle spalle. Sono l’odore di un posto in piedi stipato tra gli altri, l’odore di una stiva dove si dorme in mille. Ho negli occhi il miraggio di una via di fuga che è una linea all’orizzonte nei giorni senza foschia.”


Una recensione di Angelo Angellotti



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