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Alice
di Alessandro Cancian
Pubblicato su PBSE2007


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Alice cominciava a non poterne più di starsene seduta accanto alla sorella, sulla riva del fiume, senza far niente: un paio di volte aveva dato un'occhiata al libro che la sorella stava leggendo, ma non c'erano figure né storielle, «E a che serve un libro», pensò Alice, «se non ha figure né storielle?». Aveva considerato sempre una perdita di tempo starsene ore e ore sopra i libri a leggere cose che venivano in mente da altri: un branco di saccenti che passavano la vita a dispensare consigli sul cosa è giusto fare o non fare. A raccontare favole inverosimili, storie d’amore dal finale patetico e sdolcinato più della gomma da masticare che stava biascicando in quel momento! Quelli lì erano tali e quali ai suoi genitori! Tutto il santo giorno a borbottare su questioni di principio, a ricordarle di comportarsi nella giusta maniera, con la necessaria educazione, la reputazione e bla bla e ancora bla! Ogni volta che rimuginava a quel modo la masticazione del chewingum raggiungeva velocità inaudite e la si poteva sentire ruminare a due leghe di distanza. “Alice fai questo, Alice non t’azzardare, Alice ricordati di, Alice stai composta…” BASTA!!!
Non ce la faceva più! Doveva agire ed in fretta, prima che fosse troppo tardi! In fondo aveva un cervello come tutti; un cuore per decidere chi amare, una mente per stabilire quello che era giusto fare, per lei, s’intende! Occhi per vedere, orecchie per sentire, gambe per andare dove più gli pareva! A proposito: riflettendoci bene era proprio stufa di starsene lì a girarsi i pollici! Ogni volta che andava giù al fiume era sempre la stessa cosa: ore e ore a fissare quell’ipnotico, liquido fluire interrotto qua e là da frettolosi gorgoglii che ravvivavano appena la superficie del fiume quel tanto che bastava per far sapere ai presenti che nonostante le apparenze lui era ancora vivo, quantunque terribilmente annoiato! Per giunta, la sorella sempre sprofondata nelle sue letture non proferiva la benché minima vocale. Era deciso: avrebbe fatto una bellissima passeggiata! La giornata era splendida ed il paesaggio d’intorno un vero incanto! La fissò ancora un istante, pensando bene a cosa dirgli per giustificare i suoi proponimenti. Poi, d’improvviso, l’elegante profilo della sorella venne appannato da una gigantesca bolla dai riflessi rosati, che dopo essersi dilatata a dismisura fino a racchiudere l’intera sagoma della fanciulla esplose con un botto secco e fulmineo spiaccicandosi come un enorme, appiccicosa ragnatela sul viso di Alice. “Accipicchia!” - Brontolò in silenzio – “Guarda che pastrocchio ho combinato! “ Adesso i vischiosi filamenti si allungavano dall’indice di una mano al medio dell’altra rendendo ancora più disgustosa l’intera vicenda.Non appena ne venne a capo, detergendosi ben benino le dita sull’immobile corrente del fiume, ritenne che sarebbe stato inutile avvertire la sorella delle sue intenzioni: avrebbe accennato di si con il capo più per semplice riflesso incondizionato alla sua voce che altro. Così meditando, si guardò attorno per decidere in che direzione andare. Lungo la riva del fiume un bianco sentiero sterrato si snodava in curve appena accennate conducendo il viandante fino al villaggio di Borgo Zuppo, un insignificante agglomerato di rugiadose casupole disposte alla rinfusa vicino alle sponde del fiume. Il paesello deve quel suo buffo nome al fatto che, per gran parte dell’anno, è immerso in una impenetrabile bolla di umidità. I suoi pochi abitanti, sgocciolanti dalla mattina alla sera, quando non sono impegnati a strizzare i madidi vestiti devono guerreggiare furiosamente contro stormi di zanzare rapaci come falchi predatori. Il perché se ne stiano ancora lì ad infradiciarsi le ossa è un mistero che forse non avrà mai risposta!
NO! Non era di certo la migliore delle località dove trascorrere la sua prima giornata di libertà. Tagliò corto e decise che avrebbe costeggiato la boscaglia alle sue spalle guardandosi bene dall’addentrarvisi all’interno, ma con la ferma intenzione di sapere cosa in realtà ci fosse oltre il limitare di alcune sommità frondose che parevano far capolino dietro all’orizzonte del vasto querceto. Con un misto di disapprovazione ed incredulità si rese conto di non essersi mai allontanata un palmo di mano dai suoi luoghi quotidiani. Faticava a perdonarsi una tale scempiaggine; nondimeno, era pronta a recuperare il tempo perduto e nulla e nessuno l’avrebbe più fermata! Raccolse il suo parasole, gettò un’ultima sbirciata alla sorella e si incamminò verso il margine del bosco.

Ad ogni passo si delineava sempre più nitido il suo sfolgorante futuro: avrebbe detto chiaro e tondo ai genitori che voleva lasciar perdere una volta per tutte quella stupida scuola che insegna a far di conto.
Piuttosto, sarebbe partita appena possibile per qualche metropoli europea.
Doveva cominciare a fare esperienze di vita indipendente, conoscere culture e stili di vita differenti. Acciderba quanto erano provinciali! Via, doveva soffiare via una volta per tutte l’insopportabile polvere della quotidianità. “Tradizione!” - imprecava suo padre quando la rimproverava di essere troppo anticonformista – “Dove sono finiti i valori di una volta?” – e via discorrendo. All’inizio sarebbe stata dura, c’era da scommetterci! Però non si sarebbe di certo scoraggiata ed avrebbe tirato dritta per la sua strada.Già si immaginava la reazione: le imprecazioni del padre, lo sguardo attonito della madre; forse sua sorella avrebbe addirittura sollevato la fronte dal libro posando lo sguardo su di lei e magari gli avrebbe detto pure qualcosa!
Malgrado ciò, non era affatto intimorita, tutt’altro! Quando si è convinti di quello che si vuole…
Aveva percorso già un bel tratto di strada senza nemmeno accorgersene, tanto era assorta nei suoi pensieri. Il sentiero adesso curvava leggermente a sinistra: in quel punto la boscaglia si faceva fitta anche dall’altro lato della strada e nerboruti rami si intersecavano da una sponda all’altra formando una specie di galleria frondosa. L’aria si era fatta frizzante per l’ombra che vi governava mentre i raggi del sole faticavano a trovare un pertugio in quella rigogliosità arborea.
Alice chiuse il suo parasole ed accelerò il passo per nulla soddisfatta di quell’improvviso calo di temperatura. Improvvisamente, davanti a sé, poco distante, notò qualcosa al margine del sentiero. Li per lì non si rese conto di cosa fosse; poi quando gli fu vicino comprese: era un libro. Sembrava piuttosto vecchio: la copertina era tutta sbriciolata e non riportava alcun titolo.
“Strano” – pensò Alice – “non ho mai visto libri senza un titolo. Sarà che è tutto sgretolato.” Naturalmente la cosa non la turbò più di tanto: si trattava pur sempre di un libro e noi sappiamo quanto poco amasse quel genere di articolo. Stava per riprendere il cammino come nulla fosse quando un’improvvisa ventata sbucata da chissà quale porta aperta del bosco sollevò alcune pagine del volume. Fu allora che Alice vide lo sfavillio dei colori. Dapprima ebbe la sensazione di aver avuto un’allucinazione, ma facendo bene attenzione dovette convenire che era la pura verità: ai suoi piedi il libro si lasciava accarezzare dal vento facendo intravedere pagine piene zeppe di figure mirabilmente colorate. Alice non poté resistere alla tentazione e lo raccolse con gesto repentino: moriva dalla voglia di ammirare quelle stupende incisioni. Strano: fino a qualche minuto fa aveva lanciato anatemi contro tutti i libri del mondo e adesso si trovava nel bel mezzo di un bosco tutta intenta a sfogliarne uno. Chiunque fosse, colui che aveva realizzato quelle incisioni doveva essere un vero genio dell’illustrazione.
La cosa era ancora più strana se si confrontava la copertina tutta scolorita e sbrindellata con le splendide pagine interne: assolutamente immacolate, come se nessuno le avesse mai sfogliate prima.
Era talmente eccitata davanti a tale meraviglia che dapprima non ci fece caso; poi, mano a mano che ne sfogliava le pagine, si accorse della realtà ed un urlo di terrore le uscì di bocca. Il libro le cadde dalle mani e piombò a terra ancora aperto. Alice, lo sguardo sbarrato sulle pagine, vi vide se stessa! Assurdo,ma assolutamente vero! Le incisioni la raffiguravano in alcuni momenti della sua vita: da piccola mentre si baloccava con le amichette, il primo giorno di scuola, l’albero di natale addobbato, le gite al fiume, il primo fidanzato. Ad un certo punto rimase folgorata da una illustrazione che la raffigurava proprio in quel punto esatto del bosco mentre sfogliava quel misterioso libro. Com’era possibile? In preda ad uno stato di agitazione tale che la faceva tremare come fronda nel vento, cominciò a sfogliare le pagine in maniera frenetica. Si vide mentre abbandonava i genitori; poi sul treno che la portava lontano da casa ed eccola lì in cerca di un lavoro. La cameriera in un fast food, il primo lavoro, i successi, le promozioni, la carriera! SI! Lo sapeva che ce l’avrebbe fatta! Mai aveva dubitato del suo talento e della sua voglia di arrivare! Adesso ne era ancora più convinta! Forse quel libro era una specie di messaggio divino inviatole per convincerla della bontà delle sue intenzioni: era sulla giusta strada e la esortava ad andare avanti! “Un momento” – disse ad un certo punto, sfogliando a ritroso le pagine – “Forse ho visto male, ma in queste figure sono sempre sola. A parte i colleghi di lavoro o gli studenti del corso non c’è nessuno, mai, accanto a me! Come è possibile? “ – In effetti, a ben guardare, nessun altra persona le era accanto nella sua vita privata. Riprese a sfogliare le pagine per cercare di capirne di più. Adesso era una vera donna in carriera, ma si sorprese a trattare con disprezzo i suoi subalterni, a non accontentarsi mai di quello che aveva ottenuto utilizzando qualsiasi strumento per ottenere di più ed ancora di più. Parlava pochissimo, era sempre presa dal suo lavoro, mangiava da sola in ristoranti alla moda dove i camerieri la circondavano come guardie del corpo; però era sempre terribilmente sola. Aveva perso ogni contatto con i genitori, la sorella. Non rispondeva alle loro telefonate e non si fidava di nessuno e non c’era l’ombra di un amore accanto a lei. “Maledizione! Non era questo che voleva! Non era così che doveva andare a finire!” Le ultime pagine la ritraevano oramai anziana: viveva in una villa immensa, bellissima, piena di governanti e giardinieri, ma lei continuava a vedersi sola. Tutti i suoi cari erano oramai scomparsi e Alice non era mai stata con loro quando avevano avuto bisogno di lei. Si era lentamente inaridita come un virgulto appena sbocciato, presto sradicato dal suo piccolo ma florido giardino e trapiantato su un terreno dalle smisurate vastità, brullo e desolato, sotto un cielo pallido che non piange mai. Una fitta le strinse il cuore come una tagliola, soffocandole in gola un urlo di disperazione. Poi un lampo le balenò in testa accendendo per un attimo il buio pesto che le aveva invaso la mente: “Tutto questo non esiste! Sto semplicemente sognando ad occhi aperti”. Alice stava disperatamente cercando una senso a quell’orribile incubo. Eppure il libro era reale così come le immagini del suo passato. Che cosa doveva fare? La risposta non tardò ad arrivare. Con le lacrime che le offuscavano lo sguardo gettò violentemente il libro lontano e tornò di corsa sui suoi passi. Piangeva come una bambina, e se solo si fosse voltata per un lampo verso ciò che aveva disperatamente lanciato nell’ombra del sottobosco, avrebbe visto un vecchio libro pieno di pagine bianche inabissarsi in un mare di foglie. Appena raggiunse il fiume si affrettò in direzione della sorella trovandola ancora assorta nella sua lettura come se nulla fosse accaduto. Si asciugò le lacrime che ancora le scorrevano sul viso e le si sedette accanto: “Sai è buffo “ – le disse sottovoce, quasi per timore di disturbarla – “Non ti ho mai chiesto di cosa parla il tuo libro. Ti va di raccontarmelo?”

© Alessandro Cancian





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