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Perle...
di Cinzia Baldini
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Il profumo di una notte d’estate con la complicità del silenzio mi avvolge e accattivante mi cattura. Abbracciandomi languidamente mi accompagna nel sogno dove risveglia dal limbo degli anni, onde di pensieri che inseguendosi inarrestabili si frangono nella mente, come la risacca sulla riva del mare.
Con il suo tocco leggero, apre lo scrigno dell’anima e mi porge, coperta dalla polvere del tempo, più preziosa dei diamanti, palpitante dei colori della gioventù, la mia collana dei ricordi.
Timidamente mi soffermo ad accarezzarla. Incerta la prendo tra le dita ed essa si anima dei mille riflessi brillanti delle speranze e dei bagliori cupi delle delusioni che la vita mi ha riservato.
Con coraggio la indosso e ad una ad una, riconosco tutte le sue perle. Ci sono le illusioni rimaste tali, i sogni mai realizzati, le aspirazioni sfumate e i desideri smarriti lungo la via. Ma tra tutti un ricordo mi abbaglia e prepotente riaffiora: l’estate della mia vita. La stazione, il treno, l’arrivo… la prima vacanza lontana da casa.
Trattengo il respiro, mentre emozionata e commossa mi ritrovo prigioniera in una girandola di sentimenti che ora dirompenti nella certezza, ora disperati nell’attesa, sfavillano e si spengono in un sogno.
Improvvisamente, in quest’oceano ribollente della mia mente tra gli spruzzi di schiuma sollevati dalle sferzate della burrasca che incalza, come uno scoglio affiorante ti vedo: prima giovane e innamorato, poi ragazzo, infiammato dalla speranza ed infine uomo, affannato in una vita a cui non appartengo. Giorni, mesi, anni, consumati nel vortice eterno che scandito dal ritmo del tempo impietoso assiste indifferente allo svolgersi delle nostre esistenze.
…Ricordi? Ero la tua ombra.
Mi piaceva stare con te: giocavamo, ridevamo, ci divertivano senza pensare ad altro. Neanche sapevamo ci fosse altro…
…Ripensi alle nostre uscite di sera, le gite, la spiaggia ed il mare?
Poi la distanza ci ha separati: tu nella tua città, io nella mia, con i giorni che si accumulano ai giorni finché si accende una nuova, abbagliante estate e ti ritrovo.
…Tu forse non ricordi.
Eri sulla spiaggia stavi lavorando a qualcosa. Sporco di gesso e di vernice eri bellissimo. Agli occhi dei miei giovani anni, stagliato contro il sole, apparivi splendido e selvaggio come un Dio Pagano. Mi guardavi incredulo ma in fondo al tuo sguardo brillava una scintilla di gioia. Non credo di sbagliare, eri contento di vedermi.
Avevo solo qualche giorno, per respirare il tuo respiro, sognare i tuoi sogni, entrare nella tua vita.
…Ma ora vieni, prendiamoci per mano e come non abbiamo mai fatto, teniamoci compagnia in questo tratto di esistenza. Mentre passeggiamo, vorrei dirti tante cose ma non trovo il coraggio di farlo e le labbra restano mute.
Quante volte mi sono detta domani ti chiamerò…
Poi mi domandavo: Per dirti cosa? Come spiegarti quello che neanche io avevo chiaro nella mente?
Solo ora rivedendoti ho compreso. Quella sensazione di nostalgia indefinibile, che a tratti, nel tempo, si affacciava e poi tornava a sopirsi, era la voglia di ritrovarti. Non capivo e ostinatamente la scacciavo, come un pensiero molesto.
Sono trascorsi molti anni e ognuno ha deciso della sua esistenza e ha fatto le sue scelte, eppure, celato alla ragione, quell’esile sentimento ha resistito, sostenuto dalla speranza di un suo divenire. Desideroso un giorno di trasformarsi in qualcosa che né io, né te, avevamo considerato.
Vorrei udirti parlare per ore. Raccontarmi di te o ricordare di noi. Indovinare i tuoi pensieri o solo guardarti per ritrovare nell’uomo, il ragazzo di quelle estati lontane. Scoprire il sapore che avrebbero avuto i tuoi baci mentre timido si affaccia tra noi il desiderio…
Rivivo l’angoscia dell’attesa nel lento trascorrere del tempo. L’ebbrezza della gioia nel sentirti ridacchiare. La tristezza dei saluti. Ritrovo le inutili risposte alle mille domande formulate dalla mente annebbiata dal dolore per il distacco. Ascolto di nascosto le nostre interminabili telefonate cercando di imprimermi la tua voce nell’anima. Vacillo, provando la sensazione di un pugno allo stomaco, quando il clic del telefono si chiude su di noi come un freddo sarcofago di marmo…
È autunno. E’ silenzio.
Ora cosa faccio? Come riuscirò a sorridere di nuovo? Ad attendere l’alba ed il tramonto di nuovi giorni in questo gelido inverno senza vita?
Un giorno… se troverò il coraggio…
Scompigliandoti i capelli, ti dirò che mi hai regalato sensazioni dolcissime. Hai colmato il vuoto dei sentimenti che, riarsi ai raggi brucianti della delusione, erano sopraffatti dalla monotonia quotidiana.
Eppure non cambieremo le nostre vite!
Il mio sentimento non potrà mai vedere la luce delle stelle, non si scalderà al calore del sole, né si bagnerà con le gocce di pioggia. Però c’è, e questo mi rende sicura. E so che è forte. E anch’io devo essere forte.
A domani… anche se so bene che non ci sarà un domani
Ma testarda ti scriverò e chiarirò… domani…
Cercherò in te le mie stesse emozioni e se mi accorgerò che hanno nutrito solo il tuo orgoglio, non proverò vergogna. Il passato rimarrà confuso tra le stelle, anche se ora risplende alla luce del sogno e in ogni caso dovrò ringraziarti perché hai regalato al mio cuore la scoperta del suo primo sentimento. Dopo mi tapperò le orecchie per non sentire l’addio straziante di un’altra illusione naufragata sugli scogli della vita e con dignità ne raccoglierò i delicati frammenti per portarli sempre con me. Li riporrò con cura nel mio amato scrigno, tra le pieghe dell’anima, mentre una nuova, lucida, perla si aggiungerà alla mia vecchia, preziosa collana.
Domani di un giorno che verrà…
ti narrerò, disegnando nell’aria i contorni del tuo viso, di giorni interminabili, in cui le poche notizie che rubavo di te, non mi bastavano più. Diventavo donna e cominciavo a desiderarti da donna… ma tu non sapevi ed io non dicevo nulla perché: «le ragazze per bene non si offrono ad un uomo». Maledetta e falsa, morale!
E non m’importava sapere dell’altra che entrava nella tua vita. Quando lei ti abbracciava, quando raccoglieva i baci dalle tue labbra, quando ti accarezzava stanca, dopo l’amore, tu non lo sapevi, ma c’ero anch’io…
Ti ho cercato tante notti in sogni interminabili che sparivano nella disperazione del nuovo giorno che togliendoti a me ti restituiva a lei. Dio quanto dolore!
La tua terra assolata d’estate, riaverti vicino. Eri ancora più bello di come ti ricordavo. Eri più di un sogno. Non avevo bisogno di altro, Ma qualcuno mi disse “Dimentica!”…
Non c’è più la luna! Non ci sono più stelle! Il gelo dell’inverno sulla pelle e l’oscurità avvolgente della notte accompagna i miei pensieri. Non potevo più sognarti, non potevo più pensare a te. Dovevo dimenticarti! Ma come potevo dimenticarmi di vivere?
Indulgente la notte, con una brezza leggera, asciuga le lacrime.
Non ho curato la mia ferita. Vederla sanguinare serviva a ricordarmi l’inutile consacrazione ad un Dio Pagano. Ho iniziato a costruire la mia vita, lasciandoti vivere la tua, così come mi era stato detto di fare.
Ho conosciuto persone nuove, nuovi amici, ma nessuno ti somigliava. Dov’eri?
Mi riconosco in quella figura che, rialzate le spalle, con decisione affronta il domani.
E’ trascorsa una vita… E’ quasi l’alba.
Mentre le onde tempestose della mia mente iniziano a placarsi e il sogno dolcemente si stempera nel sonno, riconsegno l’antica illusione nelle volute dell’anima e la notte con cura ripone la fragile, delicata collana nel suo antico scrigno.
“Cosa sognavi?”.
Il tuo corpo da Dio Pagano è splendido e scintillante al riverbero della luna. Un brivido mi attraversa le membra risvegliando i miei sensi ancora assopiti.
«Te» rispondo.
Cerco i tuoi occhi e mentre il tuo respiro sfiora il mio collo, assaporo la dolcezza delle tue labbra…
Domani ti chiamerò… o forse… domani ti scriverò… chissà!
Domani di un giorno che verrà sarà sempre estate…
Ma è già domani!

© Cinzia Baldini





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