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Odore di terra bagnata
di Mario Laudonio
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Odore di terra bagnata, assetata fino alla follia. Avida di ogni goccia. Una pioggia sporca, tiepida cade dal cielo senza colore perso nelle luci al neon riflesse dalla notte. Comparso così dal nulla, un tipico acquazzone di una rabbia selvaggia. Lama nella notte. Subito i canali di scolo si riempiono.
Ancora odore di terra bagnata, forte sopra ogni cosa.
Sono in macchina, sto guidando. Finestrini alzati, musica, tergicristalli e fari. Tutti insieme a lottare contro l’acqua e quell’odore, sporco, che sale dalle pozzanghere piene di fango che sembrano gusci di larve.
Un lampione… Un lampione… Un lampione… Un lampione…
Luce… ombra… luce… ombra… di nuovo maledetta luce… di nuovo maledetta ombra…
I miei occhi stanchi lottano nell’indecisione se rimanere aperti o chiudersi.
Luce… ombra… luce… ombra…
Hanno deciso restano aperti.
….
Giusto quando i lampioni stanno per finire.
Quindi il buio.
Ma solo un attimo.
Un battere di ciglia.
L’allargarsi di una pupilla per dissetarsi nell’aridità di appigli cromatici.
In quel momento tra luce e buio un lenzuolo danza di fronte ai miei fari inzuppati di notte e di acqua.
Un lenzuolo…
Un lenzuolo…
(Due battiti)
Non era un lenzuolo.
(Un battito)
Noneraunlenzuolo
(Silenzio e puzza di terra)

Inchiodo. Salvo la macchina prima che baci quella merda d’albero.
(Ancora silenzio)
NON ERA UN LENZUOLO
(un battito, ma al posto sbagliato. Devo rivedere la mia anatomia)
Il tergicristallo batte le sue gengive sdentate sul vetro.
(due battiti)
Piove, Dio se piove.
Provò a scollare le mie mani dal volante. Le nocche sono bianche come denti, le dita annaspano in cerca di un sostegno. Un crampo le attanaglia e le spinge a stringersi convulsamente a quel pezzo di realtà che mi impedisce di cadere nel vuoto.
(un battito)
(un battito)
(un battito)
La presa si allenta.
(un battito..)
L’ho quasi lasciato.
(un battito….)
Ce l’ho fatta.


Mi tolgo la cintura.
Mi ricordo che da quasi due minuti non sto respirando, allora provvedo a farlo.
Odore di terra. Sempre più forte.
Forte come del vino che inebria.
Come onda che ti spinge più a fondo.

Apro lo sportello e con cautela esco.
Guardo dietro la macchina, ma non la vedo.
“Dove cazzo è la …. ragazza?! (non era un lenzuolo era una ragazza)
“Una ragazza.”
(Una ragazza)
(Un battito in meno)

Sono sotto la pioggia.
La mia mente scarta questo dato due volte prima che mi accorga che sono fradicio.
“Sono fradicio.” Provo a dire ad alta voce al mio cervello.
Ma lui pensa ad altro.

Moviola
Luce… Buio… Luce…. Buio…. Lenzuolo…. Buio….
Indietro.
Buio… Lenzuolo. (STOP)… Lenzuololenzuololenzuololenzuolo.
No.
C’era una donna dentro.
(lenzuololenzuololenz…)
Bellissima.
(lenzuololenzuololenzuololen…)
L’ho investita.
(buio)
Ma non c’è.
“Non c’è!”
(Dove sei finita?)

qui…

(entra una fiammata all’ossidrile nei polmoni)
“Dove sei?”

Lontano, appena udibile …qui…
Vicino, nella zona in ombra dietro la macchina …qui…
Sotto il ciglio della strada …qui, qui….
(terra bagnata, fango, scuro raggrumato e fumante)
Da un albero …qui….
Vicinissimo, dietro di me …qui, qui, qui….

Un rantolio, una risata.
(Trenta, quaranta colpi al cuore)

Non riesco a vedere l’acqua è entrata negli occhi. Mi fa chiudere le palpebre.

Qualcosa si è mosso.
“Merda!”

…qui…
sulla mia spalla, ho sentito freddo, ghiaccio.

Mi giro e non c’è nessuno.
Grido.
Silenzio.

Si è mosso di nuovo qualcosa, l’ho visto con la coda dell’occhio.
Bianco.
Bianco come un corpo nudo..
Bianco come la calce.
Bianco come un lenzuolo
Comeunlenzuolocomeunlenzuolocomeunlen… come un sudario…..

Sono sicuro sia immobile dietro a quell’albero.
Arretro.
La puzza di terra è acre e dolciastra.
Decomposizione.
Dolciastra.
Terra assetata.
Morte.
Morte…

Il metallo sotto la mia mano.
Un rumore dietro la macchina.
Erbe mosse.
Mi giro: niente.
Un rumore dietro di me passi.
Mi giro: niente.

Non sento più l’acqua che scende lungo il viso. Non sento più il freddo affonda le sue lunghe dita.

Affero la maniglia.

Qualcosa si muove…

Apro.

… verso di me…

Entro.

… è a un passo…

Chiudo.

Colpisce con rabbia il finestrino.
Urla. Urla l’odio di mille vite.

Non ha occhi per vedermi. Le sue orbite … vuote … piantate nei miei occhi.

E urla selvaggia.

Lei, e quella poggiata sul cofano come un immondo animale da preda che si sporge in avanti nel buio.

Orribili.

In ogni lato della macchina c’è una faccia diversa.

Una rabbia infinita.
Quell’urlo…
Quell’urlo che è la negazione dell’esistenza di un Dio.
Un odio ultraterreno. Che nega tutto ciò che è vivo, che nega tutto ciò che è vita.

Lunghe dita che accarezzano, graffiano, si contorcono sul vetro….
Rabbiose, ansiose, vogliose, assetate, affamate.

Il mio stomaco non ce la fa più. Sto vomitando. Fiotti di bile. Fuoco nella mia gola. Acido sulle mie labbra.
Mi prendono le convulsioni.
Sbavo, senza più il controllo di me stesso.

Ridono le creature, orribili parodie di donne. E mi osservano. Col buio delle loro orbite senza occhi.
Col buio…
… buio …
.. buio…….



Silenzio.
E’ finita?
Non oso chiedermelo.
Buio.



Luce…

Da quanto sto così? …..
Sono vivo.
Quasi….
Sento del ferro arugginito nella mia bocca.
Sangue.
E’ la mia lingua.


Muovo un dito.
Una mano.
(il dolore diviene un rumore che brucia nelle orecchie)
Sto per svenire.
Mi riprendo…..

Apro gli occhi.
Qualcosa di scuro sta attaccato alla mia guancia.
Strizzo gli occhi.
E’ il volante.


… oltre tutto è tempestato di stelle.

Stelle?
Metto a fuoco…
Vetri. Sì, vetri..

Ancora sento gli echi delle orribili urla.
Serro gli occhi.

Il sole deve essere spuntato da poco…
Mi trascino fuori dalla macchina che si era abbracciata con un albero in uno strano amplesso.
Sono pieno di ferite e ho qualche osso rotto, ma sono vivo.

Guardo la macchina.
Non c’è nessuna frenata.
(fischiano le orecchie)
Nessuna….
Guardo dentro. Niente vomito.
Ma niente sangue…. Eppure sono pieno di tagli.
“Sì sono pieno di tagli, come se…”
(sì esatto)
“… come se…”
(il fischio ormai è fortissimo)
Come se mi avessero graffiato e morso delle bestie.
“Delle bestie..”
(niente sangue)

Il terreno era quasi asciutto eccetto qualche pozzanghera. La puzza di terra impregnava l’aria, mentre l’acqua rincorreva il sole tornandosene in cielo….

© Mario Laudonio





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