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RECENSIONE
Cantando dietro i paraventi

ITALIA 2003


Recensione di Rosaria Ghilardi

Cantando dietro i paraventi

INTERPRETI PRINCIPALI:
Narratore/Vecchio capitano: BUD SPENCER
Vedova Ching: JUN ICHIKAWA
Confidente : SALLY MING ZEO NI
Nostromo: CAMILLO GRASSI
Ammiraglio Ching: MAKOTO KOBAYASHI
Cliente ignaro: DAVIDE DRAGONETTI

REGIA: Ermanno Olmi
SCENEGGIATURA: Ermanno Olmi
FOTOGRAFIA: Fabio Olmi

COLONNA SONORA:
- In pace, in canto di Fabio Vacchi
- L’Uccello di fuoco di Stravinsky
- Estratti dalla sinfonie nr. 14 (SYMPHONIE FANTASTIQUE) e nr. 18 (TRISTIA) di Berlioz
- Canti popolari cinesi

 

Ecco un film diverso dai soliti prodotti commerciali che ci sono propinati con promesse di spettacolarità poi spesso disattese.

E’ un prodotto di qualità, curato in tutti i suoi particolari. Musica, fotografia, sceneggiatura e regia viaggiano all’unisono per rendere il prodotto unico, impegnato.
Non è quindi un film facile ma è sicuramente un film magico, fantasioso, anzi, oserei quasi dire fiabesco.
Lo spettatore si trova, fin dall’inizio, proiettato in un’atmosfera surreale, nella quale realtà e fantasia si fondono fin quasi a diventare una cosa sola. Dopo una prima sensazione di stordimento, provocata dall’inusuale intersecazione fra gli scenari, s’entra nel vivo della storia e si gode in ogni attimo della poesia di questo film.
Anche la trama sa di favola. La sceneggiatura, curata dallo stesso Olmi, è attinta da antiche fonti cinesi che narrano le gesta della vedova Ching e mescola sapientemente fonti storiche, fonti leggendarie e fantasia del grande regista.

Un ignaro giovane studente occidentale, finisce casualmente all’interno di un teatro orientale a luci rosse, dove una compagnia d’improbabili attori, mette in scena la rappresentazione delle gesta della famosa piratessa Ching, oltre che a balli e pratiche oltremodo sensuali, anzi direi proprio sessuali. Le donne inscenano la loro sensualità da dietro i paraventi e la sessualità senza velo alcuno.
Un pittoresco Bud Spencer, la fa da narratore, approfittando dell’identità di un vecchio capitano di marina dalle origini vagamente spagnoleggianti.
La messa in scena si trasforma pian piano in realtà, il giovane spettatore naviga continuamente tra rappresentazione e sogno, i personaggi si spostano dal palcoscenico al mare e viceversa, creando l’illusione delle favole che prendono vita proprio mentre si vanno raccontando.
.
Siamo nella Cina imperiale, in un periodo in cui, le vele corsare, solcano indisturbate i tre mari di Cina ed agendo su commissione di un’anonima società d’azionisti, saccheggiano velieri e villaggi sulle coste.
Nel tentativo di porre fine alle scorrerie, il governo imperiale proclama un editto che obbliga tutti gli abitanti dei villaggi costieri a distruggere ed abbandonare le loro case per trasferirsi nell’entroterra, al sicuro dalle scorrerie. Contemporaneamente, al più pericoloso dei capi corsari, il capitano Ching, è offerta la carica di capo corsaro imperiale.
Atterriti dalla paura di rinunciare alle loro cospicue entrate, gli azionisti della società del mare, predispongono l’avvelenamento del Capitano Ching.
Non hanno però fatto i conti con l’addolorata vedova, che come ci farà notare il narratore/vecchio capitano (Bud Spencer) non manca di possedere attributi maschili più che quadrati.
Assecondando la propria furia d’amante beffata ed oltraggiata, la bella, assume il comando delle tre navi del marito, e buttando all’aria ogni remora sovverte le regole non scritte del codice piratesco. Non esita ad attaccare persino le navi sotto la protezione del vessillo imperiale ma allo stesso tempo stabilisce regole, sulla suddivisione del bottino e sul trattamento dei prigionieri, più eque ed umane.

- “E’ assolutamente vietato approfittare delle grazie delle prigioniere non consenzienti, chi viola questa regola sarà appeso alla forca di prua fino a quando non si sarà ravveduto” -,

urla imperterrita la piratessa alla sua ciurma ribelle, strappando il megafono dalle mani del suo narratore. (Particolare interessante quello del megafono perché, ad un certo punto, rimane l’unico elemento che ci ricorda che stiamo assistendo ad una trasposizione teatrale sconfinante con la realtà; dubito che all’epoca della vedova Ching esistessero megafoni come quello usato nel film, il megafono è lo strumento che tiene lo spettatore ancorato alla realtà della finzione)

Nello stesso tempo, la novella piratessa, s’assume appieno tutte le sue responsabilità di fuorilegge che agisce alla luce del sole. Il succo del suo pensiero è più o meno questo: noi siamo furfanti e come tali agiamo, di fronte a tutti, in piena consapevolezza non come coloro che compiono furberie al riparo da privilegi che essi stessi si procurano (sarà un’allusione al b?)

Il vecchio e saggio imperatore muore ed il nuovo capo imperiale, al fine di salvaguardare le finanze del tesoro statale, si vede costretto ad armare una flotta con l’incarico di spazzare via dalla faccia del mare le navi corsare, ma ahimè l’impresa fallisce. Il comandante della reale flotta, sconfitto e disonorato, si dà all’harakiri.
Il nuovo supremo comandante della flotta, il principe Think-Wei, si prepara con perizia e fine intelligenza allo scontro.

In un tranquilla giornata di riposo per la ciurma corsara (e qui il regista non ci costringe ad immaginare, come accade nella maggior parte dei film, da cosa sia costituito questo riposo; gli attori, dormono, cucinano, mangiano, si lavano, fanno il bucato, raccontano favole ai bimbi, giocano e amoreggiano proprio come accadrebbe nella realtà) l’orizzonte appare letteralmente coperto da un’innumerevole quantità di navi imperiali, tanto numerose che neppure l’orizzonte le può contenere, la nave ammiraglia avanza (se chiudete gli occhi, anche voi la potete vedere) senza né remi né vele, spinta solo dalla diavoleria del progresso.
E’ la fine. Nessuno può resistere ad una forza tanto impari. Tuttavia………….

Il principe Think-Wei, prima di attaccare, sembra voler combattere una guerra di nervi. Le sue navi stazionano all’orizzonte in attesa……

Ma ecco…….., tutt’un tratto………., il cielo si riempie di mille colori, aquiloni variopinti s’innalzano dall’ammiraglia imperiale e come lievi farfalle planano sulle navi corsare.
Ogni aquilone una frase scritta nell’antica lingua dei mandarini.
Ogni frase un pezzo della favola del “Drago e la farfalla”.
Nella favola l’epilogo di questa dolce storia.
Niente cannoni per la bellissima vedova ed il suo equipaggio, ma il dolce sapore del perdono, cui tutti attingono con calore e riconoscenza. Pronti ad iniziare una nuova vita nella legalità, pronti a guardare ancora le donne “cantare dietro i paraventi”.

Questa favola antica è ricca d’insegnamenti e la sua narrazione, nulla toglie alla magia del film. Lo potete guardare incantanti anche conoscendone l’epilogo.
Il regista coglie ogni attimo della poesia delle cose.
Gli sguardi fra i protagonisti, dicono più delle parole.
La posizione degli oggetti sulla scena suggerisce trame.
La colonna sonora anticipa l’evolversi delle scene, e scandisce i sentimenti, in particolare risultano molto suggestivi gli inserti della “Symphonie fantastique” di Berlioz.
La fotografia, sapientemente curata dal figlio d’Olmi, stimola la fantasia, trasferendo lo spettatore in posti da sogno (che stanno a due passi da casa nostra, in Montenegro).

Se ogni tanto sentite il bisogno di trarre, da un film, qualcosa di più profondo del semplice divertimento, allora la visione di “CANTANDO DIETRO I PARAVENTI” è fortemente consigliata.

PREMI E RICONOSCIMENTI RICEVUTI
Miglior Soggetto Nastro d'Argento Ermanno Olmi
Miglior Fotografia Nastro d'Argento Fabio Olmi
Miglior Scenografia Nastro d'Argento
Migliori Costumi Nastro d'Argento

Una recensione di Rosaria Ghilardi

 

Inserito 17-05-06
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