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Rope (Nodo alla gola)
regia di Alfred Hitchcock
Pubblicato su SITO


Anno 1948- U.S.A.


Una recensione di Federico Fastelli
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 Rope (Nodo alla gola)

SOGGETTO: Dramma di P. Hamilton
SCENEGGIATURA: A. Laurents
FOTOGRAFIA: Technicolor (J. Valentine – W. V. Skall)
SCENOGRAFIA: P. Ferguson – E. Kuri – H. Bristol
MUSICA: L. Von Forbstein
MONTAGGIO: W. H. Ziegler
PRODUZIONE: S. Bernstein – A. Hitchcock (Transatlantic Pictures, Warner Bros.)
REGIA: A. Hitchcock

CON: J. Stewart – J. Dall – F. Granger – J. Chandler


Nel 1948 Alfred Hitchcock realizzò, secondo le parole di F. Truffaut, “il sogno che ogni regista deve accarezzare […] cioè quello di legare le cose in un solo movimento”. Nodo alla gola è, in effetti, un film rivoluzionario ed unico all’interno di tutta la storia del cinema. Un film girato a Hollywood che sovverte proprio uno dei principi fondanti del cinema classico Hollywoodiano: il découpage (la tecnica secondo cui le azioni vengono riprese spezzettate e unite tramite il montaggio). La sfida del regista è enorme: riprendere tutta la vicenda in un unico piano sequenza, dando l’impressione di usare un’unica inquadratura. In realtà, per motivi tecnici (la lunghezza delle bobine per le riprese non permetteva di girare in una inquadratura più di dieci minuti) ne saranno usate diverse, tutte unite invisibilmente grazie ad alcuni “trucchi”. Il far passare un attore davanti all’obiettivo, ad esempio, in modo da oscurare completamente l’occhio della cinepresa, dava modo di creare uno stacco e sostituire la bobina. Per fare tutto ciò la camera doveva avere grande mobilità. Il regista lavorò con il Dolly aiutato da pareti speciali che si muovevano su rotaie. L’audio fu registrato in presa diretta, mentre qualche problema lo crearono le luci. Parte del film dovette essere rigirata a causa del colore arancione che aveva il cielo (fatto di vetro filato) al momento del tramonto.
Hitchcock dovette credere molto nelle potenzialità del film (nonostante lo abbia definito un’esperienza stupida): primo film a colori della sua produzione; primo film prodotto da lui stesso. Le sue aspettative non furono deluse, il film fu un successo sia tra il pubblico sia tra i critici. Veniamo alla trama: è un adattamento di un dramma di Hamilton. Tutta l’azione si svolge in un appartamento di New York (visibile dalle finestre). Due giovani (Brandon e Philip) uccidono un loro amico (David) prima di un’importante cena a cui sono invitati il padre del ragazzo (Mr. Kentley), la fidanzata (Janet), un amico comune (Kenneth) e un professore dell’università (Rupert, interpretato da James Stewart). Non c’è nessun movente apparente. Durante la cena la strana assenza di David si palesa sempre con più forza, come, del resto, il nervosismo degli assassini. Alla fine Rupert si accorgerà di tutto e avvertirà la polizia.
Da notare il grande uso, tipicamente hitchcockiano, della suspence, che attraversa tutto il film e che raggiunge la sua acme nel finale. Il regista inglese rinuncia all’effetto sorpresa, mettendo lo spettatore volutamente in una condizione di onniscienza, proprio per esaltare la tensione. Soltanto quando il pubblico sa che il corpo di David è dentro la cassapanca apparecchiata per la cena, può preoccuparsi di ciò che avviene ai (e tra i) personaggi intorno. In questo senso, memorabile è la scena in cui la cameriera (Mrs. Wilson) nel riordinare la casa, subito dopo la cena, quasi scopre il cadavere.
Curata è poi la caratterizzazione dei personaggi, soprattutto i cattivi (e del resto non è forse di Hitchcock la famosa frase “Più riuscito è il cattivo, più riuscito sarà il film”?): tra Brandon e Philip le differenze sono nette e marcate. Se il primo ha un carattere debole, insicuro, facilmente trasportabile, il secondo è sicuro di sé, freddo e con una propensione alla megalomania e all’onnipotenza. Indicativa è in ciò la sua volontà di far avvicinare (per la verità riavvicinare) Janet a Kenneth. È un cattivo acculturato, raffinato, che però mostra di aver travisato i grandi insegnamenti accademici del maestro Rupert, di essersi allontanato irreversibilmente da tutti i valori d’umanità. Valori incarnati nell’ingenuità di Mr. Kentley, nel suo rifiuto delle teorie e delle speculazioni su fatti gravi come l’omicidio.
Dobbiamo, infine, per lo meno accennare all’attenzione per i dettagli che Hitchcock ci “regala” in più passi del film. I dettagli sono fondamentali per la soluzione del caso. In particolare Rupert si accorge del cappello di David, lasciato nel guardaroba della casa degli assassini, e soprattutto della corda (a cui si riferisce il titolo) con cui è avvenuto l’omicidio.
Il film costò un milione e mezzo di dollari e fu un successo anche finanziario.


Una recensione di Federico Fastelli



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