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Lettere contro la guerra
di Tiziano Terzani
Pubblicato su SITO


Anno 2008- TEA
Prezzo € 8- 177pp.
ISBN 9788850217137

Una recensione di Rosaria Ghilardi
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 Lettere contro la guerra

Nel tentativo di approfondire la comprensione dei fatti avvenuti l’11 settembre 2001 e le sue conseguenze storiche e sociali ho iniziato la lettura del libro di Michael Moore “Stupide White man” e ho proseguito con “Dude. Where’s my Country” sempre dello stesso autore. A metà circa della lettura di quest’ultimo, mi sono sentita completamente disorientata. Moore, lo sappiamo tutti, non va molto per il sottile. Smanetta di brutto contro la destra e la sinistra americane (e mondiali), si schiera apertamente contro i conflitti che attualmente affliggono la terra ed in particolare contro quelli Afghano ed Iraqueno, in quanto questi ultimi sono direttamente proporzionali agli Usa. Scorrendo, sul web, le opinioni in merito a “Dude. Where’s my country” sono incappata in un paio di commenti nei quali, Moore, veniva definito oltremodo “Furbetto”, così mentre leggevo cercavo di rapportare questa definizione alle parole dell’autore, alla sua visione del mondo, degli Usa e della politica estera americana. L’unico caso in cui la definizione poteva calzargli era quello di considerare Moore un emerito imbecille e le sue narrazioni un concentrato di invenzioni. A me pareva, invece, che nonostante le forzature volute dall’autore, al fine di sottolineare certi fatti, la sua narrazione fosse ben ponderata e calzasse perfettamente alla situazione politica internazionale di questi tempi. Ora, come dicevo in precedenza, a metà del libro di Moore decisi di fare una pausa e di approfondire la questione 11 settembre e conseguenze, affidandomi ad altre fonti. La scelta è caduta sul libro di Tiziano Terzani “Lettere contro la guerra” ed è giustificata da tre precisi e fondati motivi che mi hanno guidata: 1. Di Terzani avevo letto in passato “Un indovino mi disse” oltre che alcuni articoli apparsi sui giornali italiani e mi aveva colpito l’incredibile capacità di quest’uomo di raccontare la storia e la cultura. Ero rimasta affascinata da come, la sua penna, sfornasse saggi da leggere tutto d’un fiato, mai noiosi, sempre coinvolgenti, pieni di magia ma nello stesso tempo di realismo. 2. Non credo esista in Italia un altro giornalista esperto come Terzani sulle questioni dell’Asia. Nessuno è (anzi, ora purtroppo debbo scrivere “era”) in grado di presentare la questione islamica meglio di lui. Terzani era grande conoscitore delle religioni asiatiche e delle questioni politiche di questo continente, oltre che, naturalmente, conoscitore della nostra filosofia di vita. Egli era quindi preparato a cogliere, sulla questione, anche quelle sfumature che a noi comuni mortali normalmente sfuggono. 3. Tutti i saggi di Terzani nascono da esperienze dirette, fatte in loco. Nulla nelle sue narrazioni è lasciato al “sentito dire”. Tutto è preciso e documentato dai fatti e dalla storia. Ho iniziato così, con Terzani, un cammino che parte dal 14 settembre 2001 da Orsigna (FI) ed arriva nell’Himalaya indiana il 17 gennaio 2002. Il percorso si snoda attraversando Firenze, Peshawar, Quetta, Kabul e Dely. Le lettere raccolte in questo libro sono state, per la maggior parte, pubblicate sul Corriere della sera durante i primi tempi della guerra in Afghanistan. Terzani ci presenta un abilissimo resoconto delle ragioni islamiche che alimentano ancora oggi, nel 2004, la resistenza all’invasione occidentale e si dimostra grande preveggente. Nelle sue parole (scritte tra il 2001 ed il 2002) troviamo l’anticipazione dei fatti che si stanno verificando in questi giorni in Iraq. Egli ci spiega in maniera chiara perché la pretesa di esportare i dettami del nostro vivere civile, nel mondo islamico è destinata ad essere un grande fallimento. Terzani racconta la filosofia di vita e religione dei Talebani; parte fin dai tempi prima di Cristo nel narrare la storia del Medio Oriente e dei suoi eterni conflitti; coglie nelle ragioni del fondamentalismo islamico e della Sharya, verità per noi difficili da comprendere, ma che hanno una loro logica dal punto di vista spirituale di chi non vorrebbe che l’essenza della vita e della fede si disperda dentro ad un abito alla moda o ad una casa ben arredata; ci spiega i motivi prettamente economici e politici che hanno spinto l’amministrazione Bush ad intraprendere l’azione contro l’Afganistan ed i Talebani (dagli Usa stessi incoraggiati ed in passato favoriti e ben armati) e che li porterà poi a rivolgere le loro ire contro l’Iraq, la Siria, l’Arabia Saudita (per questi ultimi due stati forse si rivelerà provvidenziale il protrarsi e l’inasprirsi delle operazioni in Iraq); spiega perché il terrorismo non dovrebbe essere combattuto con le armi ma con la pace. Nella totale ignoranza di contadini la cui unica conoscenza è data dalla memorizzazione del Corano, si risponde alla violenza con la violenza, all’odio con l’odio. Ecco che le nostre bombe cosidette “intelligenti”, mentre da un lato uccidono centinaia di bambini, donne e vecchi inermi, dall’altro nutrono l’odio incondizionato di nuovi terroristi, di potenziali feroci kamikaze. Si mette in moto, in questo modo, un meccanismo che potrebbe portare alla totale distruzione del mondo. Cosa accadrebbe se paesi come l’India o il Pakistan (potenti ed entrambi nuclearmente armati come sono) decidessero, per mettere fine al conflitto che da decenni insanguina il Kashmir, di arrogarsi lo stesso diritto degli Usa di rispondere all’attentato di New York con un conflitto? Chi ci garantirebbe che qualche pazzo militare di quei paesi, non decida un giorno, di premere il suo dito su quel pulsantino magico che tanto ci fa paura? Ecco che in alcuni tratti del libro di Terzani, le argomentazioni sono le stesse che ci propone Moore. Diversi gli autori, diverse le narrazioni. Moore parla della cultura e della vita occidentali, Terzani di quelle orientali, alla fine però le conclusioni che se ne traggono sono identiche: - L’attentato alle Twin Towers è stato solo un pretesto (tragico pretesto) che ha consentito agli Usa di perpetrare un crimine più grande di quello che l’ha generato: il tentativo di annientare le loro stesse creazioni in Medio Oriente allo scopo di aprirsi un varco preferenziale verso l’Indocina, sapendo che ormai il vecchio avversario di sempre (l’URSS) non avrebbe avuto mai più nulla da ridire. La buona riuscita di questo piano darebbe agli Usa il controllo totale del pianeta e delle sue più ambite risorse. - Metterci tutti in pericolo generando un catena di violenza infinita, resa lecita dal loro stesso esempio. - Metter in atto il tentativo di esportare il consumismo al fine di rendere ancor più ricchi i ricchi e più poveri i poveri, delegittimando quest’ultimi anche del diritto ad una ricchezza spirituale, piuttosto che materiale. Le parole di Terzani (sull’Islam, la Sharya, i Talebani), che alle nostre orecchie schiave del consumismo hanno un suono vagamente blasfemo (specie se siamo ideologicamente asserviti alla destra) trovano conferma nei fatti che vediamo oggi accadere in Iraq ed in tutto il mondo islamico. “Lettere contro la guerra” è una poesia infinita, un inno alla pace, ma allo stesso tempo una narrazione perfetta dei fatti che purtroppo in questi anni ci preoccupano e che probabilmente continueranno in futuro a preoccuparci per molto, molto tempo ancora. Posto, come tutti speriamo, di continuare ad averne di tempo a disposizione. Non dimentichiamoci che in questo preciso istante, mentre io scrivo e Voi leggete, da qualche parte nel mondo, più di un bimbo muore. Il suo tempo finisce per una bomba, una pallottola vagante o semplicemente per fame. Ed allora, noi che ancora possiamo, insegniamo ai nostri figli un futuro migliore, un mondo di pace.

“E’ il momento di uscire allo scoperto, è il momento d’impegnarsi per i valori in cui si crede. Una civiltà si rafforza con la sua determinazione morale molto più che con nuove armi. Soprattutto dobbiamo fermarci, prenderci tempo per riflettere, per stare in silenzio. Spesso ci sentiamo angosciati dalla vita che facciamo, come l’uomo che scappa impaurito dalla sua ombra e dal rimbombare dei suoi passi. Più corre, più vede la sua ombra stargli dietro; più corre più il rumore dei suoi passi si fa forte e lo turba, finchè non si ferma e non si siede all’ombra di un albero. Facciamo lo stesso. Visti dal punto di vista del futuro, questi sono ancora i giorni in cui è possibile fare qualcosa. Facciamolo. A volte ognuno per conto suo, a volte tutti assieme. Questa è una buona occasione. Il cammino è lungo e spesso ancora tutto da inventare. Ma preferiamo quello dell’abbruttimento che ci sta dinanzi? O quello più breve della nostra estinzione? ALLORA: Buon Viaggio! Sia fuori che dentro.”
Tratto da “Lettera dall’Himalaya” TIZIANO TERZANI “LETTERE CONTRO LA GUERRA”


Una recensione di Rosaria Ghilardi



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