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MAKTRA
di Riccardo Jevola

a cura di Paolo Durando


Mario Michele Pascale Editore
136 pg. - 12 euro
ISBN 88-88258-33-7


Questo sofferto, compatto romanzo è un esempio in più di come molte cose interessanti che si scrivono vengano pubblicate assolutamente fuori dai circuiti più riconosciuti ed individuabili. Si tratta in questo caso di fantascienza, il genere che, forse più di tutti, consente di attraversare i territori del pensabile. Il romanzo si apre con la relazione in merito alla scoperta di Maktra, l'ultima particella della materia: "Maktra è e non è. Non possiede informazione, non possiede massa, non possiede energia. Non ha un tempo, non ha un luogo in uno spazio, può essere ora qua e là, e può non essere, nello stesso tempo, né qua né là, seppur sempre presente in ogni processo di evoluzione. Maktra è l'archetipo del Caos, è la sua anima. Il nostro corpo, il nostro mondo, l'Universo poggiano da sempre sulla caotica esistenza di una particella che non ha un perché, non segue una logica, non possiede qualità alcuna. Per puro semplice imponderabile caso fa sì che qualcosa si aggreghi e si stabilizzi per successiva selezione una volta ogni migliaia di miliardi di miliardi di miliardi di combinazioni…"
Facciamo appena in tempo ad assorbire l'inquietudine destataci da questa sconvolgente acquisizione e ci ritroviamo in un'atmosfera alla Simenon, memori grati di certo peregrinare di Maigret per vicoli, bistrot e donne perdute. A rabbrividire nella fredda notte autunnale, mentre la TV trasmette interminabili dibattiti sulla fine della religione, è Francesco, disoccupato divorziato, con una figlia quindicenne che vede poco e che lo odia.. L'incontro con una donna, Margherita, che sembra trasmettere calore ma che rivela presto, nella sua mordacità, qualcosa di folle, prelude alla conoscenza di Lucia, il cui passato è stato funestato da uno stupro e che viene protetta e amata da Margherita in un morboso transfert. Ne consegue un rapporto a tre che evolve in una vera e propria violenza sessuale nei confronti di Francesco, diretta da Margherita, in onore di Lucia e nonostante l'opposizione di quest'ultima. La narrazione privilegia solidi, ibseniani dialoghi mentre allo sfondo collettivo sono dedicati pochi ma efficaci cenni; intuiamo un mondo che, scoperta l'inesistenza di Dio, accertato il presunto suicidio del papa, pare tornare all'homo homini lupus di hobbesiana memoria, fino ad assestarsi su una "normalizzazione" militare, nell'impoverimento collettivo e in una globalizzazione ora davvero conseguita. Francesco non segue l'affermarsi del nuovo ordine a causa del fatto che, picchiato da un barista per esser stato testimone involontario di un delitto e infine colpito da una statuetta di bronzo da Margherita, resta sette mesi in coma. Al risveglio si trova dunque di fronte al fatto compiuto, con la sensibilità ancora intatta, incapace di adattarsi e di capire. Arriverà tuttavia ad una catarsi, ritrovando il suo vecchio lavoro di restauratore di dipinti, fornitigli stavolta da un generale che li ha salvati dalle devastazioni, e un rapporto pacificato, che potrebbe aprirsi all'amore, con Lucia.
Si è tentati di sostenere che l'unico punto debole del libro, l'anello che non tiene, è proprio l'assunto di base: la scoperta della supposta particella Maktra come prova dell'inesistenza di Dio. Jevola si ispira evidentemente alle ultime acquisizioni della fisica, che paiono proprio sul punto di confermare che il mondo, e perciò noi stessi, siamo costituiti in ultima analisi dal nulla, da incontri e scontri tra particelle le cui posizioni e continuità d'esistenza obbediscono a criteri probabilistici. E' in effetti tutto da vedere se questo negherebbe la possibilità di credere o, piuttosto, la libererebbe una volta per sempre dagli impacci ancora eccessivamente eurocentrici e cristiano-centrici con cui la concepiamo. La teosofia in genere, ma anche la "cristiana" (o, per meglio dire, "cristica" ) antroposofia di Rudolf Steiner sostengono l'esistenza di altre dimensioni oltre quella fisica, le cui ultime, infinitesime particelle altro non sarebbero che una soglia. Chi ha bazzicato, anche solo per "fantascientifica" curiosità, nei secolari saperi esoterici sa dunque di piani materiali via via più sottili fino a per noi inconcepibili piani spirituali, in una suggestiva compenetrazione di realtà che può farci tornare alla mente le matrioske russe. Ma pur non volendo credere a queste cose, restando vincolati ad una kantiana saggezza, resta improbabile lo sgomento che Jevola ipotizza nell'umanità alla notizia della scoperta di Maktra. E' un po' come la "morte di Dio" di Nietzsche o la "fine della storia" di Fukuyama, a cui le persone di cosiddetto buon senso, non tramortite dai libri (interessante l'osservazione di Francesco all'accanita lettrice Giada: "Beh, aver letto mille libri… devi avere una foresta nel cervello") non hanno mai potuto prendere sul serio. Ma ovviamente tutto questo non è importante, anche se andava argomentato per essere stati comunque chiamati in causa nel nostro rapporto col mistero. Jevola stesso lo sa, aprendo uno spiraglio al dubbio alla fine del romanzo (la domanda di Lucia: "ma Dio, esiste veramente?"). Ciò di cui il nostro scrittore aveva bisogno era un pretesto forte per scrivere una intensa storia di tensioni tra personaggi tormentati, espressionisticamente immersi in uno stato cupo di sospensione, di indefinita ma forse irrimediabile perdita.

© Paolo Durando - dado.d@libero.it

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