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Il divoratore di anime
di Massimiliano Bernardi
Pubblicato su SITO


Anno 2008- Fermento
Prezzo € 9,90- 240pp.
ISBN 9788889207628

Una recensione di Simonetta De Bartolo
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Il divoratore di anime

A “divorarci” l’anima, inizialmente, è senz’altro il titolo del romanzo, “Il divoratore di anime”, di Massimiliano Bernardi. Siamo, poi, a lettura iniziata, catturati dallo stato confusionale di Michelangelo Leonardi, offuscati dai riti della setta satanica, abbagliati, infine, dalle luci, dai colori delle visioni del pittore e della sua ’”Apocalisse”. La narrazione procede per immagini dalle tinte a volte più, a volte meno accese, e alimenta, passo passo, il sospetto che Michelangelo abbia vissuto realmente le misteriose visioni, mentre la nostra curiosità e il desiderio di conoscere la realtà dei fatti montano pian piano…, ma tutto ci verrà svelato a tempo debito. Il trovarsi in un orfanotrofio, pur nel conforto dell’amicizia che s’instaura tra i piccoli sventurati ospiti, il dramma della mancanza di un papà e di una mamma e la trepidazione dell’attesa di essere adottati imprimono segni indelebili sulla psiche del bambino e producono effetti sicuramente legati all’onnipresente vicenda biblica di Abramo ed Isacco, mentre gli influssi ambientali rimandano, per esempio, a Mallory, in “La bambina dagli occhi di ghiaccio” di Carol O’ Connell, che, adottata da un poliziotto, lo diviene a sua volta. Più fredde e ad effetto sono sicuramente le frequenti visioni di Michelangelo e di Filippo, riportate in corsivo. Scene che al lettore appaiono lontane nel tempo e nello spazio e che gli danno l’illusione della partecipazione; una specie di trasmigrazione, forse della nostra anima: “E’ come se avessimo attraversato insieme la porta di un’altra dimensione”. Nel leggere i primi capitoli, non riusciamo ad individuare la linea d’orizzonte tra il vissuto e gli animi in tempesta dei protagonisti da una parte e il cielo della realtà, inverosimilmente verosimile, coperto non tanto da nubi, ma… da sospetti e dubbi dall’altra. Le sette teste del drago, i sette angeli attorno al trono di Dio e, secondo la metempsicosi, le sette anime pronte a trasmigrare hanno un significato esoterico. Ed è proprio, guarda caso, dal settimo capitolo che, imbattendoci nella setta satanica, nel Drago Rosso, nel Prescelto, nel vecchio vestito di bianco, nel Lupo e nella scomparsa misteriosa di Elena, la nostra curiositas diviene definitivamente suspense. Non è un volo pindarico che porta il lettore da Roma a Gerusalemme, “La leggenda dice che il vento di questa città è il soffio di Dio”; anzi, è tutto ben costruito e non spezza il filo conduttore: Ariel è il vero trait d’union e, naturalmente, anche L’Apocalisse. Molti i momenti narrativi, i fenomeni che alludono alla nostra “pazza società”: setta satanica, terrorismo biologico, ecc. Soprattutto al rientro in Italia del pittore, si addensano, anche a cielo terso, atmosfere e chiaroscuri, tipici di un giallo/noir, aumentano action, tensione, colpi di scena, ecc. Si impone, al primo nostro sguardo su L’Apocalisse di Michelangelo, la vis immaginifica e diabolica, dominante, ad esempio, nei dipinti di quel misterioso Pittore in “L’eterna notte dei Bosconero” di Flavio Santi. Quando Michelangelo non trova il suo quadro e si crea una particolare aura di mistero per il lontano pianto di bambini e di orrore per gli schizzi di sangue, ripensiamo a Marsh e al ritratto di Marceline (che anche noi, come Denis, non avremmo dovuto guardare) nell’indimenticabile “Medusa” di H. P. Lovecraft. Il lettore ha, fin dall’inizio, l’impressione di dover giustificare i riti macabri della setta satanica, le cui vittime sono degli ammalati senza speranza, come fa quando, in “ In tenebris” di Maxime Chattam, s’imbatte nel serial killer di killer. Costante l’equilibrio tra le parti narrate, tra il vissuto, i continui e adeguati riferimenti biblici e l’onirismo, tra il raziocinio del poliziotto, la sensibilità e le capacità extrasensoriali del prete e la “pazzia” del pittore, mentre il crescendo nell’impegno stilistico rende l’intreccio narrativo sempre più avvincente. Solo alla fine del romanzo scopriremo se “L’Apocalisse” è ispirata da un evento tragico o determina gli avvenimenti, altrettanto tragici. “L’arte non nasce dalla felicità” (da Soffocare, Mondatori, 2009, di Chuck Palaniuk).


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