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In principio fu Horace Walpole
A cura di Gioia Nasti (da PB11)


Nasce tra la fine del Settecento e gli inizi dell'Ottocento ciò che comunemente va sotto il nome di revival gotico. Lo ritroviamo prima in architettura, grazie all'impulso di Christopher Wren e dei suoi allievi, e contagia in seguito anche la pittura e le altre forme artistiche. Il primo connubio tra le arti figurative e la letteratura avviene nelle Osservazioni sulla Faerie Queen (1762) di Thomas Warton, in cui l'autore paragona il poema di Spenser ad un'opera architettonica. Nello stesso anno anche Horace Walpole compie qualcosa di simile in Aneddoti di Pittura, in cui dedica un capitolo fondamentale proprio agli architetti medievali. Per dare forma tangibile al nuovo gusto, si fa costruire Strawberry Hill, una nuova dimora acquistata nel 1747 e trasformata secondo i canoni del revival gotico.
L'apprezzamento per il gusto gotico si instaura, d'altra parte, su un clima politico-sociale e culturale peculiare. Positivismo e razionalismo, che avevano dominato la scena filosofica dell'inizio del Settecento, vengono messi da parte a favore dell'immaginazione, che assurge a facoltà umana per eccellenza. Cambia, in questo periodo, anche il rapporto dell'uomo con la natura e si infrangono la rigidità sociale, gli elementi conservatori e le limitazioni poste dalle istituzioni. Tutti questi sconvolgimenti nascono essenzialmente da due rivoluzioni storiche, che colorano a tinte fosche la scena sociale e quella letteraria: la Rivoluzione Industriale e la Rivoluzione Francese.
La prima reazione della Rivoluzione Industriale, che troverà poi pieno compimento nella caduta dell'ancien régime, è il capovolgimento della gerarchia sociale. I nobili devono far posto alla nuova classe nascente, la borghesia; cominciano a perdere le proprie terre, dove sorgeranno le fabbriche, le loro ricchezze diventano sempre più esigue ed i loro titoli nobiliari si trasformano in vuoti nomi senza significato né valore. Dall'altra parte, invece, la borghesia diventa l'emblema della società laboriosa, virtuosa e che conta davvero. La costruzione delle fabbriche cambia anche totalmente il rapporto con la natura; l'industria ne usurpa il posto in tutti i sensi. L'uomo è costretto ad adeguarsi alla nuova realtà, fatta di cunicoli stretti e senza luce delle miniere, di mostri giganti fatti di metallo, di un lavoro ripetitivo e alienante.
A questa realtà sconvolgente si aggiunge la Rivoluzione Francese, con tutte le sue implicazioni sociali, politiche e artistiche. Innanzitutto, come per la Rivoluzione Industriale, il capovolgimento della gerarchia sociale; da classi privilegiate, nobiltà e clero diventano le classi da cacciare ed eventualmente da estinguere. Le atrocità che si susseguono durante e dopo la Rivoluzione, nel periodo del Terrore, mettono a nudo il lato più infimo dell'uomo, il suo lato oscuro, quel lato animalesco che neanche la ragione è riuscita a sopire. Ed è proprio da qui che parte il romanzo gotico; esso vuole mettere nero su bianco quella violenza e quelle angosce che le due rivoluzioni del XVIII secolo hanno portato alla luce.

Considerato da sempre il primo romanzo gotico e pubblicato nel 1764, Il castello di Otranto rappresenta il punto di partenza per tutti quei romanzi cosiddetti noir, di orrore e di terrore. Esso infatti si pone come sorgente di tutti quegli autori che, oltrepassando il periodo canonicamente riconosciuto come "periodo del romanzo gotico" (seconda metà del Settecento - inizi dell'Ottocento) continueranno questo filone giungendo alle opere di Poe, di Hoffmann, di Lovecraft, di Emily Brontë e del suo Cime tempestose, fino ad arrivare al Dracula di Bram Stoker e alla contemporanea Anne Rice (basti pensare, ad esempio, ad Intervista col vampiro e a La Mummia). Il primo intento di Walpole era, in realtà, quello di "mescolare due tipi di romanzo, l'antico e il moderno" rifacendosi esplicitamente a "un grande maestro della natura, Shakespeare", come ebbe a spiegare nella prefazione alla seconda edizione. E come tale, infatti, si pone Il castello di Otranto; esso è un trait d'union tra il romanzo cavalleresco, che aveva imperato nella letteratura fino ad allora come simbolo dell'aristocrazia, ed il nuovo romanzo didattico-sentimentale, tipicamente borghese.
Nel suo romanzo, Walpole, quindi, pone degli elementi che si ritroveranno, tutti o in parte, in maniera identica o leggermente diversa, nei romanzi gotici a venire:

Il Castello: è il luogo in cui si svolge gran parte dell'azione del romanzo; tipicamente claustrofobico, fatti di passaggi segreti e corridoi bui, rovine cadenti e trappole. La funzione espletata dal castello, in alcuni romanzi successivi, potrà essere realizzata dal convento oppure da ambedue;
Il soprannaturale: elemento caratterizzante il romanzo cavalleresco, esso si offre al lettore sotto diversi aspetti: visioni terrificanti, profezie di distruzione, presenza di fantasmi;
L'atmosfera tetra: viene costruita essenzialmente su eventi soprannaturali e sostenuta da versi di animali (ululato di cani e lupi o versi di gufi e civette), rumori inspiegabili (catene, passi, porte che sbattono) e dalle condizioni atmosferiche (pioggia, nebbia, vento, lampi, ecc.)
La triade malvagio-eroina-eroe: sono i tre personaggi principali, che non mancano mai nei romanzi gotici: un uomo malvagio, ma molto potente che viene sconfitto con l'onestà e la purezza di cuore dell'eroe e dell'eroina;
L'amore contrastato: derivato anch'esso dal romanzo cavalleresco, il topos dell'amore contrastato viene trapiantato nel romanzo gotico con successo; esso sottolinea le traversie che l'eroe e/o l'eroina dovranno attraversare prima di giungere alla felicità finale che consiste nel congiungersi in matrimonio; può capitare, in alcuni casi, che ci siano due eroine, come nell'opera di Walpole; l'eroe allora le difenderà entrambe e sposerà alla fine colei che sarà sopravvissuta;
L'agnizione finale: l'eroe non è mai quello che sembra essere e nella parte finale del romanzo questo viene messo in luce; con l'agnizione finale, egli riacquista la sua vera identità, celata da natali oscuri e poco chiari, mettendo così fine all'usurpazione perpetrata dal malvagio su beni e terre che non gli spettano e facendo il primo passo verso il matrimonio con l'eroina e la felicità.

Tutti questi elementi costituiscono lo scheletro del romanzo gotico, cioè sono caratteristiche dalle quali non si può prescindere se si scrive tale tipo di romanzo. Proviamo ad analizzarli uno per uno nel contesto della narrazione.

Il castello
Il castello di Manfred si presenta fin dalla prima pagina come un luogo sostanzialmente maledetto, in cui vive una famiglia, il cui unico figlio maschio, erede del titolo e dei beni, è un ragazzino malaticcio, e su cui incombe un'antica profezia che così recita: "Il castello e la signoria di Otranto dovranno passare dall'attuale famiglia al vero proprietario quando egli sarà diventato troppo grande per abitarlo". Una profezia incomprensibile che Manfred vuole a tutti i costi scongiurare e che, invece, comincia a realizzarsi con la morte del giovane Conrad ad opera del prodigioso elmo gigante che lo schiaccia. Il castello di Manfred è un castello che, al contrario dell'iconografia classica dei castelli medievali, in cui si rifugiano tutti gli abitanti per la notte e le cui porte vengono chiuse a difesa di uomini e cose, si presenta, in realtà, come un luogo terrificante, fatto di passaggi segreti e corridoi bui, che si snodano nelle sue viscere e nel cui labirinto l'eroina cerca una via di fuga dal suo inseguitore.
È un luogo dal quale fuggire anziché nel quale rifugiarsi, un luogo di prigionia anziché di difesa, un luogo in cui si combatte, anziché un luogo in cui vivere in pace. È un luogo isolato, quasi sospeso a mezz'aria, in cui le regole del mondo esterno non valgono e dove può accadere di tutto, forse soprattutto, le cose più irreali. È solitamente un bene usurpato che il malvagio di turno occupa senza alcun diritto e che dovrà restituire al legittimo erede (di solito l'eroe) alla fine della storia.

Il soprannaturale
Elemento particolarmente caratteristico nelle storie gotiche, il soprannaturale, che nel Castello di Otranto ha un ruolo preminente, man mano diventerà un elemento di importanza secondaria o, come nel romanzo di Clara Reeve, Il vecchio barone inglese, e nei romanzi di Ann Radcliffe, avrà una spiegazione logica presente al lettore ma non sempre ai protagonisti. Il primo riferimento ad un intervento soprannaturale nel Castello di Otranto è quello legato alla profezia che incombe sul casato di Manfred, una profezia che predice la fine della sua stirpe e che egli stesso cerca di contrastare organizzando il matrimonio tra suo figlio Conrad, un ragazzino malaticcio, e la giovane Isabella. Ed è ancora un intervento soprannaturale, di lì a poco, che mette fine ai suoi sogni di gloria: Conrad viene ucciso schiacciato da un elmo gigante che un giovane contadino riconosce come l'elmo appartenente alla statua di Alfonso il Buono. La sua affermazione, ritenuta falsa da Manfred, viene invece avvalorata da alcuni altri contadini che, recatisi alla vicina chiesa, tornano a bocca aperta confermando l'assenza dell'elmo dalla statua. Walpole fa un grande uso degli eventi soprannaturali nel corso del suo romanzo. Sebbene alcuni di essi abbiano il compito immediato di salvare l'eroina, in realtà tendono tutti ad un unico scopo finale: rimettere la signoria di Otranto nelle mani del legittimo proprietario. E, nella maggior parte dei casi, ognuno di questi eventi corrisponde ad una precisa azione da parte di qualcuno dei personaggi.

L'atmosfera tetra
L'atmosfera che pervade l'opera di Walpole è fatta di tensione palpabile ed oscurità, sensazioni claustrofobiche e terrore, apparizioni di fantasmi e visioni apparentemente inspiegabili. Il tutto viene condito con particolari condizioni climatiche che rendono più fosca l'atmosfera del romanzo. Il vento ("E' il vento che soffia tra i bastioni della torre superiore", cap. 2), in particolare, aiuta nella costruzione di queste situazioni, ma non sono infrequenti anche rombi di tuono ("si sentì subito un rombo di tuono", cap. 3) ed ombre tenebrose, che ben si addicono al tema e alle emozioni, alle sensazioni e alle atmosfere cupe che vengono presentate nel corso della narrazione. L'azione si svolge prevalentemente in luoghi chiusi (sotterranei del castello, corridoi, stanze chiuse) e quando invece si svolge all'aperto, solitamente è notte ed i luoghi sono soprattutto labirintici, come le grotte ed il bosco nel quale si rifugia la giovane Isabella per sfuggire ai suoi inseguitori.
La sensazione che ne risulta è, come dicevamo, claustrofobica; Isabella, la preda innocente, passa dai sotterranei del castello a quelli della vicina chiesa di San Nicola e da qui nel bosco, sempre preda inseguita e, quindi, terrorizzata. Anche questo inseguimento a tutti i costi contribuisce a rendere l'atmosfera del romanzo terrificante e a mantenere in tensione il lettore che, identificandosi con la vittima, ne subisce le sensazioni di terrore ed impotenza.

La triade malvagio-eroe-eroina
In ogni romanzo gotico che si rispetti c'è la triade dei personaggi principali: c'è un malvagio, solitamente usurpatore di un titolo nobiliare e di beni che non gli appartengono di diritto, un'eroina che gli sfugge, o almeno tenta di farlo, aiutata dall'eroe, che appare come un giovane povero, solitamente contadino, ma che in realtà nasconde natali ben più nobili e che alla fine riuscirà a riconquistare il proprio ruolo, a sconfiggere con la verità e la purezza di cuore il malvagio e a sposare l'eroina.

Il soprannaturale ne "Il castello di Otranto" Schema Riassuntivo

1. Manfred insiste sul voler sposare Isabella e divorziare da Ippolita e cerca di prendere la ragazza con la forza 1. le piume dell'elmo di marmo che ha ucciso Conrad svolazzano avanti e indietro sotto gli occhi di Isabella e Manfred Capitolo 1
2. Manfred dichiara di voler procedere comunque anche contro il volere del cielo 2. il dipinto che ritrae il nonno di Manfred comincia a sospirare ed il suo petto a sussultare; in seguito, il personaggio scende dal dipinto e comincia a camminare; la porta della galleria si chiude improvvisamente Capitolo 1
3. Jaquez e Diego, su ordine di Manfred, cercano Isabella nella grande sala alla fine della galleria 3. il piede della statua gigante di Alfonso il Buono, in armatura, appare nella grande sala e li spaventa Capitolo 1
4. Theodore e frate Jerome si oppongono allo scambio di Theodore con Isabella 4. le piume dell'elmo di marmo si muovono di nuovo più violentemente di prima Capitolo 2
5. Frederic, padre di Isabella, giace a letto ferito e racconta la sua storia 5. Frederic racconta di aver sognato che la figlia era prigioniera in un castello Capitolo 4
6. in Palestina Frederic viene liberato dai suoi compagni e si ritrova in un bosco 6. trova un eremita a cui era apparso San Nicola, il quale gli aveva confidato un segreto che doveva essere svelato solo in punto di morte Capitolo 4
7. Frederic scava sotto l'albero indicato dall'eremita 7. appare sottoterra una spada enorme su cui è inscritta una quartina profetica Capitolo 4
8. Manfred va a cercare la moglie al convento e vi trova padre Jerome, al quale racconta che lui e Frederic si concederanno le rispettive figlie in matrimonio dopo il divorzio da Ippolita 8. tre gocce di sangue cadono dalla statua di marmo di Alfonso il Buono Capitolo 4
9. Bianca va verso la stanza di Isabella 9. le appare una mano gigante in armatura Capitolo 5
10. Frederic va nella stanza di Ippolita per parlarle del divorzio, non la trova e va quindi nella cappella 10. nella cappella trova lo scheletro dell'eremita che gli ricorda la sua promessa Capitolo 5
11. Matilda muore 11. quando tutti sono usciti, con fragore il castello crolla fino alle fondamenta ed appare il fantasma gigante di Alfonso il Buono indicando in Theodore il suo vero erede Capitolo 15

Il malvagio: Manfred
Manfred viene presentato subito, non a caso il suo nome è la prima parola che Walpole scrive del suo romanzo: "Manfred, principe di Otranto, aveva un figlio ed una figlia". L'autore pone immediatamente in evidenza la questione più importante per il principe: assicurare alla propria casata una discendenza a dispetto della profezia che incombe sul suo castello. Manfred ama suo figlio Conrad perché è l'unico in grado di assicurargli la continuità della sua stirpe, mentre la figlia è per lui come assente. Appare piuttosto chiara, quindi, l'aridità dei sentimenti di quest'uomo, aridità che sarà ancora più palese dopo la morte del giovane Conrad. Poiché il suo scopo principale è quello di avere un erede, Manfred, per nulla intristito dalla morte del figlio, dà subito ordini affinché i suoi servitori si occupino "della giovane Isabella". Nei suoi discorsi, egli risulta essere oltremodo pratico; le parole che utilizza nello spiegare ad Isabella il suo intento di divorziare dalla moglie Ippolita per poter prendere lei in sposa sono chiarificatrici del suo modo di agire. Quando chiama Isabella per metterla a parte del suo intento si sposarla al posto del figlio, cerca di giustificare innanzitutto davanti a lei la scelta che ha operato. Frasi come "[Conrad] non era degno della tua bellezza", oppure "era un ragazzino gracile e malaticcio", o ancora "spero tra pochi anni di essere felice della morte di Conrad" suonano terribili sulle labbra di un padre che ha appena perso il figlio. Se si aggiungono a queste anche i commenti sulla propria moglie ("Maledetta sia Ippolita!" e "Ippolita non è più mia moglie") appare chiaro il motivo per cui Manfred risulti immediatamente, agli occhi del lettore, un personaggio odioso ed esecrabile.
Diventa quasi incomprensibile, quindi, il perché lo stesso Walpole, qualche pagina più avanti, sempre nel Capitolo 1, quando egli scopre Theodore nei sotterranei e lo ritiene responsabile della fuga di Isabella verso la chiesa di San Nicola, dica di Manfred che "non era uno di quei tiranni selvaggi che cercano la crudeltà senza motivo" e che "le sue virtù erano sempre pronte ad operare quando la passione non gli oscurava la ragione". Manfred, infatti, è anche capace di nutrire dei sentimenti puliti, sebbene non risulti palese da come agisce. Egli è infatti "vergognato del suo modo di trattare una principessa [Ippolita]" e tuttavia procede nel suo intento con la speranza di avere un erede e vanificare la profezia. Manfred si scontrerà con il terrore e la vergogna di Isabella, con gli eventi soprannaturali che incombono sul suo futuro, con la chiesa rappresentata da padre Jerome, con la volontà divina rappresentata anche dall'arrivo portentoso di Frederic ma non si rassegnerà mai. Anzi, cercherà di convincere il padre di Isabella, Frederic, ad effettuare un doppio matrimonio: Manfred sposerà Isabella e Frederic sposerà Matilda. L'accordo salterà soltanto perché Frederic incontrerà lo spettro dell'eremita che l'aveva fatto uscire dalle galere della Palestina per compiere il volere di Dio e si ravvederà. Manfred, alla fine, rinuncerà al suo intento malvagio solamente quando, per errore, credendo che sia Isabella, pugnalerà a morte la sua stessa figlia Matilda accorgendosi degli errori commessi. Realizzerà che il volere divino non può essere contrastato e che la verità trova sempre una strada per venire alla luce e confesserà anche l'assassinio di Alfonso il Buono ad opera di suo nonno Ricardo perché questa "memoria insanguinata serva da avvertimento per i futuri tiranni".

Le eroine: Isabella e Matilda
Capita, in alcuni romanzi gotici, come nel Castello di Otranto, che ci siano due eroine anziché una. Isabella e Matilda sono le vittime innocenti dello stesso malvagio, Manfred, e sono protette ed aiutate dallo stesso eroe, Theodore, sebbene egli ne ami una soltanto. Le due giovani sono belle e docili, potrebbero essere le mogli ideali di Theodore, il giovane eroe di bell'aspetto e di cuore gentile, ed infatti ambedue sono innamorate di lui. Soltanto una chiaramente riuscirà a sposarlo e sarà colei che sopravvivrà. Tanto Isabella quanto Matilda sono le tipiche giovani del romanzo gotico, vergini pudiche che non osano appartarsi da sole con un uomo, anche se questo gesto potrebbe salvare loro la vita. Tipico esempio di questo comportamento è Isabella, la quale, trovatasi nel bosco, si rifiuta di seguire Theodore all'interno di una grotta perché ha paura di ciò che la gente dovesse dire della sua condotta nel caso fossero trovati insieme. Ed anche Matilda, che viene trovata dal padre sulla tomba di Alfonso con Theodore, in realtà non era lì per un convegno amoroso; i due si erano incontrati per caso perché entrambi erano andati lì a pregare. Sebbene Isabella si convinca ben presto di lasciare il giovane Theodore a Matilda, poiché lui non ha occhi che per lei, il finale sarà ben diverso, in quanto Manfred, per errore, pugnalerà la propria figlia condannandola alla morte e lasciando campo libero a Isabella, che, alla fine, sposerà Theodore, pur nel ricordo di Matilda.

L'eroe: Theodore
Theodore appare, nel romanzo, subito dopo la morte di Conrad e la sua osservazione sull'elmo che lo ha schiacciato, "esattamente uguale alla statua in marmo nero di Alfonso il Buono", lo rende immediatamente antipatico agli occhi di Manfred. Theodore viene presentato come un "giovane contadino" proveniente dal vicino villaggio. La follia ed il terrore di Manfred di rimanere senza eredi lo portano ad accusarlo di aver provocato la morte del figlio. Condannato a languire sotto l'elmo stesso, ritroviamo invece Theodore durante la fuga di Isabella, che egli aiuta volentieri a scappare da Manfred. Condannato a morte di nuovo perché ritenuto l'amante della ragazza, viene riconosciuto da padre Jerome come il proprio figlio perduto, grazie ad un segno sul braccio. È questa la prima parte dell'agnizione di Theodore, che procederà nel corso del romanzo fino ad arrivare al riconoscimento finale come erede della principalità di Otranto.
Dal primo incontro con Isabella, Theodore si pone come eroe cavalleresco, pronto a fare qualsiasi cosa per proteggere la donna in pericolo. Il giovane Theodore è anche bello, e, da come parla, sembra tradire dei natali nobili nonostante il suo aspetto dimesso e contadino. In più, è incredibilmente somigliante al ritratto di Alfonso il Buono, il che lo rende amabile agli occhi di Matilda e temibile a quelli di Manfred, tanto che, agli inizi del Capitolo 4, quando Manfred torna dal bosco e lo trova nella stanza di Frederic, lo scambia per il fantasma di Alfonso, duplicando una famosissima scena del Macbeth di Shakespeare (atto III, scena IV), nella quale Macbeth era l'unico a vedere lo spettro di Banquo aggirarsi al banchetto che egli aveva organizzato per i nobili.
Tipico eroe positivo, egli difenderà a turno sia Isabella che Matilda, innamorandosi però di quest'ultima. Theodore, come ogni eroe del romanzo gotico (e di ogni romanzo cavalleresco) è nobile di cuore, oltre che di origine, non teme eventi soprannaturali giustificandosi con il fatto che non ha mai nuociuto a nessuno, raramente imbraccia le armi, ma si difende dal malvagio con la forza della verità e della purezza. Egli è convinto che la Provvidenza lo sosterrà perché è puro di cuore e senza bramosie.

L'amore contrastato
È quello che nasce tra Theodore e Matilda. Questo amore è contrastato fin dall'inizio, innanzitutto perché, all'apparenza, Theodore è un contadino, non è quindi degno di aspirare alla mano di una principessa, quale Matilda è. Inoltre, Matilda stessa ha una certa propensione per il convento, che però subito abbandona quando incontra Theodore. Manfred pone un altro ostacolo insormontabile per questo amore: vuole che la figlia sposi Frederic perché questi gli ha promesso in cambio la mano della propria figlia Isabella. Ma il colpo finale, sempre ad opera di Manfred, è la pugnalata che il principe infligge alla giovane figlia, credendola Isabella. La ferita a morte inferta a Matilda infrange per sempre i sogni d'amore dei due giovani; a Theodore non resta quindi che sposare l'altra eroina rimasta, Isabella, con la quale potrà sempre parlare del suo grande amore perduto.
A differenza di molti altri romanzi gotici, in cui dopo tante traversie l'eroina e l'eroe riescono a coronare il loro sogno d'amore, nel Castello di Otranto questo non accade; l'amore contrastato rimane tale e il lieto fine si trasforma in un epilogo dolce-amaro.

L'agnizione finale
L'agnizione di Theodore viene suddivisa in tre fasi diverse e dilazionate nel corso del romanzo. Il primo riconoscimento si ha nel corso del Capitolo 2, quando padre Jerome scopre sul braccio di Theodore il disegno di una freccia insanguinata. Walpole lascia che il lettore si incuriosisca poiché a questo episodio non fa seguire alcuna spiegazione. La seconda fase del processo di riconoscimento è quella rappresentata dal racconto della storia di Theodore narrata da lui stesso nel corso del Capitolo 4. Egli racconterà a Manfred di come i corsari avevano rapito lui e sua madre e li avevano portati ad Algeri, di come la madre, prima di morire, gli aveva disegnato sul braccio una freccia insanguinata che lo potesse far riconoscere come appartenente alla casa dei conti di Falconara, di come era rimasto schiavo e poi era stato liberato da un vascello cristiano, sbarcando sulle coste della Sicilia alla ricerca del padre. La terza fase, quella più importante, è il riconoscimento di Theodore come legittimo erede alla principalità di Otranto. Theodore stesso chiederà in sposa la morente Matilda in qualità di principe di Otranto e il suo diritto sulla principalità verrà avallato nientemeno che dallo spettro di Alfonso il Buono, il quale, sorgendo sulle rovine del castello distrutto fino alle fondamenta, affermerà: "Contemplate in Theodore il vero erede di Alfonso!"

Sarà quindi padre Jerome a spiegare l'arcano narrando la storia di come Alfonso il Buono era sbarcato in Sicilia, sulla rotta per la Palestina, e lì era stato trattenuto a causa di vento sfavorevole; si era innamorato di una giovane donna, l'aveva sposata e l'aveva lasciata incinta per partire per la Palestina raggiungendo i Crociati. La donna era morta partorendo una bambina, che era poi divenuta la moglie di Jerome, quindi la madre di Theodore, nipote, e dunque erede legittimo, di Alfonso il Buono.

© Gioia Nasti - gioia.nasti@tin.it

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