A
cura di Angela Ravetta
L'ultimo capitolo de "L'idiota"
di Dostoevskij è un perfetto esempio
di racconto noir o gotico. L'utilizzo di
vari generi letterari all'interno dei romanzi
dell'autore russo è stato rilevato
da parte dei critici. Sarebbe interessante
indagare in che modo avvenga e per quali
motivi. Nel caso in esame sussistono tutte
le caratteristiche tipiche del genere.
Due uomini giacciono tutta la notte sdraiati
vicino ad una morta che uno dei due ha ucciso.
Ecco la descrizione del cadavere:
"Sui piedi e sulle gambe si vedevano
dei merletti ammucchiati, e sul biancore
di quei merletti spiccava, sporgendo da
sotto il lenzuolo, la punta di un piede
nudo; quel piede sembrava scolpito nel marmo,
ed era di una immobilità terrificante.
Il principe continuava a guardare , e quanto
più guardava, tanto più incombente
si faceva il silenzio di morte che regnava
nella stanza. Ad un tratto una mosca si
destò e cominciò a ronzare,
volò per un po' sopra il letto e
si posò vicino al capezzale."
Da Fëdor Dostoevskij, L'idiota, Feltrinelli,
Milano 2004
L'immagine del piede richiama i piedi di
Emma Bovary morente:
"Il sacerdote si alzò per prendere
il crocifisso; allora Emma protese il collo
come un assetato e, appoggiando le labbra
sul corpo dell'Uomo-Dio, vi posò
con tutte le forze che ancora le rimanevano
il più appassionato bacio d'amore
che mai avesse dato. Poi il prete recitò
il Misereatur e l'Indulgentiam, immerse
il pollice nell'olio e cominciò l'unzione:
prima sugli occhi, che avevano tanto bramato
i lussi e gli splendori terreni, poi sulle
narici, desiderose di aspirare tepide brezze
e sentori amorosi, quindi sulla bocca che
si era aperta per pronunciare menzogne,
e aveva emesso gemiti d'orgoglio e grida
di lussuria, e ancora sulle mani che si
dilettavano ai soavi contatti, infine sulle
piante dei piedi, un tempo così rapidi
quando correvano verso l'appagamento del
desiderio e che ormai non avrebbero più
camminato."
Dal cap. VIII della parte terza di "Madame
Bovary" di Gustave Flaubert.
Sono parti per il tutto di un corpo già
smembrato, ridotto a pezzi, su cui Dostoevskij
fa posare una mosca, Flaubert l'olio santo,
Poe un gatto.
"Il cadavere, già putrefatto
in gran parte imbrattato di grumi di sangue,
apparve, ritto in piedi, agli occhi degli
spettatori. Sulla sua testa, la bocca rossa
spalancata e l'unico occhio di fiamma, stava
appollaiata la bestia orrenda, le cui arti
mi avevano sedotto all'assassinio, e la
cui voce accusatrice mi consegnava al boia.
Avevo murato il mostro dentro la tomba!"
Edgar Allan Poe, Racconti, Torino, 2003,
pag.350
L'omicidio è avvenuto in una cupa
casa che il principe Mýkin
riconosce, dalle caratteristiche del padrone
(Rogòin), senza averla mai
vista prima:
"Era una casa grande, a tre piani,
di aspetto tetro, di color verde sporco
e priva di qualsiasi pretesa architettonica
tanto
l'esterno che l'interno di queste case hanno
un aspetto arido e inospitale, si ha l'impressione
che tutto vi debba essere tenuto celato
e coperto dal segreto, ma sarebbe difficile
spiegare come mai l'aspetto stesso della
casa desti una tale impressione." Ibidem,
pag.266
Un quadro che rappresenta il Salvatore cadavere,
"Cristo morto", copia di quello
di Hans Holbein, lungo quasi due metri e
alto meno di una trentina di centimetri,
è appeso sopra la porta della quadreria.
Il principe Mýkin è
oppresso da questa immagine che può,
a suo dire, far perdere la fede. Il principe
è l'idiota del titolo, uno jurodìvyj,
cioè un "folle in Cristo".
Rogòin ha attentato alla sua
vita, lo minaccia e lo spia:
"Gli occhi di Rogòin
scintillavano e un ghigno forsennato gli
deformava il volto. Il suo braccio destro
si sollevò e nella mano stringeva
qualcosa che luccicava. Il principe non
pensò neppure ad afferrare quella
mano; gli parve soltanto, a quanto poi ricordava,
di aver gridato:
"Parfèn, non ci credo!
"
Un attimo dopo fu come se un velo gli si
squarciasse improvvisamente davanti agli
occhi e una straordinaria luce interiore
gl'illuminò l'animo." Ibidem
, pag. 303
Eppure il principe aveva appena scambiato
con lui la croce che portava al collo:
"Vuoi che ci scambiamo le croci? Se
è così, ne sono ben felice,
Parfèn; stringiamo un patto di fratellanza."
Il principe si tolse dal collo la croce
di stagno, Parfèn la sua, che era
d'oro, e se le scambiarono. Parfèn
taceva. Con triste stupore il principe notò
che la diffidenza di prima, quel sorriso
amaro e quasi beffardo, permanevano tuttora
sul viso del suo fratello di elezione, o
almeno a tratti vi si manifestavano chiaramente."
Ibidem, pag.286 Il capitolo XI si apre con
il principe che ricerca affannosamente Rogòin
e la donna, Nastàs'ja Filìppovna.
Egli vede ovunque gli occhi terribili di
Parfèn e teme che sia accaduto l'irreparabile
che aveva presagito.
"Tu però non distingui il tuo
amore dall'odio," replicò sorridendo
il principe. "E se l'amore passerà,
potrà capitare qualcosa di ancora
peggiore. Fratello Parfèn, voglio
dirti ancora questo
"
"Che le taglierò la gola?"
Il principe fu scosso da un brivido.
"La odierai terribilmente a causa dell'amore
che le porti adesso, a causa dei tormenti
che adesso devi sopportare.
"ibidem, pag.276
Quando il principe e Parfèn si incontrano,
parlano a voce sussurrata, bassissima oppure
tacciono. Il delitto è già
avvenuto e in un clima di grande oppressione
si accingono a vegliare la morta. La casa
è buia, rischiarata solo dalla luna
piena .
Dostoevskij riprende fedelmente i particolari
tecnici dell'assassinio commesso dal mercante
Mazùrin:
"L'ho coperta con un telo d'incerata,
una buona incerata americana, e sopra l'incerata
ho steso il lenzuolo; poi ho aperto anche
quattro boccette d'acqua di dànov,
e gliel'ho disposte lì vicino."
ibidem, pag.746
Rogòin, ormai fuori di sé,
si mette a gridare.
"Trascorse così una mezz'ora;
a un tratto Rogòin prese a
gridare e a ridere forte a scatti, come
se si fosse completamente dimenticato che
bisognava parlare sottovoce:
"Quell'ufficiale, quell'ufficiale
te
ne ricordi? Ti ricordi della scudisciata
che dette in faccia a quell'ufficiale, là,
nel padiglione della musica, ah, ah, ah,
te ne ricordi? E poi quel cadetto
sì,
quel cadetto
quello che saltò
su
"
ibidem, pag.749
Siamo sempre sotto l'impressione che egli
possa uccidere il principe o che impazziranno
entrambi e che il principe avrà un
altro dei suoi attacchi epilettici.
Il principe non cerca di fuggire pur essendo
consapevole degli impulsi che prova l'assassino.
È in preda ad un vero terrore, ma
non abbandona l'omicida come Cristo non
abbandona il peccatore.
"Il principe lo guardava e aspettava;
intanto il tempo passava e cominciava a
farsi giorno. Rogòin di tanto
in tanto cominciava improvvisamente a borbottare
qualcosa, a voce alta e brusca, pronunciando
parole sconnesse; a momenti cominciava a
gridare e a rider forte; allora il principe
stendeva verso di lui la sua mano tremante
e gliela passava delicatamente sul capo,
sui capelli, accarezzandoglieli, e carezzandogli
le guance
non c'era nient'altro che
potesse fare! Egli stesso aveva ricominciato
a tremare, e di nuovo a un tratto sentì
mancarsi le gambe. Si sentiva oppresso da
una sensazione completamente nuova, che
gli stringeva il cuore in una morsa di angoscia
infinita. Nel frattempo si era fatto completamente
giorno. Alla fine egli si distese sul cuscino,
come se avesse perso ogni forza dalla disperazione,
e accostò il suo viso a quello pallido
e immobile di Rogòin. Le lacrime
scorrevano dai suoi occhi a bagnare le guance
di Rogòin, ma forse già
in quel momento egli non sentiva più
nemmeno le proprie lacrime, e non si rendeva
neppure conto di piangere
"
ibidem, pag.750
Mýkin è un uomo buono
e in quanto tale destinato alla follia per
la follia degli uomini. Quando giungono
i soccorritori il principe non è
più cosciente ma non cessa di accarezzare
con mano tremante il viso di Rogòin
ogni volta che questi urla in preda al delirio.
Nonostante la crudeltà dei fatti
narrati una grande pace si effonde nei nostri
animi. Egli è l'elemento altro, l'imprevedibile,
(incarnato in un personaggio) che risolve
il racconto, come se Cristo fosse sceso
da quel quadro per lenire la pena del peccatore.
Tale caratteristica è tipica del
racconto gotico. Osserviamola in Poe:
"Ed ecco un bombito lontano e discorde
di voci umane. Ed ecco uno scoppio, come
lo squillo di una moltitudine di tube insieme.
Ed ecco l'aspro rotolar di mille tuoni.
E le mura incandescenti si ritrassero spegnendosi,
lente. E un braccio afferrò il mio
in una morsa di ferro nell'istante in cui
ero per precipitare svenuto nell'abisso.
Era il braccio del generale Lassalle. L'esercito
francese era entrato in Toledo. L'Inquisizione
era alla discrezione dei suoi nemici."
Edgar Allan Poe, Racconti, Torino,
2003, pag.340 da "Il pozzo e il pendolo"(A.R.)