In questo bel libro di Patrizia Ciava, “Il diritto di vivere”, uscito qualche mese fa per i tipi della Libreria Croce in Roma, troviamo ben risolte e sapientemente organizzate le consuete difficoltà dell'autobiografismo, che richiedono dall'autore una specie di passo indietro per poter cogliere fotograficamente la visione d'insieme: non è facile prendere quel distacco che non esclude né preclude la commozione, ma permette di generare quell'afflato che in breve definiamo come letterario. Credo che l'operazione qui riesca, semplicemente perchè l'autrice non consente alla propria cultura, che pur si affaccia con evidenti suggestioni ove richiesta, di funzionare da filtro (o da otturatore fotografico) per quel che le interessa narrare. Sente in modo chiaro e razionale di voler fare un'opera d'amore nel parlare della vicenda umana e professionale del fratello Sandro, non facilmente districabili come capita in molte anime complesse e solo apparentemente monotematiche, e lascia che le parole facciano il resto.
A questo si sovrappone la descrizione dell'ambiente internazionale estremamente sfaccettato in cui l'autrice e la sua famiglia si trovano a vivere, oltre che dei frequenti cambi di residenza, da Bruxelles a Londra a Roma (e c'è anche una parentesi personale di vita con due amiche in Sudan): questo ci riporta indietro agli anni '60-'70, mentre un altro piano temporale è legato a vicende molto più recenti, della vita adulta di Sandro, e per esempio al rapporto di affetto e complicità che ha con la figlia della narratrice, la nipotina Veronica. Devo dire che non mi è capitato spesso, di recente, di leggere libri italiani in cui all'educazione sentimentale ed emotiva di una persona (o forse di un gruppo di persone tutt'altro che omogeneo) si riesce a fornire un contesto di tanta efficacia. Mi sono anche chiesto perché “Il diritto di vivere” funzioni così bene, e si faccia leggere fino all'ultimo con immutata attenzione: credo dipenda dal fatto che l'autrice conferisce alla sua scrittura la forza e la necessità di una restituzione, di un regalo postumo alla figura del fratello, e così i caratteri di contorno, le varie figure della scuola francese, i genitori stessi di Trishia e Sandro, l'amica più grande Margherita che vive una complessa vicenda familiare e sentimentale, oppure l'altra “strana coppia” formata da Luca e Simona, anch'essa destinata ad occupare una parte del romanzo, hanno tutti un rilievo molto forte. In certi brani della prima parte si trova una piacevolezza che ricorda certi luoghi di Cassola, per esempio de”L'antagonista”, se sostituite alla vita di provincia quella cosmopolita, per scoprire che in fondo le due hanno parecchi luoghi, fisici e mentali, in comune.
Occorre dire che la vicenda di Sandro ad un certo punto prende delle pieghe indesiderate e notevolmente drammatiche, collegate, va detto, a quel sottobosco che purtroppo vegeta nell'ambito del mondo accademico di casa nostra e dal quale Sandro, pur consapevole delle difficoltà e per nulla ingenuo come sarebbe potuto apparire al principio, cerca di difendersi come può. Ne nasce una sommessa battaglia che Sandro combatte, e forse perde, ma è difficile dirlo a lettura ultimata, perché da un certo punto in poi è il lettore stesso a lottare con lui ed a spingerlo verso una vittoria, almeno morale. E' una battaglia non tanto per l'affermazione personale, quanto per le idee e le passioni che gli hanno dato una forte ragione di vivere, al di là del suo apparente insuccesso in altri settori della vita sociale. A quel punto, logicamente l'attenzione dell'autrice si sofferma sul protagonista che fino ad allora, con quella che è in fondo una discrezione anche caratteriale che si ritrova nella narrazione, si era mantenuto un po' in disparte: la descrizione del contesto aveva tuttavia chiarito già a sufficienza quanto si trattasse di una persona speciale, in certo senso unica.
Una lettura profonda ed umana ma che garantisce un sicuro intrattenimento fino alla commozione, e rivela in questo secondo romanzo dell'autrice delle doti non banali di narratrice e descrittrice di contesti anche complessi e movimentati.