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Il confronto tra se stessi e il mondo, e, con ancora più pregnanza, l'innesto del proprio intimo sé in un mondo che non si può che percepire come poco ricettivo e persino violento nel respingerci, può essere sicuramente causa e fermento di poesia.
Il poeta, o comunque l'essere autonomamente pensante, cerca spesso di mettersi al di fuori del mondo, e di osservarlo correre ed agitarsi, giungendo all'inevitabile conclusione che tanto movimento non serva a nulla: un detto inglese sottolinea come "we all end up in the same place", la fine è ingloriosa, per quanto grande sia stata la commedia della vita.
Da questo genere di considerazioni al pessimismo cosmico, il passo è breve, come in questa raccolta di Luigi Sperduti "essendo natura ed uomo generi opposti". E tuttavia, nel giungere a quest'approdo (o a questo naufragio) è bene stare molto attenti, in particolare perché, per rovesciamento prospettico o per anti-climax, dietro ogni cupezza eccessiva può essere acquattata un'apertura di visuale, o anche di speranza, di anarchica illogicità.
i contrasti sono forti, non sempre motivati e trattenuti fino in fondo, ma evidenti, volutamente declinati e spesso catartici: introversione/estroversione, me stesso/il mondo, vento/quiete, uomo/donna. Non mancano osservazioni un po' pessimistiche, ma pregnanti: "Nella speranza di vivere in eterno/l’uomo corrode cuori & vende anime", e l'ammissione, forse non estranea a nessuna lirica intimistica, di cercare un po' di autocommiserazione (notare il ricorso di espressioni, come "stanca anima", "povera anima", "vana speranza").
In realtà, però, si scorre nei binari di un ben collaudato romanticismo, quando si immagina di potersi ricostruire, come persona, ma ancora di più come anima appunto, imparando a vivere, e specialmente imparando a provare qualcosa di profondo, e non lucido e banalizzato: "Ho voglia di piangere in questo mondo/degno & empio di ilarità/nel culmine del romanticismo/dove tutto risplende & nessuno odia mentalmente/voglio imparare a soffrire nel mio intimo".
Devo dire che nuoce alla raccolta una certa verbosità, ed una tendenza all'affastellamento di immagini, e devo anche confessare che trovo poco significativo l'uso continuo della "&" (commerciale) al posto della "e" (congiuntiva), come un rafforzamento sistematico del legame tra due sostantivi, a volte un po' inquietante, come in ossimori del genere "arido & bagnato".
Sono sicuro che l'autore continuerà nella ricerca di una nuova lingua poetica, cui pure dimostra di poter aspirare, specie quando non insiste su non essenziali complicazioni del proprio mondo emotivo, per esempio quando scrive: "Socchiudendo gli occhi/già riesco a vedermi/felice nel mio vuoto/una spirale/che non ha mai fine/in cui le tue parole/saranno la mia guida/i tuoi occhi una certezza", mondo emotivo che, come dicevo, tende molto più verso un impossibile ed affascinante romanticismo pessimistico, che verso una riverniciatura ermetica.
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