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Il limite presente
di Cesarina Scognamiglio
Pubblicato su SITO
ROMANZO Editrice Nuovi Autori 2004
Prezzo €
12 -
200 pp.
Collana Narrativa ISBN
n/a Una recensione
di
Carlo Santulli
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Non è una sensazione infrequente nell'adolescenza, un'epoca della vita che recentemente estende le sue propaggini ben addentro all'età adulta, quella di avere bisogno di un amico, o di un supporto, che faccia uscire allo scoperto le cose che abbiamo dentro, che ci riveli insomma a noi stessi. E' forse inutile dire quanto questa sensazione finisca inevitabilmente per rivelarsi fallace, semplicemente perché siamo noi gli unici attori del film della nostra educazione sentimentale, ed è difficile perfino pensare che qualcun altro (tanto meno i cosiddetti leader tipici dei gruppi adolescenziali) possa farne, per così dire, il co protagonista o forse il suggeritore. Questo succede specialmente se un'innata timidezza ci conquista, come accade alla voce narrante di questo primo romanzo di Cesarina Scognamiglio, e ci impedisce di far quel che vorremmo (o almeno, questo è quanto crediamo accada). Alex lo esprime chiaramente in vari passi del romanzo, fitto di dialoghi, molto spesso percorsi da una sottile inquietudine, e da un più profondo senso di inutilità: "Il rossore è sempre stato uno dei miei problemi maggiori. Adesso, non lo è più. Non lo è più stato nel momento in cui ho ripreso a fare la persona tranquilla e chiusa di una volta. Dopo aver sperimentato e aver deciso di tornare indietro sulla mia strada naturale. La mia timidezza ora, non può essere un ostacolo a nulla".
Una storia-non storia, in cui quel che accade ha un'importanza relativa, sembra soltanto un'asse di equilibrio che aiuta a solcare il vuoto. Con un'incapacità di volere ed in definitiva di vivere, Alex è quasi irretito da Manuel, un personaggio che gli appare carismatico, e che forma con D una coppia che, forse perché molto libera, egli percepisce come perfetta, ideale. La propria soggezione arriva per Alex quasi al bisogno di farsi guidare perfino nelle scelte essenziali dell'adolescenza, che risultano non-scelte, più che altro pretesti per continuare a non vivere, a non esistere autonomamente.
L'autrice si pone volenterosamente ad esplorare questa specie di universo perduto, rivolgendo claustrofobicamente sempre gli stessi concetti: l'inadeguatezza di Alex, la sicurezza o forse soltanto presunzione di Manuel, ed incidentalmente di D, che però a sprazzi mostra maggiore umanità. Naturalmente, date le sue condizioni psicologiche, Alex percepisce come reale superiorità il balbettio di certezze indistruttibili di Manuel (sono miraggi possibili per un adolescente timido ed in buona sostanza passivo). In questo modo, nasce un triangolo, a volte quartetto con l'occasionale, quasi incidentale presenza di qualche ragazza, come Sara o Claudia, con cui Alex esce senza che si abbia mai la sensazione del nascere di un vero rapporto sentimentale. Sembra aver troppo bisogno di approvazione per intraprendere qualunque strada, così da lasciar via libera alla coppia "perfetta": "Alle volte erano terrificanti, non potevi farci nulla. Erano perfetti. Sarcastici e taglienti, ma mai cattivi. D'altra parte, Sara e io eravamo troppo permalosi e suscettibili. Invidiosi senz'altro".
E' una vicenda che si preclude qualunque tipo di evoluzione: Manuel vive come ha deciso di fare, sembra già oltre il guado, mentre Alex non può, o forse non riesce; in una situazione del genere, la scena del dramma appare illuminata e vuota, e può insinuarvisi una coltre di chiacchiere irrisolte, con le quali l'Alex adolescente cerca di negarsi alla sola idea della morte, come anche a quella della vita. Così tutto si spegne senza mai essersi veramente acceso, come forse era naturale.
Al suo esordio, l'autrice mira in alto, tentando di raccontare quasi in tempo reale la storia di una dipendenza psicologica tanto pesante ed assoluta, quanto invalidante. Alex non riesce, nei continui dialoghi che costellano il romanzo, a trovare una via d'uscita, e lo seguiamo aggirarsi sperduto, e giustificarsi, tanto cosciente dei propri limiti, quanto vago ed incerto nel descrivere la povertà di spirito del suo amico, cui presta quel carisma basato sulle parole più che sulla realtà dei fatti tipico di tanti gruppi di adolescenti. Non è un tema facile, Cesarina Scognamiglio tenta in tutti i modi di ancorare i sentimenti ad un realismo ripiegato sulle nostre, spesso inutili, frasi di conversazione. Il gioco riesce solo in parte, malgrado il romanzo tenti di velocizzarsi con un continuo ribaltamento di scena fisica, mentre la psicologia dei personaggi rimane intelligentemente filtrata attraverso la percezione che Alex ha del modo di vedere le cose di Manuel. Quel che manca, pur nell'accurato controllo di linguaggio, è una maggiore varietà di espressione: oltre che mimare il linguaggio di giovani annoiati e tesi alla loro vita piccina e ristretta si dovrebbe, a mio avviso, far trapelare l'esistenza di un "altro da sé", di un altro modo di gestire e controllare la propria esperienza umana. Alex, che si racconta, ormai adulto, sembra invece non aver perso nulla della dipendenza psicologica, anche il suo linguaggio vuole ancora e sempre giustificare le proprie asfittiche rinunce di allora.
Recensione di
Carlo Santulli
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