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Piccole cose, quantificabili o meno nel loro valore estrinseco, solo mediante il filtro delle passioni e delle pulsioni personali. Piccole cose, della vita d'ogni giorno, bagnate nel liquido amniotico d'un neorealismo italiano che sembra essere tornato di moda tra gli autori contemporanei. Così L'uomo del Gambrinus, di Camillo Carrea, è l'uomo d'ogni giorno,l'uomo degli infiniti ritorni tra le cose minime. Dalla Storia alla storia. E' una raccolta di racconti brevi, quella che si trova tra le mani il lettore di Carrea, che con abilità narrativa e una dimensione stilistica da sceneggiatura cinematografica, dà vita alla sua prima raccolta. La vita di provincia, con i suoi drammi, le ataviche paranoie, le incertezze, i timori mai sopiti, i sospetti fatui, torna ad essere protagonista con la coreografia di personaggi che la contraddistingue, a volte privi di una personalità propria e legati gli uni agli altri dalla comune radice di quello che Leopardi definiva, pur senza nota di biasimo, il “natìo borgo selvaggio”. Le vite di questi “personaggi minimi” si muovono in un ambiente a metà strada tra il fantastico ed il surreale, laddove solo la vena poetica dell'autore costituisce l'unica ancora di sostegno con la realtà.
Leggende, aneddoti, ricordi di provincia, scandiscono le esistenze dei protagonisti, di cui il lettore non avrà mai una immagine sbiadita dalla nebbia e dalla prepotenza dello scrittore. Anzi. Camillo Carrea è scrittore gentile verso chi legge e ,così, ogni essere che crea, non cade mai nel bozzettismo di maniera ma, superando gli ostacoli che la fantasia impone, diventa reale e tangibile. Perchè “normale”.
La raccolta di racconti de “L'uomo del Gambrinus” è per chi ha voglia di mettersi in discussione con chi vive nel libro, per chi ha voglia di porsi domande, di stimolarsi e scrivere il seguito con chi vive nella scansione narrativa. Per chi ritorna dal passato in cui si era rifugiato dalle amarezze, per chi rifiuta gli infiniti mondi virtuali della contemporaneità, per chi non teme di vivere ancora gli ultimi istanti prima della propria fine, per chi è cassaintegrato e pensionato, di chi si concede all'amore carnale anche con grosse differenze d'età. Per chi, ed è il personaggio a cui anche io ho scelto di legarmi, è arbitro di calcio. Solo, nella nebbia fitta, tra schizzi di fango ed insulti. Ed osserva un campo vuoto, popolato dai propri incubi, dai conflitti irrisolti e dai tradimenti. Salvato dal capitano della squadra perdente, che egli aveva espulso dal campo perchè lo aveva chiamato “cieco”. Per entrambi la possibilità di redenzione dai propri fallimenti “perchè dopo una nebbia fitta come questa anche le stelle sembrano più grandi e lucenti”.
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