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Cosmo Blues Hotel
di Stefano Lorefice
Pubblicato su PBSR2006


Anno 2004- Edizioni Clandestine
120pp.

ISBN

Una recensione di Erika Pucci
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diventa una voce puttana, una voce che se non stai attento ti scopa (pg.68) Ed è questo che la voce dentro di questo libro fa con l’anima del lettore. CBH è una raccolta di racconti brevi di un giovane scrittore che ha all’attivo già un paio di raccolte di poesia. Ciò che colpisce nell’epidermide del testo è indubbiamente il linguaggio, sintentico, rapido, tagliente, colorato da espressioni tratte dal parlare quotidiano che sanno trasmettere in modo efficace le diverse eppure vicine storie narrate, mantenendo nel sottovoce la poeticità del raccontare. Storie che scorrono come episodi di uno stesso film o come atti di un poema estremamente moderno, ognuna delle quali dal taglio indubbiamente personale ma legata indissolubilmente alle altre per la cifra che l’autore dimostra di avere. La maggior parte degli episodi sono istantanee in movimento su piccole grandi vite delle nostre metropoli. Il ritmo narrativo è serrato, di certo il timing, l’incedere del discorso è uno dei punti di forza di questo tipo di narrativa, capace di avvicinarsi senza perdere la sua identità a suggestioni puramente musicali e cinematografiche dal punto di vista estetico. Addentrarsi nella sequenza delle storie di CBH è come entrare in un cono che lentamente penetra sempre più a fondo. Se il primo racconto è leggermente spiazzante per lessico del tutto sfrontato sebbene idoneo al tessuto narrato, l’autore ci sorprende per la capacità di condurci in un viaggio caledioscopico in cui gli eventi, gli oggetti, i movimenti raccontano di per sè e apparentemente senza filtri l’anima delle storie, alcune al limite della fiction in pieno stile tarantiniano come Mister M, altre colorate di giallo e efficace noir ( Exit babila). Una scrittura di carne che sfibra corde interiori. Ma in questa raccolta c’è spazio per tutti i colori, per tutte le sensazioni del quotidiano che attraverso il narrare sanno accogliere, coinvolgere, identificare il lettore: c’è spazio per la tenerezza , inframezzati monologhi, divertiti neologismi (snutellare le scarpe, pg.56) l’amicizia, il sesso, l’io. Indissolubilmente legati allo spazio, alla scenografia in cui la storia si muove: i luoghi qui non sono uno sfondo, perchè essi stessi fanno la storia, come nel cinema di genere. Di certo la disposizione dei racconti non è casuale. C’è un disegno in crescendo, una sorta di girandola, un vortice a spirale che porta sempre più dentro. Per arrivare con sguardo dis-cantato sulla nostra seconda repubblica, fino nella suite finale con il blu-poesia nell’io più intimo dell’autore, in cui di certo si evincono anche i motivi dell’essere e dello scrivere di Lorefice, in un’ambientazione da hotel che fa pensare all’eleganza struggente degli interni di Kar Wai Wong, una suite che è quasi un lungo piano sequenza che scivola dentro nell’anima di chi scrive, e, quindi, di chi leggendo accoglie e si fa penetrare dalle parole. Queste ultime 12 pagine sono un autentico gioiello, che fa venire voglia di racconto lungo, di romanzo. E chi guarda nelle parole, in queste piccole grandi storie, si fonde con la musica che esse stesse creano. Perchè infondo è anche questo CBH Al Cosmo Blues Hotel le storie si fondono ( pg.106).(Erika Pucci) RECENSIONE DI TIZIANA PETRECCA 16 racconti apparentemente slegati uno dall’altro hanno in comune storie di droga, solitudine, sesso per compensare il vuoto interiore e sullo sfondo Milano.Una metropoli indifferente, fredda, dove la solitudine è ancora più forte tra la folla.Apparentemente ogni racconto è a sé, in “ The pack post magazine” un monologo interiore che racconta la possibilità di avere 2 legami contemporaneamente e l’impossibilità che queste persone s’incontrino <<…Poche possibilità che in una città di un milione e passa d’abitanti s’incontrino.Una questione di spazi e tempi.bisogna sapersi organizzare………… …Se anche loro fanno la mia stessa doppia vita, e gli altri due tipi che escono con loro lo stesso..e via dicendo a catena, la città di Milano è un enorme circo del tradimento dove tutti vanno con tutti.Un milione e passa di persone che hanno una vita e qualcosa, matematica pura, un’equazione a catena ..>>.Ma è davvero così? I racconti inaspettatamente s’incrociano, s’incrociano i personaggi, storie e musica sempre la stessa per ogni diversa situazione.La droga ha la sua colonna sonora:i Nirvana,Madrugada, Tool; Cold play vanno bene per ascoltarli di sera, per il sesso i Placebo. Più che ogni storia, si può dire, ogni situazione ha la sua colonna sonora e le vite s’incrociano in un modo o in un altro; i ragazzi si conoscono tutti perché non è vero che è difficile che si possano incontrare, in una metropoli come Milano, due persone legate alla stessa persona. Milano non è matematica pura, non è equazione. I ragazzi delle storie s’incontrano, incrociano vite, morte, sono amici di amici, perché quando si vive una realtà “altra” c’è sempre un punto d’incontro per tutti. Non va raccontato, questo libro di Stefano Lorefice, va letto anche se inizialmente stordisce o può infastidire perché crudo nel modo di raccontare, e spiazzante perché è reale, così reale da essere un pugno nello stomaco. Quello che Lorefice narra non è invenzione da scrittore è realtà che ogni giorno vediamo, ma se quella realtà la chiudiamo in una cornice estrapolandola, quindi, dall’abitudine quotidiana allora diventa uno schiaffo in pieno viso. Rimando al link del blog dell’autore dove è recitato, meravigliosamente, un piccolo passo di un racconto, una trasposizione teatrale che sarebbe perfetta per questo libro. Senza dubbio è un libro che lo si rilegge varie volte. Stefano Lorefice ha pubblicato: “ Prossima fermata Nostalgiaplaz (2002) “Budapest swing Lovers (2003) “ Cosmo blues Hotel” ed. Clandestine collana Generazione-zone Є 8,50


Una recensione di Erika Pucci



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