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Su Progetto Babele non abbiamo mai parlato, a quel che mi sembra, di storia locale. E' vero che non si può parlare di tutto, ma ci sono delle situazioni in cui la storia locale si fonde con l'editoria, nel senso che spesso sono piccole, ma molto competenti ed accurate, case editrici ad occuparsene. Questo è il caso dell'editore Thyrus, che si trova a Terni. Parlando di questa città, viene immediatamente in mente la presenza di una cospicua realtà industriale, parte siderurgica, parte chimica. La prima è probabilmente più nota, risalendo alla nascita della Società Terni nel 1885 (anche se c'è da notare che a Terni era situata la ferriera del Papa fin dal Settecento, ed ancora una circoscrizione cittadina si chiama così). Però anche la seconda ha avuto la sua storia, dall'Elettrochimico di Papigno, del 1901, per la produzione del carburo di calcio, importante fertilizzante all'epoca, e dell'acetilene o gas illuminante, Elettrochimico che continua la sua storia in altro ambito come set per riprese cinematografiche (qui è stato girato in parte un film importante, oltre che premiato, come “La vita è bella” di Roberto Benigni). Inoltre, a Terni ha avuto importanza il tessile, oltre alla Montefibre, mi permetto di ricordare lo Jutificio Centurini, scomparso nei primi anni '70 (oggi c'è una pinetina): e oggi uno jutificio servirebbe proprio, nel momento in cui le fibre vegetali stanno tornando prepotentemente (beh, forse esagero: diciamo sommessamente) alla ribalta.
Lo jutificio mi serve un po' come point d'appui, perché la juta è uno di quei materiali che un po' alla chetichella stanno ritornando “di moda”. Ci sono dei casi però in cui la moda c'entra poco con la scelta dei materiali: magari il problema è lo stesso, cioè quello di liberarsi dalla schiavitù della produzione della plastica o della gomma dalle materie prime, che in Italia (tutti lo sanno, dalla terza elementare o giù di lì) non abbiamo in quantità sufficiente. Però c'è stato un periodo in cui c'erano altri motivi a guidare la ricerca di nuove materie prime per la produzione della gomma, in particolare negli anni tra il 1937 ed il 1943 in cui l'Italia, conseguentemente alle sanzioni della Società delle Nazioni, inflitte all'Italia in seguito alla nostra aggressione militare dell'Etiopia. Fu allora che, oltre ad altri interessanti provvedimenti, come limitare la velocità dei camion per ridurre il consumo dei battistrada, si cercò di inseguire la creazione di una “gomma autarchica”, ottenuta dal guayule (Parthenium Argentatum), pianta originaria del Messico del Nord e degli Stati Uniti sud-occidentali. Il progetto di produzione della gomma autarchica prese piede grazie alla SAIGA (Società Agricola Italiana Gomma Autarchica), una società milanese (c'era lo zampino di Pirelli, come è facile immaginare). Il guayule veniva coltivato nel Tavoliere delle Puglie, che non è forse il nostro Texas, ma ha il clima caldo e secco e le grandi estensioni di terreno che servivano. La produzione della gomma autarchica, manco a dirlo, avveniva a Terni.
Il guayule si presentava interessante come coltivazione, anche perché la pianta emette terpeni, che costituiscono un pesticida naturale. Inoltre (anche se all'epoca non costituiva un fattore significativo), la gomma ottenuta dal guayule presenta un profilo allergenico molto meno serio di quella che normalmente si ricava dall'Hevea Brasiliensis, nota come caucciù. Questo, quando si è diffusa, negli anni '80, l'allergia al lattice di gomma, ha rappresentato un altro periodo di relativa popolarità per la gomma da guayule.
Questa bella storia, ricca di riferimenti storici, documentari ed ovviamente industriali, viene raccontata con dovizia di particolari, ma anche con un bel piglio di storico da Alberino Cianci in “Saiga. Il progetto autarchico della gomma naturale. Dalla coltivazione del guayule alla nascita del polo chimico di Terni”, per i tipi della Thyrus appunto.
Come molte belle storie, purtroppo, questa della Saiga ha solo parzialmente un lieto fine, nel senso che la produzione della gomma autarchica non assunse mai importanza pratica: tuttavia, nel dopoguerra, gli impianti vennero riconvertiti alla produzione della gomma sintetica butadiene-stirolo, per cui la storia della Saiga si fonde con quella del polo chimico ternano.
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