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Non si sa mai
di Donatella Placidi
Pubblicato su PBSR2006
ROMANZO Nonsoloparole Edizioni 2004
105 pp.
ISBN
Una recensione
di
Salvo Ferlazzo
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Claudia: donna pronta a tradire per viltà? O eroina coraggiosa? Su questi due piani esistenziali, paralleli, si muove la protagonista del libro della Placidi. In un gioco quasi assurdo di chiaroscuri, Claudia rinnova la sua esistenza, in un intreccio travolgente di passione, enfasi, per poi precipitare nella notte più nera, dove i pensieri stentano a farsi voce. Dove soltanto il ricordo di Francesca rimbalza fra le coordinate esistenziali che Claudia traccia ogni giorno, come fossero un piano di volo. Al check-in della sua coscienza si presenta la protagonista con un ingombro di bagaglio non indifferente: Francesca, che perpetua ancora la sua presenza come se fosse la sola certezza di questa esistenza. Tra questi due piani paralleli, Claudia getta un ponte, come fosse l’esito del concepimento della libertà. Ma è un concepimento che attesta l’assurdità del concetto dei rapporti amicali e parentali di Claudia, che pervade di questa sua concezione ogni sua manifestazione quotidiana. Il personaggio di Claudia associa aspetti emozionali, quali potrebbero essere quelli relativi ai suoi momenti di tristezza, di collera, di vergogna, di agitazione, a quelli più squisitamente cognitivi, come dimostrano il suo sogno, all’inizio del racconto, la sua richiesta di fare un figlio, il viaggio in Nepal. La sua è una valutazione che mostra che lei non ha agito bene, come avrebbe dovuto, nei confronti di Francesca. Sarà vero? Cosa avrebbe dovuto fare, Claudia, perché gli eventi non avessero avuto quello svolgimento, e quella fine? Fra questi due interrogativi dal profilo fortemente esistenziale, Claudia cerca di collocare tutte le sue possibili risposte. Claudia è alla ricerca del risultato migliore e delle migliori scelte possibili: in questa recherche della perfezione si espone ancora di più al rimpianto, perdendo di vista l’obiettivo del giusto mezzo e del rapporto migliore tra costi e benefici nelle azioni quotidiane. Attraverso alcuni eventi trasversali, la protagonista cerca di strutturare , con maggiore efficacia, una personalità, una soggettività che vengano sollecitate fino alle estreme conseguenze. La separazione dei genitori, gli amici di Gabriele, e l’impossibilità di instaurare un rapporto positivo con questi, disegnano uno schema intellettuale che poco a poco la conduce, con una casualità non percepita, fino al punto di un’apertura della propria coscienza a nuove scelte. J. La Bruyere, osservava che:”il rimpianto degli esseri umani per il cattivo uso fatto del tempo già vissuto non sempre li conduce a fare un uso migliore del tempo che ancora rimane loro di vivere”. Claudia smentisce in pieno questa osservazione, e comincia a fare un bilancio del suo passato. Con l’apertura di un credito a suo favore, prova a gestirlo con intelligenza, piuttosto che evitarne i contraccolpi. Silenziosamente, diventa l’elemento collante di una ripresa del rapporto genitoriale; rivitalizza quello con Gabriele. E questo è possibile grazie al fatto che, comunque, Claudia non rinuncia all’azione; anzi, aumenta il la propria tolleranza all’insuccesso, imparando dagli errori, positivizzando le occasioni perse. L’incontro con la viaggiatrice cinese è lo spartiacque esperenziale della protagonista: la parabola della presenza di Francesca, l’insofferenza, non tanto nascosta, verso amici che non sente fare parte del suo mondo cosciente, cominciano a cedere per fare posto ad un lavoro di recupero del proprio”sé” , di ricucitura di un tessuto esistenziale sfilacciato, sgranato da episodi poco, o per nulla gratificanti. L’avvio di un rapporto, diverso, con la sua collega Silvia apre scenari di indubbia efficacia. Donatella Placidi, questo lo sa. Con orgoglio di donna aperta al confronto, a nuovi orizzonti, ci consegna una Claudia dal profilo personale profondamente mutato, a tal punto da anticipare la risposta ad una domanda di Silvia.
Recensione di
Salvo Ferlazzo
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