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Gli occhi videro, scrissero...
di Pina Taglialatela Riccio
Pubblicato su SITO
Anno
2007-
L'autore Libri, Firenze
62pp.
ISBN
Una recensione di
Carlo Santulli
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714
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80.08%
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Vivendo un paesaggio intimamente drammatico, anche se comunicativo e quasi conversativo, come quello elbano, avviene, come difatti fu caratteristica di alcuni scrittori vissuti ed innamorati dell'isola, come per esempio Raffaello Brignetti od Oreste Del Buono, di volgersi ad una descrittività, tanto esasperata quanto profondamente avvertita. Credo che questo avvenga particolarmente se dell'isola non si è nativi, o almeno, nel caso in cui si riesca ancora a percepire pienamente la diversità del paesaggio rispetto a quello continentale.
In poesia, vivere ed immedesimarsi in un paesaggio può portare forse inevitabilmente ad un'idea dell'inconsolabilità e quindi quasi dell'eternità delle sensazioni quasi tattili che il paesaggio stesso rivela. E' tattile ed impalpabile la farfalla col suo desiderio di volo nelle ali “bruciate dal sole e dal grano”. Lo è anche quell'acqua piovana, affacciata all'altra acqua del porto (“Come una nave lenta affonda/così le luci galleggiano/sprofondano nelle tenebre molli”), che in certo senso ristabilisce il legame (ma è stato mai reciso?) col continente-mondo. Ed il continente può essere anche un treno che sbuffa e le facce stanche, la solitudine di viaggiatori che scende da un'altra giornata, sicché si riesce a passare dalla sensazione alla concretezza.
A questo punto, può trovare anche spazio qualche scorcio d'attualità, il sasso dal cavalcavia (“nessuno può fermare la noia”), osservazioni che si attagliano anche alla cronaca del nostro vivere quaotidiano. Uno stanco russare od un guardarsi allo specchio, rimpiangendo i vent'anni (chissà poi perché...) (“del passato non ricordo ed io/cerco i vent'anni che non ho”). Una sorella persa di vista, con quell'incomprensione tipica dei familiari lontani che raggiunge vette e sfiora ambiti forse non circoscrivibili dalla poesia, sorella quasi invocata (“Ma tu non perdere/ non perdere il sapore, il gusto/ti è importante”).
Una discorsività fitta di enjambements e rimandi interni ed esterni, ed assonanze anche a sensazioni e pensieri non ancora rifiniti e limpidamente chiari. La rima può sciogliersi in ritmi di filastrocca, solo fintamente modesti (“scarpa scarpetta tienimi stretta”), in realtà sintomo di una complessità probabilmente non ancora risolta a modi compiuti di lirica.
Il canto è necessariamente, forse inevitabilmente spezzato, e la vita non aiuta il verso a ricomporsi. Non può stupirci quindi se su tutto domina ancora quel senso malinconico e fugace di acquazzone estivo scalpitante tra le case sparse (e qui ritorna l'Elba), un senso che offre un'eternità sottile, ma ritrovata senza sforzo apparente.
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Scheda Libro |
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Prefazione / Indice / Scheda
Ghigo e gli altri di Carlo Santulli
2007 pg. 204 - A5 (13,5X21) BROSSURATO
Prezzo Amazon 8.31 euro
Altre informazioni / L'autore
Pochi autori, come Carlo Santulli, sanno giocare con le parole, intarsiandole in piccole storie che si snodano tranquille (mai lente) attraverso una realtà quasi ordinaria e che, pure, riescono ad affascinare il lettore costringendolo a leggere fino all'ultima riga. Personaggi stupiti, a volte impacciati, si aggirano tra le pagine di questo libro, alle prese – come tutti noi – con le incongruenze e le follie del vivere quotidiano, non si abbandonano però all'autocommiserazione, non si ribellano, non cedono a tentazioni bohemien e, se cercano una via di fuga, questa è piuttosto interiore che esteriore. Un cammino, a piccoli passi, che li porterà, forse, verso un punto di equilibrio più stabile. Irraggiungibile (ma reale) come un limite matematico. Siano essi alle prese con una Quinta Arborea, un mazzo di chiavi che si trasforma nel simbolo di un'esistenza, un Clostridio tra i Pirenei, o passeggino, semplicemente, per le strade di una sonnolenta Roma anni trenta.(Marco R.Capelli)
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Prefazione / Indice / Scheda
Ghigo e gli altri di Carlo Santulli
2010 pg. 200 - A5 (13,5X21) COPRIGIDA
Altre informazioni / L'autore
Pochi autori, come Carlo Santulli, sanno giocare con le parole, intarsiandole in piccole storie che si snodano tranquille (mai lente) attraverso una realtà quasi ordinaria e che, pure, riescono ad affascinare il lettore costringendolo a leggere fino all'ultima riga. Personaggi stupiti, a volte impacciati, si aggirano tra le pagine di questo libro, alle prese – come tutti noi – con le incongruenze e le follie del vivere quotidiano, non si abbandonano però all'autocommiserazione, non si ribellano, non cedono a tentazioni bohemien e, se cercano una via di fuga, questa è piuttosto interiore che esteriore. Un cammino, a piccoli passi, che li porterà, forse, verso un punto di equilibrio più stabile. Irraggiungibile (ma reale) come un limite matematico. Siano essi alle prese con una Quinta Arborea, un mazzo di chiavi che si trasforma nel simbolo di un'esistenza, un Clostridio tra i Pirenei, o passeggino, semplicemente, per le strade di una sonnolenta Roma anni trenta.(Marco R.Capelli)
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