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Nero Italiano
di Giampietro Stocco
Pubblicato su PB8


Anno 2003- F.lli Frilli
235pp.

ISBN

Una recensione di Claudio Palmieri
UN SOLO VOTO AMMESSO
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Votanti: 523
Media 79.94%


Pensate all'Italia fascista, pero' non cercate l'immagine nei ricordi
delle vostre letture di storia, ma pensate ad un'Italia diversa, che non
e' entrata al fianco della Germania nazista nel Secondo Conflitto
Mondiale, ma che, al pari della vicina Svizzera, ha evitato quella guerra
giocando la carta della neutralita'. Benito Mussolini non e' stato ucciso
a colpi di arma da fuoco, ma e' morto per un'attacco cardiaco il 25
Aprile 1944 e il suo posto da condottiero del regime fascista e' stato
preso dal genero Galeazzo Ciano.
Al momento in cui vi parlo, ci troviamo nel 1976 e la dittatura
fascista, a 54 anni dal suo avvento, e' affannata e agonizzante. L'Italia e'
un paese soggetto ad un austerity permanente a causa delle ristrettezze
energetiche indotte dal ferreo isolamento politico-economico che lo
schiaccia tra le potenze occidentali ed il blocco Sovietico. Neanche i
possedimenti coloniali sono in grado di lenire questa condizione cronica,
essendo essi, per il nostro Paese, fonte di problemi piu' che di
risorse. Difatti, il liso impero coloniale italiano e' scosso da sanguinose
rivolte che costringono il governo centrale a dislocare annualmente
decine di migliaia di militari italiani per garantire l'ordine nelle terre
di confine.

Vi prego, non prendetemi per pazzo, non sono fuori di me; vi sto solo
anticipando come Giampietro Stocco, nel suo romanzo "Nero Italiano"
edito dalla Fratelli Frilli Editori (2003, prezzo 8,50 Euro), si immagina
sarebbe andata la nostra storia se l'Italia non fosse entrata al fianco
dei Nazisti nella Seconda Guerra Mondiale.
Le vicende narrate nel romanzo di Stocco si svolgono a cavallo tra il
1976 ed il 1977 in un'Italia fascista guidata da un oramai vecchio e
stanco Galeazzo Ciano a cui il ruolo e la carica di Duce pesano piu' che
mai. E proprio una svolta politica che lo tiri fuori da questa oramai
obsoleta e scomoda posizione di potere quella a cui sta pensando il
vecchio Ciano quando appoggia la strategia proposta da un giovane politico
deciso ed intraprendente, Maria De Carli. La De Carli, una volta
nominata ministro degli esteri, attua un avvicinamento strategico-economico
all'Unione Sovietica guidata da Breznev e, sul fronte interno, spinge per
ottenere un'apertura del regime al confronto con le altre forze
politiche.

Grazie alle importazioni dall'Unione Sovietica le ristrettezze
energetiche terminano e, seguendo il programma proposto dalla De Carli,
l'Italia sembra muoversi verso libere elezioni. Anche il sostegno del Re
Umberto II di Savoia non si fa attendere, tanto che il Re d'Italia investe
la De Carli della carica di Presidente del Consiglio dei Ministri di un
Governo in cui, finalmente, rientrano alcuni dei partiti banditi dal
regime fascista. Il meccanismo dell'uscita dal regime totalitario sembra
oramai avviato, gli Italiani intravedono la fine di un regime durato
troppo a lungo e guardano apparire all'orizzonte il ritorno delle
liberta' che 54 anni di dittatura avevano loro negato.
Tutto sembra andare per il meglio, ma anche in questa Italia
alternativa, in questo nostro Paese che in un'altra dimensione spazio-temporale
ha avuto un'evoluzione storica diversa, la politica non e' limpida e i
suoi giochi sono meno che mai lineari.

Giampietro Stocco, attingendo dalla nostra storia, imbastisce una trama
fanta-politica intrigante, piena di azione e suspance, degna dei
thriller che ci arrivano da oltreoceano. Dopo una partenza lenta, che deve la
sua pesantezza al carattere eccessivamente descrittivo della
narrazione, il suo romanzo si sviluppa ed accelera conducendoci attraverso un
travolgente dipanarsi di vicende ed avvenimenti, punteggiati da numerosi
colpi di scena.

Lo stile della scrittura ha un taglio giornalistico, coerente con il
background dell'autore che e' giornalista della Rai attualmente attivo
nel TG regionale della Liguria. La prosa e' diretta, senza fronzoli,
adatta ad un romanzo di azione.
La struttura della storia si avvale di una buona integrazione tra le
vicende fantastiche create dalla mente dell'autore e alcune verita'
storiche. Cosi' anche in questa Italia fantastica troviamo il movimento
studentesco, i movimenti di estrema sinistra, le bande armate e poi
personaggi quali Papa Paolo VI e altri ispirati a politici realmente esistiti.

Tra l'altro, Giampietro Stocco ha ambientato il suo romanzo a Roma. Il
lettore si trovera' cosi' a muoversi tra Citta' Universitaria, Stazione
Termini e Piazza Venezia, seguendo i cortei studenteschi, o a
nascondersi nelle stradine secondarie che si dipartono da via del Corso per
sfuggire a pericolose situazioni di guerriglia urbana. Per alcuni episodi,
la narrazione, cosi' strettamente legata ai luoghi della capitale, si
rivela particolarmente efficace per chi ha dimestichezza con quella
citta'.

I personaggi, dal protagonista, il giornalista televisivo Marco
Diletti, passando al politico Maria De Carli, fino ad arrivare a Galeazzo
Ciano, sono delineati con tratto sicuro e caratterizzati con uno spessore
psicologico adatto ad un romanzo d'azione. Alcune vicende sono al limite
del credibile, ma risultano accettabili nel complesso della visione
fanta-politica del romanzo.

Il finale e' aperto a diverse considerazioni e questa e' una buona
cosa.

Concludo con un appunto che va fatto alla casa editrice Fratelli
Frilli: non ho infatti digerito la scelta tipografica che vede la mancanza
dell'"a capo" quando, nel discorso diretto, la parola passa da un
interlocutore ad un altro e quando, nella narrazione, si presenta un
cambiamento di scena.
Questa scelta, forse legata allo scopo di limitare il numero di pagine
complessivo del libro, all'inizio induce il lettore in confusione e,
nel seguito, una volta che egli abbia preso confidenza questa scelta
stilistica, lo affatica in maniera ingiustificata. Una pecca
auspicabilmente eliminabile in una seconda edizione.


L'Incipit:

"La notte era fredda e piovosa. Sull'ampio spiazzo situato in cima alla
grande scalinata, ai due lati dell'enorme lapide di bronzo, stavano
immobili come statue i granatieri di guardia. Tanta marzialita' era dovuta
non al rispetto per una memoria ormai vecchia piu' di trenta anni, ma
alla luce violentissima che tre potenti batterie di fari installate nei
Fori di Cesare e di Augusto e su Palazzo Venezia proiettavano
sull'intero monumento. Sulla vecchia Macchina da Scrivere illuminata a giorno
non ci si poteva rilassare."


Una recensione di Claudio Palmieri



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