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Il diavolo della bottiglia
di Robert Louis Stevenson
Pubblicato su PB10
Anno
1995-
Fara Editore
72pp.
ISBN
Una recensione di
Maurizio Cometto
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UN SOLO VOTO AMMESSO Riprova tra 24 ore
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Votanti:
661
Media
78.7%
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Come si può recensire un classico senza rischiare di cadere nel già detto? Semplice, mi viene in mente: basta parlare dell’ “oggetto” libro invece che del contenuto. Della confezione invece che del testo.
In questo caso, poi, è ancora più facile; perchè l’oggetto libro è particolare. Si tratta del quarto volume della collana “Microbi” della Fara editrice, uscito nel lontano 1995. Ed è davvero un microbo, il libriccino, misurando 5 cm di larghezza per 10 di altezza.
Cosa spinge un editore a riproporre testi come “Il diavolo della bottiglia” di Stevenson in questa forma? Cosa potrebbe indurre un potenziale lettore ad acquistare una simile edizione, quando potrebbe avere, per es. da Passigli, “Il diavolo della bottiglia” insieme a “L’isola delle voci” e all’esemplare “C’è qualcosa di vero” a pochi euro in più? E in confezione più tradizionale?
Oppure, con uno sforzo di poco maggiore, accedere addirittura a tutti i romanzi e i racconti dell’autore dell’ “Isola del tesoro”?
I libri minuscoli, di poche e centellinate pagine, danno sempre l’impressione di essere indispensabili. Di contenere soltanto l’essenziale. Di offrire, di quell’autore, un capolavoro, breve e per questo magari più accessibile.
Poi ai libri piccoli, come a tutte le cose dimensionalmente ridotte, ci si affeziona di più. Si prova un’istintiva simpatia. La simpatia verso chi, perchè piccolo, non potrà che faticare a farsi notare.
Non è forse nella botte piccola che si nasconde il vino buono?
Detto questo, “Il diavolo della bottiglia” è ovviamente un capolavoro. La storia di Keawe, dell’andirivieni della bottiglia maledetta che regala la fortuna ma che può essere venduta solamente a un prezzo inferiore a quello d’acquisto, è appassionante, esemplare e istruttiva. Regala momenti stranianti, sognanti (penso all’incontro tra Keawe e la futura moglie Kokua), di esotico splendore. E presenta, come tutti i racconti perfetti, i tre elementi fondamentali: un’idea geniale, una struttura solida e un andamento implacabile.
Consigliato a tutti. Non solo ai patiti di Stevenson e agli amanti del fantastico. O ai cultori dei libri “bonsai”.
Una recensione di Maurizio Cometto
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