Nel grande mistero che è la vita umana, questa breve parentesi tra due eternità, mi capita di ammettere che è rassicurante ritrovare la religione cristiana, proprio quella, tante volte dimenticata, che ci avevano insegnato da bambini. Un mondo di angeli e cherubini, dove un Signore con una lunga barba gestisce un Paradiso fatto di piccole gioie, che vogliamo eterne. E, all’inverso, un demonio, che non è altro che un angelo dispettoso (anche in senso estetico) che attende le nostre discese verso il male. So bene che un’immagine di questo genere, umana troppo umana, ce la siamo costruita da noi: se un’eternità esiste, non ha questa familiarità con le cose che già conosciamo e dominiamo nel nostro pensiero.
Ma abbiamo bisogno di questo rapporto di confidenza con l’eterno, anche ironico e disincantato, se vogliamo: è questo pensiero che sviluppa, con molta attenzione e rigore, anche filosofico, Pietro Pancamo nel suo e-book “Sia fatta la tua comicità. Paradise strips”, Cletus Production, Roma, 2012. E’ un percorso, questo di Pancamo, che muove dalla poesia direi quasi teologica di creazioni fintamente infantili come i Peanuts, per innervarle di un percorso del tutto nuovo, e che l’autore sta costruendo da molti anni. Ogni parola nel libretto è profondamente sentita e meditata, ed è credibile, oltre che quasi auspicabile, se visto in una certa ottica che i Beati si facciano propaganda, che l’Eucaristia sia l’oggetto di una contesa, che l’inferno sia vuoto, che un secondo diluvio universale scenda (anche a San Gemini provincia di Terni) e che basta il male che ci facciamo reciprocamente sulla terra. E se invece, al contrario, fossimo diventati saggi e virtuosi?
Sono ipotesi che hanno la loro pregnanza, non molto diversamente da certe idee teologiche: ci si ritrova la confidenza con queste tematiche che ha certa scrittura cattolica, in cui è il mistero a farsi umano. E’ il rapporto che poteva avere Don Camillo col Cristo del Crocifisso. Con in più però delle considerazioni intense, e non soltanto umoristiche, sul fatto che un Dio vuol cercare di capire gli uomini, non sempre riuscendoci in verità, laddove al contrario, il fedele si piega e si adegua alla volontà del Signore. A quel punto non è strano che un Dio con questi sentimenti voglia incontrare Noè, e capire (o carpire) la filosofia che lo sottrae alla morte per annegamento.
Sono racconti brevi, e spesso folgoranti, nati dai pensieri che forse spesso facciamo, al margine di una riflessione devota o forse di una Messa (e non sembri irriverente il paragone): magari, se Gesù tornasse davvero, non avremmo tempo né desiderio di starlo ad ascoltare, ma, come quegli studenti troppo concentrati a prendere appunti, ci perderemmo l’essenza del messaggio. E l’Eucaristia diventerebbe soltanto l’oggetto di una contesa sportiva senza più significato. Tutto questo è argomentato con leggerezza e grande originalità da Pancamo che riesce, cosa abbastanza insolita, a scherzare con le cose di Lassù, senza essere irriverente, perché alle volte il maggior rispetto (al di là della religione) per quello che ci accomuna tutti, cioè il nostro destino in questa vita, nasce dall’umanizzarlo e dal renderlo familiare. Perché non possiamo sfuggire al rimorso “d’aver sprecato gli anni e la vita per dedicarci a illusioni che prima incantavano e che, adesso, ci deridono”. D’altro canto, che siano illusioni, non ci sarà noto che alla fine. Forse.