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Vedere la vita da una lacrima.
Mangiare carta
per cancellare delle parole stampate e
urlare con lo stomaco
ogni male che fa perdere
la vista.
Giallo e verde
al posto degli occhi.
Senza sapere perché
sono diventata una mano.
Occhi grandi come il mappamondo
e tanta voglia di respirare
la tua voce
e le risate
a pieni polmoni
che ti escono dalla pelle.
Un capello morto. La malata voglia di
dividermi nel mezzo dal ridere.
Cullare un figlio nato con 23 anni di
[Ritardo]
e prenderne a calci un altro
con le vene piene di eroina.
Ho capito che il mio vero figlio sei tu.
Non è colpa mia se mi si staccano le
[dita dagli occhi]
Lo sai che mi sono tagliata per entrare
[in questi pantaloni]
Non esiste abito che mi calzi a
[meraviglia.]
Da quanto schifo mi fa
non riesco più neanche a vomitarla.
Delle non risposte significano molto.
E’ piovuto tutto il giorno
Sul quaderno a fiori che ho lasciato
sul balcone.
Ci avevo scritto parole con bava di lumaca.
SOGNI: CADAVERI SUL NASCERE
Oggi mi faccio un pezzetto
di schifo in più.
Uno sputo sulla mano
ed una mosca dai riflessi verdi
sono gli unici ad onorarmi della loro presenza.
Sangue infetto assorbente in
un bicchiere di lacrime da vendere,
un cappello, un sorriso di feltro
senza dignità ed un paio di gambe da depilare.
Un corpo morto nato senza testa,
un milione di schiaffi da dare.
Una busta gialla ed una lettera da scrivere
su cui posso solo pulirmi le mani.
Vorrei capire dove sta la fine.
Lo vedi? Nessuno ti ascolta.
Il mondo cambia pelle.
Che cosa starò mai disegnando?
Ho smesso di tenere un diario
per non ferire le piccole cose
adesso può bastare solo una parola.
GOCCE DI MEMORIA
PER UNA DONNA NATA VECCHIA
Mi cola lava incandescente
giù dalla testa
e il cervello liquido mi scivola dal naso:
fantasmi di fobie nella bocca.
Lasciami in pace,
la mia faccia è solo un nido d’api.
3 DI QUADRI, 2 DI PICCHE, ASSO DI FIORI
Non so dove ho trovato
il coraggio di scrivere quel nome sulla busta.
solo lettere una incollata all’altra.
Una collana nella bottiglia
tracce di palmi sul vetro
e poche emozioni aromatizzate alla vaniglia.
LE MIE GRIGIE PIOGGE BLU
Il mare di demonio
dai denti verdi che
cedono alle gengive.
Carne che rigetta
sputandomi fuori.
Un Feto che si ritira nel suo stesso Sangue.
Melma di parole, parole fluide e lucide
e un’arancia spremuta sul vetro del mio finestrino.
SQUAME
Mi sono impalata
sul tuo arsenale di difetti.
Per uscire viva mi hai tramortita
ricoperta di squame.
Non so perché continuo
a sognarti in regalo
per il mio compleanno.
Un giorno è già morto.
Oggi mi frana il cuore.
ROSA ROSSA
Cercare la dignità in una canzone.
E’ che leggerti mi fa bene.
Sapere che ancora ci sei,
il tuo diavolocorpo è dentro al mio
si artiglia allo stomaco.
Scorrere via insieme all’acqua
quando tiri la catena.
Ho ancora la pancia
fra le mani e un
cimitero di gatti
nel mio giardino.
Dimmi, dimmi:
posso ucciderti ancora?
Ancora una volta,
una soltanto.
Finirai comunque con il lasciarmelo fare.
HO FINITO LE IDEE PER I MIEI STUPIDI RACCONTI
Ti voglio bene per come
sei dentro: malato nel mezzo.
Ho bisogno di una iniezione
prima di tornare in caserma.
Timbrare il tuo sorriso
è anoressia.
Prendimi ancora un po’ in giro,
fammi il solletico,
voglio morire ridendo.
FRUTTA SCIROPPATA
La verità dentro ad un frutto da sbucciare,
nell’anima di una fragola,
o nel nocciolo di un’albicocca ancora acerba.
Mi sono messa a bucare il buio
alla ricerca di un quadrato di luce
che svanisce acido all’ombra.
Sei di nuovo ingrassata sotto alla gonna.
RICORDI DI SANGUE
Ho messo a dieta un pacchetto di sigarette
per fargli tornare la vita stretta,
poi mi sono vista riflessa
sulla cornice di un tuo quadro
passandomi le unghie sugli occhi.
25/02/03
Una stanza tutta per me
da perlustrare a piedi nudi.
Perché una pagina da voltare
continua a macchiarti le ciglia?
Perché continuo a svegliarmi
sulle tue lacrime morte?
LA SERA
La sera esulta
quando non mi
vede più morta in giro
per il mondo.
Non sento il vocio
della placenta…
Come chiamerai
il mostro che ti nasce dentro?
Non è forse un aborto
di obblighi e vecchi
propositi?
Hai già fatto un ponte
fra te e la tua voglia
di vomitare.
Per me non è finita qui.
Questo il mio sbaglio.
ESSERE
Mi piacerebbe
scrivere da uomo,
da uomo magro.
Buttare giù credenze costruite,
e con un nome d’arte fingermi
maschio.
Essere un cavallo
sconosciuto e indomabile.
MANIE DI UNA CASALINGA
Solo una parola,
una parola di più
e sbatto il mio culo dietro
a quella porta.
Vuoi star zitta per favore!
E smetti di pensare
alle persone
come a gingilli che escono
ed entrano in questa
pietra con i piedi
Sempre troppo Sudici
e le Mani troppo Sudate e Maldestre.
Quanto ancora uccideresti
per i tuoi adorabili oggetti?
Possibile che siano più
importanti
due stracci e dei nodi di porcellana
di tutto, di tutto quanto il resto?
è quello che più conta per dimenticare
quanto non ha senso il tempo
di cui ti nutri?
Sono solo cose,
non parlano, ma, se lo facessero
ti manderebbero affanculo
e se avessero due gambe
taglierebbero la corda prima
che tu te ne sia accorta.
Che faresti poi?
Una bella fila al supermercato?
Un giro di lavatrice con
la testa nella centrifuga?
O ti cacceresti sotto la doccia a piangere
cercando sensi di colpa
nelle biglie dei morti?
Cos’è tutto quel polline
che hai sui capelli?
Ah, la tua nuova tinta per capelli…
ma loro che c’entrano adesso?
PERDITA DI MEMORIA
Devo aver dimenticato
dove è andato a vivere il rispetto.
Devo aver dimenticato com’eri prima
di prendere in prestito le mie paure,
prima di usurpare le sigarette che respiro.
Adesso il senso del tempo si spezza.
Tu, tu continua pure a guardarmi
con quel corpo coltivato
nello squallore.
Non so in che modo posso dire di
possedere il fresco di
un’arancia appena aperta.
Come posso masticarti
deglutire e digerire un respiro sgozzato
sulla cima delle dita di questo killer
con la gonna a pieghe e il volto bruno.
Penso a questo sole cremisi
che mi marcisce dentro
sbocciando come una melagrana
cotta al caldo.
Che cosa ho sulla lingua?
Un nocciolo del tuo seme.
Ho imparato a lacrimare
da un occhio solo,
lacrime di coccodrillo divise a metà.
Guarda ciò che hai forgiato
sul tuo palmo.
Hai visto che colore ha assunto
il fondo della bevanda nel tuo bicchiere?
Cangia con la luce,
non ti sembra un cimitero di nocciole?
Vorrei bere dalle tue labbra
quello che ancora è rimasto:
un bacio, un gemito,
un suono, l’inizio o la fine di una parola timida.
Non farò comunque in tempo
a tossire questa bestemmia nella tua gola.
UN ALTRO PO' DI VINO PER FAVORE
Mi hai detto che anche il
tuo fegato è andato,
lo sentivo asincrono
già da tempo,
maculato da polveri vermiglie.
Puoi versarmi altro vino per favore?
Il dottore ti ha detto
che non devi più buttare giù quella
roba se non vuoi finire all’ospedale.
Buono questo drink, non trovi?
Vuoi assaggiarne un goccio?
Dai, solo un goccio,
che vuoi che ti faccia?
Al massimo può spedirti
supino al cimitero.
Porterò dei fiori per
ricordare ogni mia incapacità.
PERLE DI SUDORE
Perle di sudore a riposo
sulle ciglia.
un bacio,
una carezza,
una piccolissima parola
gonfiata dentro ad un palloncino,
stretta a nodo e lasciata
libera nel mosaico
di mattonelle a colori.
UTERO
Il mio utero sottovuoto
digrigna i denti
e annida l’ansia sugli oggetti
svelsi al mio tatto.
Un liquido dolce sotto alla lingua
ed il ricordo di calde arroste
ritorna sulle tue guance.
Vieni qui e stringimi forte.
LO SPECCHIO DIMAGRANTE
Questo specchio dimagrante,
canaglia della carne
incorniciato da tondi e levigati sassi,
mi guarda e mi chiama,
potrei entrarci dentro a questa fluidità
a forma di ragnatela,
e cantare con voce di fata alata
prima di vomitare il nero di seppia
del mostro che è in me.
NERO DI SEPPIA
Pettinarmi con lische di pesce
senza pelle,
sgranocchiare noccioline
e guardarti navigare
sul ponte fra i raggi della tua bicicletta.
Mi coccolo.
Il davanzale è ancora pieno
di briciole
per tutti quegli uccellini
che ancora riescono ad
atterrare in queste nuvole
di stanchezza.
SCUSA SE RIDO
Scusa se rido
della mia pelle
alla prima abbronzatura.
Un dente accavallato sull’altro
galoppa nel nido
della fine maliziosa.
Impartiscimi questa
ultima lezione a letto,
mia piccola maestra,
impediscimi di parlare,
volo troppo di fantasia
senza castrare questa bocca
deforme. Lettere e sillabe
piovono giù come
insetti nocivi alla pelle.
MIELE NERO
Una coperta di miele ed api
ha preso a farmi
da vestito.
Ho speso un terzo dello stipendio
per attenuare
borse ed occhiaie,
per non vedermi sfiorire
prima del tempo,
ma ogni marea ha il suo corso
quindi l’unica
soluzione
sarebbe bruciare questi occhi,
scavare sotto la pelle
e ricucire con la saliva
uno sfiato
di giovinezza che se ne va.
BUONA NOTTE
Notte dalla dolce vita:
un letto fra le gambe
ed un cuscino dietro allo sguardo.
Mi cingo da sola
adesso che hanno dato poco più
di un mese al mio seno
prima che si ritiri su se stesso.
Un anno appena a questi capelli
che mi lasceranno glabra
da ogni pensiero.
Poco dopo le ossa
chiederanno di uscire
dai muscoli a ventosa.
103
Una parola che cammina
morta su di me.
Hai già iniziato a cancellarmi,
non so se dai piedi o dalla testa
calpestando le mie lenzuola
di sigarette sudate.
Prendere una penna in mano
è l’unico modo che
mi è rimasto di gridare.
AREM
Labbra cucite ad un
corpo di pietra
unghie blu velluto
sulla punta delle dita.
Rughe di mare nella luce
aranciata del tuo sole.
Parlarti è stringerti
come fossi un piccolo
germoglio nella mia pancia.
Ho scritto lettere, una attaccata all’altra,
nessuno le leggerà mai, si sono cancellate
da sole inseguendo l’inchiostro della mia penna.
GIUGNO
Mi sono svegliata con la
fame sul cuscino,
gli occhi giocavano a rincorrersi
per il letto.
Un gatto che miagola
e mi studia senza farsi avvicinare.
203
Deve essere stato
un’ anatema
a costringermi
al cuore incapsulando
polmone per polmone.
Chi pensava che troppo
bene poteva farmi male?
BIBLIOTECA COMUNALE
C’è un cadavere in biblioteca
che non la smette più di leggere.
Muri pieni di muffa
color gorgonzola.
La moquette ha
macchie marroni
agli angoli della bocca.
Libri unti sul mento
allungano e annodano le pagine.
Ho misurato la
temperatura al videoregistratore,
il dottore ha detto che
ha visto troppi film
prima di morire.
Posso ammalarmi
di un cancro alla gola
così non sono più costretta
a parlare per fare gli auguri.
SABATO SERA
Di sabato sera
intontito dall’alcool
hai detto:
- chi ha fatto quella risata?
- Io.
Ti ho risposto.
- Mi ha dato veramente noia.
Era lo squittio di
un topo sordo e logorroico.
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Se non voglio avere un figlio
non è colpa mia. Non lo voglio
e basta.
Il terzo incomodo,
un’altra gravidanza inattesa.
L’obbligo a mettermi al mondo
per salvare la faccia.
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“Che vuoi ancora?”
Mi hai detto.
Avevo solo sbagliato a digitare il
numero di telefono.
Non preoccuparti sono morta.
Questa stronza di merda non
è mai esistita.
UNA PARTE
Una parte dentro di me
è morta dentro.
In fase di decomposizione,
divorata da vermi
aspetta solo di diventare
polvere da espellere.
STANOTTE
Stanotte vorrei svegliarti
passandoti la lingua sulle
labbra
e tormentarti i capezzoli
solo con il pensiero.
CANE NEGRO
Sei la mia caricatura. Cane negro.
Tutto in continuo
movimento nella mummia
che si conserva dentro se
Stessa,
è polvere gialla nell’aria,
un arcobaleno
perduto nel Cuore di un sacchetto.
ETROM
Immaginare la mia
Vita
che va a sbattere
contro il muro,
immaginare un cervello
a margherita
con i petali recisi.
Prendere a morsi
il burro di cacao.
Perlustro i miei capelli
ma non trovo mai
il tempo per mantenermi
uno stipendio fisso,
un bicchiere di latte sporco
e due fette di pane imburrato
di sperma e peli superflui.
TIME
Non so più come urlare,
mi sono ingoiata la lingua
senza accorgermi del sapore
che ancora aveva
il mio palato.
Sabato prossimo
mi vesto da donna.
Fermo il tempo e mi
masturbo le gambe
appena depilate.
MANO
Ho una mano sul tuo cuore,
dimmelo, dimmelo
con gli occhi,
basta solo un cenno
che te lo strappo,
lo faccio a fette e ve lo servo
nel piatto,
ma l’ultimo pezzetto
me lo metto nella borsetta
dei trucchi,
mi farà per un po’ da rossetto.
DEVO
Devo ancora digerire
tutti i dolci
che sono mancati
per ogni mio compleanno mamma.
Sin da bambina
amavo giocare con i
soldatini rosa
mentre lui si faceva
tingere le unghie
di celeste.
Ho sempre saputo
di essere ciò che sono.
©
Lisa Massei
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