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Vedo ormai così distante quel deserto di valori,
la distesa di macerie che rimane al tuo passare.
Sensazione indefinibile che sale dal profondo,
riconosco quell’ essenza dal sapore nauseabondo.
Solo adesso è così chiaro lo squallore del tuo agire,
l’ ignoranza manifesta dentro al vuoto siderale.
E lettor Le chiedo venia di pensieri così indegni,
ma non son tanto volgari come chi ha lasciato i segni.
Io non cerco un’ attenuante sono qui a pagare pegno,
anzi voglio l’ aggravante di esser stato così ingenuo.
E tu affili di gran lena le tue lame per dar pena,
generosa porti in dono pugnalate sulla schiena.
Non ti basta far del male provi gusto ad infierire,
un banale desiderio basta a farti vacillare
il prurito è così serio che ti fa capitolare.
E così che il tuo santuario che dell’ anima è dimora,
ora sembra una stamberga del valor di chi vi alberga.
Moltitudine che ha in corpo troppo freddo da scaldare
e provvedi generosa tu che il gelo lo hai nel cuore.
Impietosa dal tuo scranno con quel piglio da tiranno,
propinavi il tuo modello di maitresse nel suo bordello.
Con quell’ aria supponente di chi non conosce errore,
coltivando perfezione da padrona del sapere.
Ti saluto dolce amore ora devo proprio andare,
chiedo di esser perdonato se non son così elevato.
Condizione di ogni umano così prossima al terreno,
incapace di elevarsi così in alto ai tuoi modelli,
non a caso in beneficio, solo a Dio e agli imbecilli.
©
Edoardo Firpo
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