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“Che diavolo gli prende, a questo catorcio?”, sbraitò Alberto, picchiando il pugno sul televisore. La partita stava per incominciare, le telecamere già inquadravano il terreno di giuoco dove di lì a poco avrebbero dovuto incontrarsi, nella Finalissima della Coppa Campioni del 2046, sul campo neutro a gravità artificiale del satellite "Blatter" in orbita attorno alla Terra, le due squadre più forti ed agguerrite del momento: la di Tampa, Florida, U.S.A., e l'Associazione Calcio (Ufologi Federati Football Association) di Salabertrand, Oulx, Torino, Italia. E sul più bello, un attimo prima che la trasmissione cominciasse, l'immagine era scomparsa e lo schermo si era fatto grigio in una serie di crepitii e gracchiamenti: ma era mai possibile? Con la lattina di birra già aperta nella mano sinistra, Alberto batté ancora alcuni colpi sulla carcassa del vecchio televisore laser tridimensionale, senza alcun apprezzabile risultato, e poi si sedette scoraggiato sul divano, guardando lo schermo con occhi vacui e stupiti. Sullo schermo campeggiava una scritta a lettere cubitali, ed Alberto la rilesse più volte, prima di cominciare a capire ed a preoccuparsi. La scritta diceva, inequivocabilmente:
INTERRUZIONE VIDEO SUL CIRCUITO INTERCONTINENTALE IN DIRETTA DALLA VALLE DI GIOSAFAT STIAMO PER TRASMETTERE
Trasmissione cortesemente offerta dalla "Soul Eternal & General Assistance " (L'Assicurazione-Casco per la vostra Anima)
Inebetito, Alberto fissava meccanicamente lo schermo, senza riuscire a staccare da esso lo sguardo, senza esser capace di pronunciare una sola parola, senza trovare la forza di emettere un qualsiasi suono. Sullo schermo, cominciarono a scorrere nuove immagini. E questo é quanto Alberto vide.
* * *
Il microfono é sospeso nell'aria, proprio sull'estremo ciglio del precipizio: una piattaforma di roccia che si protende in avanti, nel vuoto, a dominare la valle profondissima ed incassata tra le vette innevate, che si perde allo sguardo in lontananza. Barcollando sotto la spinta delle raffiche del vento gelato che gli scuotono la candida tonaca e gli arruffano la barba ed i capelli, il vecchio avanza, tra brandelli di nuvole vaganti, sino al limite estremo della balconata rocciosa, batte due o tre volte il dito sulla griglia del microfono, e provoca così una tempesta di tuoni e di boati che rimbombano a lungo giù per la valle, riflettendosi in mille echi temporaleschi sulle pareti di roccia, e si spengono poi lentamente in cupi accordi sempre più sordi e lontani. Con un'espressione soddisfatta sul viso, attende che l'ultimo rombo svanisca aggiustandosi il badge appuntato sul petto, su cui spiccano le parole: _________________________
General Manager _________________________
e poi esclama: "Molto bene! Ed ora, una controllatina ai riflettori!". Istantaneamente, una raffica di folgori scaturisce dalle nubi sopra di lui, si schianta sulle vette circostanti ed illumina il panorama in una sarabanda di luci stroboscopiche, mentre le rocce sussultano letteralmente sotto una serie di schianti, crepitii e schiocchi che si sciolgono a loro volta in nuovi boati, rombi ed echi lontani. "Perfetto, semplicemente perfetto!", mormora il vecchio tra di sé, giocherellando meccanicamente, con la destra, con il grosso mazzo di chiavi che gli pende dalla cintura; poi arretra di qualche passo e, senza voltarsi, fa un gesto verso qualcuno dietro di lui, dicendo: "Avanti ragazzi, adesso sistemate per bene il proscenio, i fondali e tutto il resto della scenografia!". Un gruppo di giovani alati, biondi e riccioluti, avvolti anch'essi in candide vesti e con il badge appuntato sul petto, sbuca come per incanto dalle nuvole, prende terra accanto al vecchio ed operosamente inizia a svolazzare qua e là, disponendo sulla spianata una serie di seggiole, panche e sedili attorno ad un trono più grande. La voce del vecchio, impaziente e severa, li sprona, li guida e li corregge: "Un pò più in là quelle panche, Gabriel, altrimenti non ci si muove più! Ecco, così, così va bene, c'é un poco più di spazio! Voi, laggiù: volate subito qui, che ho bisogno di voi! Sistemate un pò quelle nuvole, là dietro, sono tutte in disordine! Quegli squarci di cielo, in fondo, devono essere di un azzurro più cupo, non è mica la festa del paese, quella che stiamo preparando! Mike!! Mike!!!! Oh santo cielo, cosa fai con quella sedia, dove la stai piazzando? A destra! A destra la devi mettere, non a sinistra! Lo sanno anche i bambini che….!!". Mentre le operazioni proseguono con alacre operosità, in fondo alla spianata é apparso un nuovo personaggio: capelli neri, naso marcato, colorito olivastro, una veste di foggia orientaleggiante dal cui fianco pende una scimitarra. Silenzioso ed immobile, si tiene in disparte, limitandosi ad osservare il gruppo indaffarato. Dopo un pò di tempo, uno dei giovani lo nota, svolazza sino a lui, parlotta e poi, palesemente preoccupato, si precipita verso il vecchio e gli mormora qualcosa. Il vecchio solleva lo sguardo verso il nuovo venuto ed aggrotta le sopracciglia: "Chi hai detto che é, quello lì?". Il giovane gli sussurra alcune parole all'orecchio, ed il vecchio si meraviglia, quasi si scandalizza: "Eh? Chi? Come? E che cosa é venuto a fare, qui?". "Dice che é per il rinfresco.......". "Per il rinfresco?". "Si, per il rinfresco che ci sarà dopo...., dice che non é d'accordo con il menu". "Non gli garba il menu? Figuriamoci, l'ho scelto io personalmente... Va bene, va bene, cosa c'é che non va, nel menu?". "Beh, tanto per cominciare, lo champagne". "Lo champagne? E' il migliore: Dom Perignon millesimato, Resèrve brut pas dosé! Tra l'altro, se non lo sai, é stato inventato da un frate, lo dice persino il nome!". "Lui dice che non é per il frate..., su quest'aspetto potrebbe anche sorvolare..., ma per via dell'alcool. E poi...". "E poi che ancora?". "Ci sono... Beh, dice che ha visto che ci sono dei cubetti di prosciutto nella fonduta dei vol-au-vent...". Il vecchio alza gli occhi al cielo e si passa le mani giunte sulle guance e sul naso, tra l'insofferente ed il mortificato: "Carne di maiale! E chi ci aveva pensato? Aspetta, aspetta, che adesso troviamo un rimedio...". Ma le meditazioni del vecchio vengono bruscamente interrotte, perché dalle nubi sopra di lui scaturisce d'un tratto il baccano di una fanfara roboante, una vera e propria cavalcata di trombe, corni ed ottoni: . Il tempo di chiedersi cosa accidenti sta succedendo e, assieme alla fanfara, sbuca dalle nubi, al galoppo, un intiero gruppo di giovani amazzoni a cavallo, i capelli sciolti e scarmigliati, le vesti svolazzanti e le tette al vento: alla loro guida c'è un uomo alto ed anziano, con un elmo bicornuto sulla testa ed una benda nera sull'occhio destro. Due corvi svolazzano attorno al suo capo. Subito il gruppo degli angeli gli si avvicina, parlottando e discutendo a lungo con lui; poi tornano tutti verso il vecchio che é sempre rimasto sdegnoso, in disparte, sul ciglio della roccia, e lo circondano affannati, parlandogli tutti assieme contemporaneamente: "Questo qui non vuol sentir parlare d'altro che di idromele e di birra...". Vago gesto di insofferenza e di imbarazzo da parte del vecchio. "... e quello di prima, quello a cui non va bene l'alcool, ha già aggiunto che non tollererà l'esposizione impudica delle loro grazie da parte di queste ragazze... e in fondo, dico io (occhiata furtiva sulle tette delle walkirie, nude e trionfanti), non gli si può neppure dar tutti i torti, in effetti...". "...il programma originale prevedeva il di Verdi, e non la di Wagner...". "... e là in fondo ce n'é un altro, quello là, con il pizzetto ed il naso aquilino, che ha già detto che di Wagner non vuol sentire neppure una nota di più...". "...e quelle donne velate, là in fondo, le Uri, che sono arrivate al seguito dell'arabo..., dicono che se vogliamo che ci siano loro dobbiamo mandar via quelle baldracche seminude a cavallo...". "...subito dietro le prime rocce..., c'é in attesa un gruppo sommariamente vestito, con tante piume sulla testa e la faccia dipinta, e chiedono dove sono i posti riservati alla delegazione di Manitou...". "...e là in fondo é arrivato un tizio mai visto prima, in giacca e cravatta e con un sorriso smagliante, che afferma, se tu glielo consenti, che é tutto un problema di par-condicio...". Il vecchio allarga le braccia in un gesto perentorio e zittisce gli angeli attorno a lui: "Basta! Adesso basta! Tutti questi signori possono dire quel che vogliono, ma non sono affatto accreditati, nessuno di loro ha il badge regolamentare: per cui noi si va avanti con il programma originario, e loro facciano pure tutto quello che gli pare! Mike, tira fuori la spada di fuoco, e preparati a dividere in due l'umanità, giù nella valle!". Obbediente, Mike sfodera subito la spada, avanza sino all'orlo della roccia, getta uno sguardo nel profondo della valle, e rimane perplesso: "Ma non c'é nessuno". "Come, non c'é nessuno?". "Guarda tu stesso, la valle é completamente deserta". Il vecchio guarda anch'egli, e resta attonito: "E dove sono finiti? Vuoi vedere che qui ci tocca procedere in contumacia?". Un trillo petulante e ripetuto attrae l'attenzione di tutti, senza che si capisca bene da dove provenga: poi, con un'espressione di scusa, Gabriel tira fuori un cellulare da sotto la veste e risponde alla chiamata per qualche attimo, borbottando, mentre gli altri restano in attesa. Poi si sporge nel gruppo verso il vecchio, e gli sussurra: "Mi hanno informato proprio ora: pare che gli uomini non verranno.....". "Non, verranno? E come sarebbe??". "No...., pare proprio che non verrà nessuno..., proprio nessuno! Lo sciopero deve essere stato organizzato dai Verdi e dagli altri gruppi ecologisti: un sit-in generale agli antipodi, dalle parti di Mururoa.... si, ma non arrabbiarti, per favore, io non ne posso nulla, ....come protesta per l'impatto ambientale di Armageddon...." "Impatto ambientale di...?". "Si, hanno detto proprio . Di Armageddon, o Ragnarok, della fine del mondo insomma. Lo sai benissimo anche tu, no? <...e le montagne non furono trovate...>, ...e tutto il resto...". Il vecchio si ficca le mani nei pochi capelli ed esclama: "E adesso, come facciamo?". Ma in realtà la valle non é completamente deserta, e qualcuno attorno al vecchio se ne accorge, indicando con il braccio teso un piccolo punto nero che si muove lentamente, laggiù nel profondo: "Guardate, guardate, c'é qualcuno, laggiù! Si muove! Viene da questa parte! Portate qualcosa, un binocolo, un cannocchiale, per poter vedere di chi si tratta!". Nel gruppo attorno al vecchio si fa subito largo un uomo giovane e muscoloso, dai capelli neri e gli occhi penetranti, e si porta rapido sin sull'orlo della roccia, piantandosi a gambe larghe di fronte al precipizio; poi si pone entrambe le mani sui fianchi dell'attillato costume rosso e blu, mentre il largo mantello gli svolazza dietro alla schiena, e dichiara con la più assoluta sicurezza: "Non serve alcun cannocchiale. Ci sono qua io, con la mia vista telescopica!". Tutti quanti, ed il vecchio tra di loro, pendono dalle sue labbra, mentre lui dirige lo sguardo verso il punto lontano: "E' un uomo grasso ed obeso, con un saio ed un segno rosso sulla fronte. Un orientale. A cavallo di una mucca. Si, un orientale a cavallo di una mucca. Adesso si é fermato, e guarda in alto, verso di noi, con aria interrogativa. Si direbbe che aspetti di sapere cosa abbiamo deciso di fare. Chi mai può essere?". Un angelo occhialuto, con l'aria da intellettuale e la voce in falsetto, gli risponde parlando dietro la sua nuca: "Non ne sono sicuro, ma potrebbe essere..., non ricordo bene, ma qualcuno ha scritto da qualche parte di aver visto quell'uomo per l'ultima volta moltissimo tempo fa, mentre si dirigeva verso nord a cavallo di una mucca.....". Nel giro di pochi secondi il vecchio, gli angeli, l'arabo, le walkirie, Superman e tutti quanti gli altri delegati si mettono a parlare ed a discutere assieme, facendo un gran rumore ed una gran confusione: e per la seconda volta, con un gesto imperioso e definitivo, il vecchio chiede silenzio, interrompendoli e richiamandoli all'ordine. "Silenzio! Adesso basta! Così non si può andare avanti! Qui non c'é che una cosa da fare: rimandare tutto quanto di qualche giorno, mi prendo io tutte le responsabilità. Rimandiamo tutto al Principale, sarà Lui a decidere!"; e detto questo, si volta deciso verso la folla che fa ressa dietro di lui, e fa ampi gesti che significano: andate, andate, a casa, tutti a casa! Tutti cominciano a sfollare, mentre nel crocchio i vari delegati si scambiano una rapida occhiata d'intesa, mormorando: "Ben detto, continuare a questo modo non sarebbe stato : rimandiamo di qualche giorno. Ma non al Principale, ai Principali..., saranno loro a decidere...". Nell'arco di pochi minuti, il vasto spiazzo è nuovamente pressoché deserto. Tutto pare finito, ma non é così: un attimo prima che anche il vecchio, per ultimo, se ne vada, da un piccolo sentiero nascosto e quasi invisibile, che si inerpica sin lassù direttamente dal fondo della valle, spunta fuori un uomo, un uomo qualsiasi; si guarda attorno, si sporge titubante sul margine dello spiazzo roccioso, e si rivolge con deferenza e con timore al vecchio, incerto sull'appellativo con cui apostrofarlo. Sulle prime il vecchio non lo nota neppure, e poi, indispettito, fa finta di non vederlo: "Eccellenza...". Il vecchio sussulta una prima volta, ma non lo degna di uno sguardo. "Vostra Grazia...". Il vecchio sussulta una seconda volta. "Saib...". Il vecchio, ormai paonazzo, sussulta una terza volta, ma finalmente cede, e gli risponde brusco: "Che cosa vuoi?". "La... la... la cosa non si fa più, abbiamo capito bene?". "Hai capito bene. Ma non é che non si faccia più, é solo rimandata". "Ah! E di quanto, Eminenza?". "Tre giorni". "Solo tre giorni? Ahimè, Maestà, solo tre giorni?". "Solo tre giorni. Ma non devi preoccuparti, almeno per ora. Tre giorni dei Loro, intendo dire dei Principali, equivalgono a circa cinquanta milioni di anni dei vostri. Andate tranquilli". Si volta rapido senza aggiungere altro e se ne va, non udendo più le ultime parole dell'uomo ed evitandosi così una brusca crisi ipertensiva: "Oh, grazie, grazie mille, vi siamo tutti riconoscenti, Effendi!". Intanto, nel silenzio interrotto solo dalle raffiche del vento, in fondo alla valle, il piccolo punto nero ha ricominciato a muoversi, ritornando da dove era venuto. A cavallo della sua mucca, l'orientale si è incamminato ancora una volta verso nord, e questa volta forse lo ha fatto per sempre. Ti volta le spalle, mentre si allontana lentamente, e la sua figura e la sua testa, ad ogni passo dell'animale, dondolano prima di qua e poi di là, adagio e dolcemente. Eppure, se lo guardi con più attenzione, riesci a renderti conto che il movimento della sua testa non é affatto dovuto all'ondeggiare della vacca sotto di lui: Lao Tze (o Siddartha, o il Buddha, o anche chi volete voi) sta effettivamente scuotendo adagio il capo tra sé e sé, in silenzio, proprio come si fa per esprimere dubbio, incertezza, sconcerto, fors'anche rassegnata disapprovazione.
* * *
Alberto spense il televisore e si diresse a piccoli passi incerti verso il bagno, con l'intenzione di mandar giù quattro o cinque pillole di un tranquillante: con le mani che gli tremavano aprì la scansia ed afferrò il tubetto, che gli sfuggì di mano spargendo tutto il suo contenuto sul pavimento. Guardò a lungo per terra, in direzione delle pillole che saltellavano via in tutte le direzioni, e poi dentro al tubetto vuoto, pur sapendo che era vuoto, in una lunga ed insensata immobilità, da cui lo riscosse il consueto vociferare del televisore, che pareva essersi riacceso da solo, e che annunziava l'ormai prossimo inizio della partita. Si trascinò a piccoli passi incerti, sempre con il tubetto vuoto in mano, sin davanti al piccolo schermo, e rimase a ciondolare in piedi davanti a lui, domandandosi se avesse sognato. Nel frattempo la partita era iniziata e le azioni già si susseguivano rapide sullo schermo, accompagnate dal concitato commento del radiocronista: e quasi senza rendersene conto, Alberto si sedette sul divano, allungando meccanicamente una mano verso la lattina della birra e cominciando a pensare che, tutto sommato, quella partita si preannunciava assai interessante. Dopo pochi minuti, Alberto era sdraiato lungo disteso sul divano ed aveva già ingollato tre lunghe sorsate di birra aromatica e rinfrescante, dimentico di ogni altra cosa che non fossero le immagini che comparivano sul piccolo schermo. Pervaso da una tranquilla e ferma determinazione, decise dentro di sé che si sarebbe goduto la partita, come da programma, cancellando dalla propria mente qualsiasi altra cosa che non la riguardasse. E così fece. Nelle altre case, in tutto il resto della città, e poi ancora nelle altre città, in tutte le altre città del mondo, nelle altre nazioni, sulle rive del mare ed in montagna, di giorno e di notte, dalla Scandinavia alla Nuova Zelanda, dalla Kamciatka alle Pampas, dalla Manciuria all'Oregon, ovunque, invariabilmente, senza alcuna eccezione, tutti gli altri esseri umani, finalmente, stavano facendo esattamente la medesima identica cosa.
©
Giuliano Giachino
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La Biblioteca dei sogni di Giuliano Giachino
2014 pg. 222 - A5 (13,5X21) BROSSURATO
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Dallo Scudo di Anghor alla musica dei Pao, l'antologia definitiva di uno dei rappresentanti più originali dalla fantascienza italiana.
Altre informazioni / L'autore
(...)Da allora, è passato molto tempo. La solitudine mi ha insegnato molte cose. Ho girato sulla nave a lungo, e senza meta. Achab non c’era più, ma incredibilmente la sua moneta era ancora là, inchiodata alla paratia. L’ho staccata, e dopo aver indossato la tuta, l’ho scaraventata nello spazio. L’ho vista allontanarsi roteando nel vuoto, piccolo disco dorato luccicante alla luce delle stelle, come un minuscolo sole. Se non è illusione, se esiste veramente, galleggerà per sempre là fuori, insieme a tutte le altre navi, simbolo anch’essa di un’impresa fallita.(...)
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Prefazione / Indice / Scheda
La Biblioteca dei sogni di Giuliano Giachino
2014 pg. 222 - A5 (13,5X21) COPRIGIDA
Dallo Scudo di Anghor alla musica dei Pao, l'antologia definitiva di uno dei rappresentanti più originali dalla fantascienza italiana.
Altre informazioni / L'autore
(...)Da allora, è passato molto tempo. La solitudine mi ha insegnato molte cose. Ho girato sulla nave a lungo, e senza meta. Achab non c’era più, ma incredibilmente la sua moneta era ancora là, inchiodata alla paratia. L’ho staccata, e dopo aver indossato la tuta, l’ho scaraventata nello spazio. L’ho vista allontanarsi roteando nel vuoto, piccolo disco dorato luccicante alla luce delle stelle, come un minuscolo sole. Se non è illusione, se esiste veramente, galleggerà per sempre là fuori, insieme a tutte le altre navi, simbolo anch’essa di un’impresa fallita.(...)
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