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IL LADRO DI VOCI
di Euro Carello
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IL LADRO DI VOCI


. è una fatica bestiale, cinque ore praticamente senza fermarci, ma quando sei su è fantastico, sai, si vede…

. ma ti pare che dovevo dargliela perché mi ha offerto un gelato? ma quello è scemo, crede…

. how much for the gondola trip? 80 euros? You’re crazy!

. ti dico che li ho già, i biglietti! basta che mi dici a che ora sei libero e passo…

- Questo non è un gran posto, tutto sommato. È vero che c’è il gradino per sedersi, e col ponte vicino c’è un bel via vai, ma oggi non ho beccato granché. Filano via che non fai neanche in tempo a prendere una frase intera. E solo banalità. Meglio Piazzale Roma. O qualche festa all’aperto. E poi col sole che gira fa pure troppo caldo, per essere a giugno. Meglio andare, una bella doccia, un caffè freddo e domani si cambia.

. guarda qui, giriamo per ‘sta Salizada come-si-chiama e siamo arrivati, dieci minuti al massimo…

. ecco, lo sapevo, ho dimenticato il detersivo, cheppalle! adesso devo rientrare e rifarmi tutta la coda…

. dai, pulcino, non fare così, ti giuro che hai capito male, non potevo essere là a quell’ora, lo sai che al giovedì…

L’uomo si alza un po’ a fatica, le gambe anchilosate dalla posizione infelice, raccoglie lo zainetto nero monospalla, ci infila la mano, spegne il piccolo registratore e si incammina verso la luce calda del ponte. Al terzo scalino scivola sul marmo chiaro liscio e per mantenere l’equilibrio allarga le braccia, urtando con la mano la donna che scende. Gli occhiali di lei finiscono in terra. Mortificato, li raccoglie e glieli porge, scusandosi. La donna appoggia la valigia nera gonfia con le rotelle che trascinava sulla scalinata e prende gli occhiali con la mano grassoccia, senza dire nulla. Gli occhi piccoli e scuri guardano intorno come se cercasse qualcosa, o come se avesse paura che qualcuno abbia visto la scena. Si morde l’angolo di un labbro carnoso. Stringe forte, fino a lasciare il segno bianco sul rosso sbavato. Ravviandosi frettolosamente una ciocca di capelli borbotta un grazie con forte accento straniero. Dalla borsetta a tracolla pesca un fazzoletto chiaro e si asciuga il sudore. Passa lentamente dalla fronte alle guance larghe, al collo con la croce d’oro, fino all’attaccatura del grosso seno che spunta dalla camicetta di bianco sintetico. L’amica – o la sorella, forse – le dice qualcosa in fretta in una lingua sconosciuta in cui si riconosce solo il da, da ripetuto, anche lei guardandosi intorno nervosa. Poi si allontanano insieme in fretta, il clac clac delle valigie sui gradini del ponte che si perde nel vociare dei passanti.

Dalla cima della scalinata arriva un gruppo di persone, chiaramente turisti, l’occhio sperduto e l’aria accaldata, infradito e sandali e camicie hawaiane e ombelichi al vento. Come un riflesso condizionato, la mano destra dell’uomo si infila nello zaino e aziona il pulsante.

. ma ti rendi conto? una pizza margherita 8 euro? va bene che Venezia è Venezia, ma da noi con 8 euro sai…

. e fino all’altra settimana stava come un papa, stava. Siamo andati insieme anche a ballare, e lui…

. Sandrino, vieni qui, tesoro, che scivoli! che poi l’acqua di ‘sti canali è anche così sporca che se ci caschi dentro finisce che…

- Deformazione professionale, si potrebbe dire. Non fosse che non è una professione, la mia. Diciamo l’abitudine. Un hobby che è quasi un lavoro. Ormai dovrei essere sui sessanta giga, più o meno. Mi sa che dovrei rivedere la catalogazione. E tagliare. Selezionare di più prima, invece di passare ore a tagliare dopo. O magari specializzarmi. Sul sesso, certo, poi su morte e malattie. Eros e thanatos. La gente non s’immagina com’è facile sentirli parlare di sesso. Di malattie, poi, anche di più. Ce ne fosse uno che è uno, che non si lancia nella descrizione dei sintomi. Anche i più schifosi. E senza trascurare i particolari, mi raccomando. Tutte le secrezioni e le escrezioni possibili. Centimetro per centimetro, minuto per minuto. Altro che il calcio. Comunque anche il cibo, devo approfondire, è interessante. Ormai sono quasi otto anni, è già un bel pezzo che vado avanti e un’idea ce l’ho, dei più frequenti. Sesso, cibo, malattia, morte. C’è tutto, in fondo. Alfa e omega. E il cerchio si chiude. Potrei scriverci un saggio, magari. O una tesi di laurea. Variazioni nei consumi alimentari in una città d’arte. O magari gondole e ipocondria a inizio millennio. Non fosse che una laurea ce l’ho già, per quello che mi è servita.

Ancora fermo sui gradini l’uomo ascolta, in piedi sul marmo levigato dai passi di secoli.

. ho capito che era in offerta, ho capito! Cosa c’entra! se ci fosse il tre per due di merda saresti capace di…

. dai, non ce la faccio più. fermiamoci un pochino, per favore, solo cinque minuti, sono tre ore…

Tutto sommato, niente di che. Raccoglie lo zainetto che gli era sfuggito di mano. Quando sta per spegnere il registratore, altre persone si avvicinano.

. sono là, guarda. le abbiamo beccate. muoviti che le perdiamo di nuovo…
. ma con quei bauli come fanno a fregarci? mica possono correre, no? e con la fatica che hanno fatto…

I due uomini sono quasi vestiti uguali, jeans a vita bassa, polo di due tonalità diverse di azzurro e mocassini neri. Uno è alto, almeno un metro e novanta, l’altro invece è basso e tarchiato.

- Ce l’hanno con le due di prima. Ma non sono stranieri, questi, e neanche veneti. Direi milanesi, o giù di lì. Non del nord est, comunque. Magari vale la pena. Proviamo. Dopo la violinista lesbica con la vigilessa in Piazza S.Marco non ho più beccato niente di interessante.

L’uomo scende i pochi gradini rimasti e segue i due sconosciuti che si stanno allontanando.

. cosa dici, mi stanno bene, papà? io le trovo bellissime. e non sono le Puma fatte dai cinesi poveri che dicevi tu, queste sono…

. ho l’esame fra dieci giorni e non ho neanche cominciato a studiare, mi sa che ‘stavolta…

Si tiene sul lato in ombra della strada, allungando il passo per raggiungere i due. Vede che parlano animatamente, gesticolando e guardando spesso l’orologio.
Quando si fermano davanti a un chiosco di bibite, si mette a guardare con attenzione la vetrina di un bar che vende anche oggetti per turisti. Attirano il suo sguardo una bottiglia di limoncello a forma di Italia e una a forma di Colosseo.

Certo che al cattivo gusto non c’è limite. Quello che diceva Barnum degli americani ormai vale anche qui. Anzi, vale dappertutto. Sono i pregi della globalizzazione. Magari alle Maldive le fanno a forma di palme, le bottiglie. A confronto, le buone vecchie palle di vetro con la neve erano un capolavoro di sobrietà. Facevano tenerezza. E non si trovano quasi più. In compenso trovi i boxer col pisello disegnato sopra, e per lei il vestito con la foto del corpo nudo. Già. A proposito. Devo cercare qualcosa di decente da regalare a Marta. Chissà se i due che scopano alla missionaria in vetro di Murano le piacerebbero. Probabilmente me li sbriciolerebbe sul cranio prima di capire che era uno scherzo.

. che dici? ce la compriamo? in fondo sono solo ottocento euro, non è che…

. no, a me un decaffeinato, lo sai che con l’ulcera non posso prendere il caffè normale, anche se…

A proposito di sintomi e malattie. Oggi è solo il primo, veramente. Ieri quella con la slogatura e l’altro con la diarrea, poi anche il piccolo ustionato dal sole e la romana con la colite. Raccolto grosso.

Quando alza lo sguardo dalla vetrina, i due sono spariti. Con due salti raggiunge il vicolo più vicino e fa in tempo a vederli che svoltano l’angolo. Si mette a correre nell’ombra umida, il brillio verde sporco del canale che spunta in fondo.

. e fa’ un po’ d’atension, ostia! se ti cori cossì finisse che ti va drento un canal, sa…

Il vecchietto ha un gelato in mano e trascina un carrello da spesa. Quello che lo ha fatto inciampare e quasi cadere. Si ferma in piedi sull’angolo a guardarlo andare via, leccando coscienziosamente tutto intorno al cono.

Porc! È tutto il giorno che vado a sbattere contro qualcuno, oggi. Che poi, chi me lo fa fare, con ‘sto caldo.

Si ferma di fianco al dehors di un bar lungo il canale, approfittando dell’ombra tiepida dell’ombrellone. Si guarda intorno, da una parte e dall’altra. Lungo il canale scivola una chiatta carica di frutta e verdura. Sull’altra sponda, una turista asiatica con un cappello di paglia sta seduta sotto un arco, sui gradini di un vicolo che finiscono a pelo d’acqua, consultando una mappa.

. sì, è stasera, è una specie di festa interetnica organizzata da Muranò, sai, l’associazione, ci sono dei percussionisti senegalesi che…

. adesso devo fargli fare le analisi, è sempre stanco, non si muove più. va bene l’età, però capisci…

- Eppure hanno voltato di qua, ma dove… ah, eccoli.

Quando li vede hanno raggiunto le due donne, all’ingresso di un vicolo. Stanno discutendo animatamente.

- Erano proprio loro, quindi. Chissà cosa c’è sotto. Magari proprio niente, una lite tra fidanzati o qualcosa del genere. Forse ho letto troppi gialli. Eppure quella aveva gli occhi spaventati.

D’un tratto una delle due afferra la valigia e fa per inoltrarsi nel vicolo. L’uomo più basso l’afferra per il polso, ma la donna con uno strappo si libera e corre via come può, trascinando la valigia che sbatte rumorosamente sul selciato sconnesso. L’altra donna la segue e poi si volta a metà, il braccio teso nella camicetta sudata, piegata nello sforzo di trascinare il bagaglio. Ha i capelli scuri appiccicati alla fronte, la bocca contratta in una smorfia. Forse dice qualcosa, ma non si riescono a cogliere le parole. L’uomo basso si massaggia la mano e la guarda andarsene.

. no, signora, mi spiace, ma l’uso del bagno è riservato ai clienti durante le ore dei pasti…

. e dai, non farla proprio qui che mi vergogno di raccoglierla davanti a tutti, vieni via…

I due uomini parlottano in piedi. Guardano dentro il vicolo.

Il cameriere del bar, in piedi sulla porta, ora lo guarda con insistenza. L’uomo lascia l’isola d’ombra e avanza lentamente, camminando aderente alla parete del palazzo. Ormai è a pochi metri dai due.

. vai tu, io sto qui a vedere se arriva qualcuno
. a che piano è?
. come faccio a saperlo? se lo sapevo venivo a aspettarle qui, no? invece di rincorrerle per tutta Venezia…

L’uomo si ferma e finge di consultare una mappa, le spalle al canale. Lo spilungone entra nell’ombra del vicolo, l’altro si appoggia al muro con la schiena, una gamba piegata con il piede appoggiato alla parete. Si accende una sigaretta e soffia il fumo verso l’alto, con gli occhi chiusi.

L’uomo oltrepassa lentamente il vicolo, gettando un’occhiata di traverso alla spalla. Vede l’altro che entra in una porticina. Il tracagnotto continua a fumare.
Si ferma subito dopo, sedendosi sui gradini all’ombra di un portone, la mappa sulle ginocchia, e inizia a pulirsi meticolosamente gli occhiali da sole, tendendo le orecchie.

- Certo che non posso stare qui un’ora a pulire gli occhiali. Comincio a sentirmi ridicolo. Ancora un minuto e se non succede niente me ne vado.

. vieni! vieni, muoviti, cristo!
. cosa c’è?
. e muoviti! è successo un casino…
. ma cosa cazzo…

Anche l’altro entra nel vicolo. Dall’interno escono suoni e voci concitate, indistinte. Un grido di donna, acuto e breve. Poi silenzio. L’uomo si guarda intorno, ma al dehors del bar la coppia seduta non dà segno di aver sentito.

- Cazzo! Cosa… Qui è successo qualcosa davvero. Meglio andare a vedere.

Mentre l’uomo sta entrando nel vicolo, qualcuno ne esce di corsa, urtandolo violentemente e facendogli perdere l’equilibrio. È lo spilungone, che incespica, scivola di lato, ma riesce a mantenersi in piedi. Si ferma solo un attimo, gli occhi neri spiritati che guardano in giro con scatti brevi e secchi della testa. Guarda l’uomo a terra e poi di nuovo intorno, verso il bar. Mentre si allontana di corsa qualcosa fa plof nel canale.

- L’avevo detto che oggi continuavo a sbattere dappertutto. Porc… Certo che mi ha dato una bella botta, mi ha dato. Mi fa male tutto qui sotto, accidenti. Gomito d’acciaio. A vederlo così non sembrava tanto palestrato. È riuscito a sbattermi per terra e a farmi cadere lo zaino, anche. Speriamo non si sia rotto il registratore. Così imparo a farmi i fatti miei, un’altra volta. Chissà come mai sono così stanco. Mi sento debolissimo. Eppure la testa non l’ho sbattuta, sono caduto sul culo. Adesso mi riposo un po’ e poi mi alzo. Solo due minuti. Mi appoggio qui con la schiena al muro. Due minuti e poi mi alzo. Due minuti.


Accanto al ponte la lancia della polizia oscilla lentamente alla corrente pigra dell’acqua verde. Il poliziotto salta agilmente a terra e si avvicina.

- Così, questo è l’altro. Anche lui di coltello, eh? Proprio sotto al cuore. Povero cristo, scommetto che passava per i fatti suoi e c’è rimasto in mezzo.

- Guarda, aveva un registratore.

- Magari c’è registrato qualcosa di utile, fa’ vedere. Bello. Uno di quei gioiellini giapponesi.
Aveva anche un microfono direzionale.

- Un che?

- Uno di quei microfoni che riescono a beccare quello che dici anche a distanza. Magari lavorava in qualche radio. ‘Sti cosi sono potenti. Con uno come questo riesci a sentire anche quello che dice tua moglie in confessionale.

- E cosa ti fa pensare che mia moglie…

- E dai, scherzavo! Vediamo se c’è qualcosa.

- Allora?

- Niente. Batteria scarica. Vedi la lucetta rossa? Dovrebbe restare accesa, quando la batteria si sta scaricando. Invece questa va e viene, così non se n’è accorto. Un contatto, forse. Peccato. Qualsiasi cosa abbia registrato, è andata persa.

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