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La stanza
di Flavio Carbone
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Nadia è seduta sul divano con il trucco sfatto, il volto mostra i ricordi di quello che deve essere stato un pianto; non un pianto sommesso, ma violento e disperato.
Si prende la testa fra le mani; dietro di lei una parete viola pastello, i cuscini sono sparsi ovunque.
“Apritemi! Non lasciatemi qui, vi prego….aprite…”.
Il divano è nuovo, manda un forte odore di materiale sintetico; nella stanza solo un vaso con dei fiori di plastica e un televisore.
Nadia alza la testa con circospezione; sente dei passi nel corridoio o forse al piano di sopra, “Aprite..non lasciatemi qui da sola…..e sapete il motivo….lo sapete!”.
La veglia, la coscienza è vinta dal sonno.
Questo è il momento in cui gira una chiave nella serratura; due uomini e una donna dispongono un comodino vicino alla finestra, tolgono i fiori di plastica e sistemano una pianta grassa vicino al divano dove Nadia dorme stesa su un fianco con le gambe piegate, un sonno agitato.
Stanno per andarsene quando uno dei due uomini si arresta di scatto: “Che stupido, dimenticavo…”.
Si inchina ad un’ estremità della parete e comincia a tirare; lentamente lo strato viola pastello adesivo viene via, l’attrito provoca un rumore stridulo.
La stanza è ora grigio antracite; mentre scompaiono i colori da tutto, la donna si avvicina a Nadia solo un istante.
Dopo circa un’ora si risveglia, sembra tranquilla; subito dopo se ne rende conto.
Qualcosa è cambiato, non riesce a capire come, perché.
“Aprite! Lo sapete che non dovete lasciarmi qui da sola…lo sapete ma lo fate comunque…non dovevate……siete senza coscienza”.
Accende il televisore e si accovaccia in terra; avrebbe voluto spegnere quella maledetta luce fissa e penetrante al neon, ma non c’erano interruttori.
Un film in bianco e nero; cerca di alzare il volume, ma inutilmente.
“Cretinetti e il mistero del direttissimo-1911”, appare nei titoli di testa.
Un susseguirsi di comicità gestuale, di movimento parossistico, di catastrofi indotte da comportamenti sconclusionati, attori che provengono dal circo, dalla rivista, dal varietà.
André Deed, il Cretinetti, è veramente inarrestabile.
Nadia è ammaliata dallo spettacolo, indica lo schermo entusiasta e divertita, ride a voce alta.
In men che non si dica giungono i titoli di coda; prova a cambiare canale, ma è sempre lo stesso film a ricominciare, con le stesse gag, le stesse peripezie che non fanno ormai più ridere.
Nadia spegne la televisione, chiude un attimo gli occhi dalla stanchezza; quando li riapre è tutto in bianco e nero, la parete, la pianta grassa, il divano, il comodino.
Ci chiediamo perché se ne accorga solo ora, ma forse non ha importanza ai fini della storia.
Qualcuno bussa alla porta.
“Siete voi che avete chiuso….perché bussate…..voi mi avete lasciato qui da sola….”.
“La chiave Nadia…tu hai la chiave…sei stata tu a chiuderti dentro……”.
Nadia cerca la chiave nelle tasche della sua giacca, sul comodino, cerca.....

© Flavio Carbone





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