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di Debora Gatelli
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Caro Gemini,
oggi ti ho cercato e non ti ho trovato, e all'improvviso mi sono accorta di quanto è assurdo tutto ciò che ci sta succedendo. E mi sono anche resa conto che più le cose diventano irreali e intangibili, tanto più facilmente ci abituiamo a esse arrivando al punto di dimenticarci che non è stato sempre così.
In questi mesi di delirio pre-laurea passo le mie giornate in laboratorio attaccata al computer ordinando dati ed elaborandoli in ogni modo. Esco solo nella pausa pranzo e alla fine della giornata il mio cervello è come un groviglio di fili in corto circuito. E' stato per distrarmi un po' tra una regressione multipla e un test di significatività che un giorno ho deciso di far visita al mondo virtuale. E' stato per curiosità che invece di farmi una passeggiata al parco ho fatto un giro in chat. E' stato per divertimento che ho cominciato a inventarmi un nome nuovo ogni volta che mi stufavo di quello vecchio. E' stato per civetteria che ho scambiato due chiacchiere con parecchi nomi senza faccia senza storia senza sesso. E' stato terribile.
All'inizio, come per tutte le novità l'ho trovato divertente, ma solo all'inizio; poi mi sono resa conto di tutto il resto che non era per nulla divertente.

Caro Gemini, tu forse sei uno dei pochi che in chat ci è finito per le mie stesse ragioni e come me ne è uscito a gambe levate. Forse è anche per quello che parlando ci siamo subito trovati bene e la nostra amicizia si è poi evoluta al telefono e non più in chat.
Come ti dicevo, oggi ti ho cercato e non ti ho trovato, forse stavi ancora lavorando o forse non ti funzionava il computer o forse ti sei rotto le palle dei soliti "Ciao bello chatti?"..."da dove dgt?"..."sei m o f?"..."ti va di fare sesso virtuale?"..."vieni in pvt con me?"..."mi mandi una tua foto che io ti mando la mia, ma prima mandami la tua ok?" Che schifo.
Forse mi sono scelta la chat più sfigata della rete, non voglio generalizzare, ma tra tutte le stanze a disposizione non ho mai trovato molta gente, a parte te, che non rientrasse in una delle seguenti categorie: vecchi marpioni, giovani patetici che si inventano personaggi pur di rimorchiare qualcuno, impiegati che al posto di lavorare scrivono maialate a tutti i nickname femminili, ragazzine represse e/o depresse che scrivono oscenità di ogni genere per far colpo su altrettanti repressi che rispondono con frasari ancora più volgari, gruppi di invasati che si insultano su argomenti fin troppo seri per essere affrontati in quel modo, decine di idioti che non avendo niente da dire- nemmeno le cagate- urlano parole senza nesso l'una con l'altra perché per loro fare una frase forse è già troppo impegnativo.
Sta diventando tutto finto, dimmi che dà fastidio anche a te ti prego. Lì dentro è finto il nome che usiamo, a volte è finta la vita che ci costruiamo addosso, così come sono finti tutti gli altri personaggi finti che fingono di dirci la verità. Il posto dove ci si incontra non esiste, frasi appese a uno schermo, messaggi inviati all'ignoto, confidenze fatte all'etere.
E in questa giungla immaginaria si crea un mondo parallelo, come se non bastasse quello che già c'è, un mondo parallelo che è peggiore di quello vero perché ognuno si sente libero di dire fare e disfare tutto quello che vuole. Tanto nessuno sa chi sei. Un castello pieno di stanze fatte di punti su uno schermo, dove con terrore ti accorgi che ogni giorno ci trovi più o meno le stesse persone, a qualsiasi ora tu ci vada: stanno lì, trascorrono le giornate parlando con qualcosa che non c'è. Parlano, ascoltano, inventano, a volte incontrano qualcuno che non hanno mai visto e per un po' gli sembra che la giornata prenda una piega diversa dalle altre; ma all'improvviso puf, cade il collegamento- errore di sistema- si ritrovano fuori dalla chat. Panico, subito si ricollegano prima che il loro contatto virtuale e illusoriamente perfetto si perda nella grande ragnatela fittizia. E alla sera vanno a letto e forse credono di avere tanti amici.
Caro Gemini, stasera mi sono chiusa nella mia stanza da sola. Non ne voglio più sapere del mondo finto, ma per ora non mi va di vedere nemmeno quello vero. Da sola penso e parlo con qualcuno che so che c'è, parlo con me e con me litigo furiosamente. Ho cenato con vodka liscia del discount allungata con succo d'arancia e granatina: Vodka Sunrise si chiama, e la beve sempre un mio amico, di quelli che stanno nel mondo con carne e ossa e difetti e pregi e punti deboli e lacrime da versare. Ho cenato con quella e basta, ne ho già bevuti quattro bicchieri perché avevo fame ma non mi andava di masticare. Sono da sola e mi gira la testa, ma almeno la sento che c'è.
E prima quando ti ho cercato e non ti ho trovato ne sono stata felice perché ho avuto la conferma che non ci sei ricascato. E' da tanto che non mi chiami più e in un certo senso ho fatto un tentativo per rintracciarti. Ma se non mi hai più chiamata un motivo ce l'hai e non è in chat che potrò chiederti scusa per la mia trascuratezza nei tuoi confronti. Ogni tanto quando ceno a base di superalcolici mi viene voglia di chiamare tutte le persone che ho lasciato che si allontanassero da me e dir loro che mi dispiace. A volte lo faccio mandando un messaggio sul cellulare, ma poi quando mi rispondono la vodka se n'è già andata chissà dove e ormai ho cenato con qualcosa di solido e non mi va più di raccogliere i sassi che io stessa ho lanciato.
Siamo tutti dei piccoli ragni che tessono parti di una unica enorme ragnatela; metà è vera e l'altra metà ce la siamo inventata e a volte nemmeno noi riusciamo più a distinguere le due parti. Così, spesso ci perdiamo di vista e magari non ci siamo allontanati nemmeno poi così tanto. Altre volte invece ci troviamo ai lati opposti della tela eppure ci pare di essere indissolubilmente uniti. Che strano.

Caro Gemini, ti ho visto una volta soltanto e di te so molte più cose di quante me ne abbia mai dette la maggior parte delle persone che sono state sedute al mio fianco in quattro anni di università. A volte il problema non è riducibile a ciò che è vero e ciò che è virtuale. Forse non importa dove e in quale modo ci si incontra; quando si ha qualcosa da dire lo si dice anche in un collegamento assurdo come la chat. E quando le cose pian piano cambiano, se noi le lasciamo cambiare è perché in fondo ci sta bene così.
Anche se un po' ci dispiace.

Buona fortuna,
Darkness

© Debora Gatelli





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