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Io non dormo sola
di Valeria Biffi
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Avete presente le case dei film americani? Quelli ambientati in una bella cittadina, dove tutti si amano e il confine del tuo giardino non è delimitato da un cancello? Una casa bianca con due colonne all’entrata, le finestre a “quadratini”, e un dondolo sulla veranda. Ecco, una casa così è sempre stato il sogno di mia madre. Per questo quando ritornando dalla spiaggia al nostro campeggio, vedemmo il cartello “vendesi”, mio padre non esitò a chiamare il numero indicato. Certo la casa in questione era ben lontana dall’essere associata alla casa dei sogni di mamma, ma lavorando di fantasia, e soprattutto di olio di gomito sarebbe potuto diventarlo.
Io avevo dieci anni e non ci capivo molto di case, restauri o cose del genere, ma ricordo benissimo ciò che pensai quando entrammo all’interno con l’agente immobiliare: preferivo il nostro carrello tenda.
Il tizio continuava a decantare i pregi dell’abitazione “..e vede questa finestra signora? Con il sole delle cinque conferisce al salone un’aria pittoresca..”..”si si già lo immagino” rispondeva estasiata la mamma. Io non ci vedevo niente di pittoresco, anzi, quelle lenzuola messe sopra alcuni mobili lasciati li, davano un’aria cupa, altro che il sole delle cinque!
Mia sorella di sei anni più grande era gasata dal fatto che in una casa così grande avrebbe avuto una camera tutta per se “così quando sto con le mie amiche non ci sarai sempre tu a rompere” mi diceva, a me l’idea di dormire da sola non piaceva per niente.
Salimmo al piano superiore, le stanze erano addirittura 4, speranze di non dormire sola non c’erano..
Bastarono poche ore per concludere quello che mio padre definì “un ottimo affare”. Probabilmente per chi se ne libera pensai io, sicuramente la bambina che prima abitava li dentro ora divideva la stanza con sua sorella e non era più costretta a dormire sola, come invece sarebbe toccato a me, per le prossime vacanze a venire e tutti i ponti.
L’arrivo dell’estate non mi trovò molto entusiasta quell’anno. Ero l’unica della famiglia a non essere galvanizzata all’idea di avere una casa al mare. “Pensa Lidia, tu e Miriam potrete stare li tutta l’estate, i nonni staranno con voi, mentre papà ed io vi raggiungeremo nei fine settimana e poi tutto il mese di agosto”; “allora io posso dormire con i nonni?” “ no tesoro, sei grande ormai, e ci sono un sacco di camere”
Per me una bambina a dieci anni non è grande, altrimenti non verrebbe definita bambina.
La prima notte mi munii di circa 4 pelouches, li misi tutti intorno a me. “mamma, lascia la porta aperta per favore..”
Rimasi tutta notte immobile, ad ascoltare i rumori di quella casa, a cogliere la luce che filtrava dalla camera di mamma e papà, “siamo solo una porta più in la” diceva la mamma, odiavo quella porta, non potevamo stare tutti insieme come in campeggio? O per lo meno dividere la camera con Miriam come a casa?” La mamma aveva dato ordini precisi anche ai nonni, per nessun motivo avrei dovuto infilarmi nel lettone, era ora che la smettessi, dovevo togliermi questo vizio entro la fine dell’estate e mantenere il buon proposito anche una volta ritornati a casa.
Le prime notti mi presentai alla porta di mia sorella per chiedere asilo, ma lei non voleva sentire ragioni “se per tre mesi all’anno posso avere una camera mia, non vedo perché non dovrei approfittarne, poi non mi va di disubbidire alla mamma” see, sai quanto gliene importava delle raccomandazioni della mamma, a lei interessava poter stare al telefono ore con le sue amiche senza essere disturbata e invitare qualcuna di queste a dormire da noi.
Rimanevo li nel mio letto a piagnucolare. Fissavo quella porta che pur restando aperta mi divideva dalla mia sicurezza. I nonni capirono il mio disagio e appena davano a Miriam l’ordine di spegnere le luci il nonno veniva a prendermi e mi faceva dormire con la nonna mentre lui prendeva il mio posto. Mia sorella non si accorse mai di nulla, o forse fece finta di niente, un tacito accordo tra noi, lei non faceva la spia e io non dicevo a papà di quanto spendeva in ricariche telefoniche.
I fine settimana in cui papà e mamma ci raggiungevano , dovevo dormire sola. Era un conflitto di sentimenti, aspettavo con ansia il venerdì sera per rivedere i miei genitori e al contempo non vedevo l’ora che fosse domenica per poter dormire nuovamente con la nonna. Mentre rimanevo li nel mio letto ad ascoltare i rumori delle altre stanze mi sembrava che nella mia si formasse una sorta di bolla che attutiva tutto, come per allontanarmi sempre di più. Feci mettere un chiodo sul muro dietro la porta, ci legai uno spago e lo fissai alla maniglia, in questo modo ero sicura che non si sarebbe mai chiusa e potessi sentire tutto.
Non capivo perché fosse tanto importante che io dormissi da sola, c’è qualche legge che dice che dai 10 anni in poi non puoi dormire nel lettone? No, e allora? Perché io non potevo?
Tra varie paure ed escamotage per superarle, passò anche l’estate. Credo che in vita mia non abbia mai desiderato tanto l’inizio della scuola come quell’anno. Ma sapevo che la questione era solo rimandata. Infatti ci furono ancora qualche fine settimana da superare. All’inizio di ottobre, pensai che almeno per qualche mese non ci avrei più pensato. Ma giugno arrivò presto e con lui le mie paure. Dato che Miriam frequentava le scuole superiori dovette aspettare fino alla fine della scuola prima di raggiungerci, i nonni ed io invece partimmo prima, era l’ultimo anno che potevo abbandonare la scuola prima che finisse, l’anno a venire sarei stata in prima media e non sarebbe stato possibile partire all’inizio del mese.
La porta di camera mia era sempre legata al chiodo, controllai che il tutto fosse fissato bene, e che il sostegno tenesse. Con l’arrivo di Miriam senza che io dicessi nulla il nonno, appena spente le luci, scivolava nella stanza, mi portava dalla nonna e riprendeva il mio posto, come l’anno prima. Io mi sentivo sicura, la nonna chiudeva la porta, ma non mi importava perché io non ero sola. Quell’estate feci tante amicizie, mi divertii moltissimo. Con le mie amiche facevamo spesso gite ed escursioni nell’entroterra, la sera ero talmente stanca che mi addormentavo sempre prima che il nonno venisse a prendermi. Tra il gruppo di amici c’era anche Giorgio, un ragazzino della mia età, non so perché ma il suo sorriso mi faceva uno strano effetto, spesso mi ritrovavo a pensarlo e se dovevamo incontrarci tutti insieme speravo sempre che lui ci fosse e che si mettesse a fianco a me. Giorgio era del posto, per cui, mentre la maggior parte della compagnia si riformava di settimana in settimana noi due restavamo i pilastri portanti. Inevitabile quindi che diventassimo grandi amici. Non era la prima volta che avevo come migliore amico un maschio, però quell’estate era diverso, mi piaceva stare con lui, e divenni gelosa delle altre ragazzine.
I nonni si accorsero della mia simpatia speciale, e anche Miriam, la quale non perdeva occasione per prendermi in giro, diceva che ero “innamorata”. Quella definizione mi faceva imbestialire, più che altro mi infastidiva che qualcuno avesse capito prima di me i miei sentimenti.
Mi ritrovavo sempre più spesso a pensare a Giorgio la sera prima di addormentarmi, a fantasticare su di lui. I rumori che arrivavano dalle altre camere mi davano fastidio, disturbavano la mia fantasia. Ero li nel mio letto e mi accorsi che il nonno mi stava chiamando già da qualche minuto “Lidia che fai non dormi con la nonna oggi?”
“umm, no fa niente, resto qui”
“va bene tesoro, buona notte”
“ ’notte nonno..ah, nonno?”
“si?”
“chiudi la porta per favore?”
Finalmente al buio e al silenzio della mia stanza mi senti al sicuro, libera di pensare e di sognare.
Era un gesto semplice quello di chiudere la porta, ma solo molto tempo dopo capii che con quell’atto avevo salutato la mia infanzia.

© Valeria Biffi





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