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Luoghi comuni (ma non troppo)
di Carla Montuschi
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Capita, a volte, nel traffico convulso ed assonnato del mattino di imbattersi in tizi strani, persone fuori dall’ordinario. Capita così che nell’ebbrezza torpida dell’affacciarsi di un giorno nuovo, rosso di sole ancora tiepido e zuppo d’aroma di caffè , nascano discorsi, se così in modo anche un po’ aulico vogliamo chiamarli,  che non ci si sarebbe mai aspettati di esser capaci di intessere.

Magra, allampanata e nervosa la tizia in questione procedeva a lunghi passi e se non fosse stato per quella sua intolleranza un po’ superba non ci saremmo neppure soffermate.

Un urto lieve e, dato l’affollamento del marciapiede, quasi inevitabile, fu il pretesto per fermare il tempo ed aprire una partesi che tendeva, invero già al suo esordio, al diverbio acceso.

“Mi scusi… mi dispiace..”

dissi io…

Ma un’occhiata scostante aveva già espresso il suo  parere, ancor prima che aprisse quella sua bocca i cui angoli piegavano spietatamente verso il basso in segno di anticipato disprezzo.

“Eh, già… come se bastasse scusarsi… Ma non guarda dove mette i piedi? Lo sa, poteva anche farmi cadere con il rischio che mi rompessi qualcosa!”

Esagerata… pensai io, ma valutando il colore livido del suo viso preferii non esplicitare il mio pensiero, era una giornata ancora da vivere, perché avvelenarla sin dal suo inizio…

“Sono sinceramente dispiaciuta, ma sa, forse sono ancora un poco addormentata e con tutta questa gente poi… non l’ho proprio fatto apposta!”

Mi aggredì…

“Ci mancherebbe anche che l’avesse fatto apposta… Se non è ancora del tutto sveglia perché impiccia la strada, avrebbe fatto meglio a restarsene a casa maleducata che non è altro!”

A quell’aggressione però non resistetti…

Maleducata io? E per che cosa, per aver lievemente urtato la sua spalla?  Per così poco i miei genitori meritavano di essere etichettati come degli incapaci ed io come il risultato del loro deludente tentativo di allevarmi?

“Perdoni, ma ora mi par proprio che Lei stia esagerando forse quella che doveva restare a casa a riposare ancora un poco era Lei!”

La risposta mi travolse ancora una volta, mentre la guardavo incredula soffiar voce come un flauto stridulo, per tutta la nervosa lunghezza della sua statura.

“Lei non sa chi sono io. Io sono LA Signora Taldeitali e se continua su questo tono mi vedrò costretta a chiamare le Forze dell’Ordine!”

Mi lasciai trascinare e, travolta da un’onda di irrazionalità invece di voltarle le spalle ed andarmene, risposi:

“Sinceramente non mi interessa chi Lei sia poiché questo non le da il diritto di aggredirmi in questo modo…”

Non mi lasciò neppure il tempo di finire la frase:

“Io, stante la mia posizione, posso rivolgermi ad UNA Signora Qualunque, qual è in modo evidente Lei, come voglio. Sto invece cercando di farle capire che Lei non è nella posizione per potersi neppure rivolgere a me, figuriamoci poi sfiorarmi!”

Cominciavo quasi ad essere curiosa:

“Ah, interessante, e quale sarebbe dunque questa sua importante posizione?”

Rispose:

“Ci vogliono le credenziali, qualifiche e riferimenti, insomma una lunga bibliografia che trasformi il senso anonimo di UN’ esistenza Qualunque in una vita come la mia, una vita che meriti l’articolo determinativo LA… io infatti sono LA Signora mentre lei è UNA Signora, differenza sottile che forse Lei, dati i suoi limitati riconoscimenti culturali e cognitivi non può cogliere…”

Sembrava una pazza e non riuscivo a scegliere se alterarmi o compatirla. Allora scelsi, nel dubbio dell’incertezza,  l’ironia.

“Ma quale fortunato incontro, anzi scontro, giacché la mia povera presenza l’ha importunata, La prego mi illumini chiarendomi a cosa allude quando cita credenziali, qualifiche e riferimenti in modo che dalla sua spiegazione possa trarre un qualche profitto”.

Il viso stazzonato sino ad un momento prima da una smorfia altezzosa, le si spiegò in un’aria giusto un poco più accondiscendente, necessaria per poter trasmettere la parvenza di un insegnamento.

A quel punto mi domandò:

“Se mi consente, lei che studi ha fatto?”

Seccata le risposi che non ritenevo importante che studi avessi fatto, il rispetto non si inchina solo innanzi alla cultura. Ma ella in tono saccente mi rispose che se fossi stata più erudita avrei avuto il dono di discernere fra compatimento e rispetto in quanto essi sono sentimenti che, sebbene possano apparire assai simili nel tono dell’umore, nascono in luoghi molto distanti dell’initimità di un individuo.

Iniziò poi a sciorinarmi una lunga serie di titoli ed onorificenze, pubblicazioni ed orazioni, spiegandomi che tutto ciò avvalorava il suo percorso al punto tale da renderlo più rilevante del mio. Lei era socialmente riconosciuta, patrimonio di origine DOC.

Sorrisi fra me e me pensando che esistono anche dei salami di origine DOC  e quell’immagine ne trascinò con sé altre portandomi ad accostare vino e spirito DOC. Già, solo con uno sofisticato spirito DOC sarei potuta uscire da quella situazione folle.

La pazza DOC colse il mio sorriso e lo descrisse come un segnale di ebete ignoranza difficilmente riabilitabile. Poteva mai cotanta cultura colmare in un solo istante la voragine di pensieri non riconosciuti e dunque arbitrari  con cui si era scontrata? A lei ci erano voluti degli anni per diventare LA Signora Taldeitali mentre io non mi ero mai preoccupata di emergere e distinguermi dalla folla con l’avvallo delle comunità scientifiche, io semplicemente avevo optato per il libero arbitrio e ciò mi aveva confinato nell’ambito del pensiero qualunque, quello non riconosciuto dalla collettività…

Pensai che fosse paradossale, adottare un protocollo significava per LA Signora Taldeitali acquisire peso, spessore assumere un articolo ben definito mentre a me, solo a pronunciare la parola “protocollo” veniva ansia, desideravo immediatamente di sfuggire a quel senso di determinazione che mi avrebbe rinchiuso entro limiti superiori a quelli che sentivo già miei.

UNA, LA, che importava… i pensieri che non vengono riconosciuti validi da una comunità  possono mica essere buttati via così semplicemente, mica si possono buttar via interi tratti di vita…

E poi le idee migliori son proprio quelle che nascono fuori dal coro, l’originalità è un pregio. Il protocollo è necessario a far ordine ma non può campare senza le idee fuori dal coro. I dogmi non possono evolvere se all’improvviso non urtano contro idee diverse, senza scossoni le convinzioni inaridirebbero sino a morire.

A dire il vero ora mi seccava un po’ guardare il percorso dei miei pensieri. Stando a quel ragionamento dovevo quasi essere contenta di aver urtato LA Signora…

La guardai cercando di trovare disperatamente un barlume di simpatia. Il raziocinio dettava quello, in fondo potevamo essere complementari ma l’eccesso di diversità rendeva il tentativo di avvicinarsi pressoché impossibile….

Io mi sentivo libera e lei mi appariva fissa. Ma, al contempo io mi perdevo negli eccessi e lei sembrava sapere sempre dove fosse la strada corretta. Potevamo mai trovare un punto d’accordo? E perché mai il suo esser LA doveva per forza risultare migliore del mio esser UNA?

Capii che si trattava solo di fare una scelta.

Voltai la faccia ed andandomene feci spallucce alle certezze DOC. Esser UNA poteva apparire scialbo, ma in vero non avevo bisogno del riconoscimento LA per sapere di esser unica.

Sul marciapiede, dietro le mie spalle, rimasero impietrite LE certezze statuarie, fisse come la loro rivendicata importanza.

© Carla Montuschi





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