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Era seduto sulla poltrona, stravaccato, sguardo perso nella parete bianca, ipnotica.
Cominciò a passare in rassegna le persone che non vedeva da tempo e che forse non avrebbe mai più rivisto.
Pensò a come sarebbe stato rivederle per un caso fortuito, a quella strana sensazione; un misto inestricabile di piacere, fastidio, imbarazzo, eccitazione.
Si stese ancora di più sul divano.
In tv c’era la pubblicità di una crema snellente.
Sembrava funzionasse; su quella ragazza, almeno.
Suonarono alla porta.
Si alzò, si diresse con passo incerto e barcollante verso l’ingresso.
Guardò dallo spioncino.
Erano loro. Erano tutti quanti loro.
A suonare era stata la sua ex: si erano lasciati due anni prima e non si erano più rivisti.
Alle sue spalle, il compagno di banco del liceo.
Aveva la stessa faccia di allora, solo sul corpo di un quarantenne.
Erano una moltitudine, tutti lì sul pianerottolo.
Tornò in salotto.
Poi si diresse verso il bagno. Aprì l’armadietto dei medicinali e ne prelevò la confezione di antidepressivi.
Tornò a sedere sulla poltrona.
Che strana idea gli era venuta…..
Rivedere le persone che non vedeva da anni!
Tornò barcollando all’ingresso. Sentì puzza di urina.
L’emozione.
Pazienza, ormai era troppo tardi.
Guardò dallo spioncino.
Erano tutti nudi.
La sua ex aveva la buccia d’arancia sui fianchi e sui glutei.
Il suo compagno di banco, il pisello piccolissimo.
Sentì un vociare: “Apri! Apri cretino! Abbiamo freddo! Non vedi che siamo nudi? È inverno, per quale motivo ci hai fatti venire qui?”.
Tornò di nuovo in salotto e sprofondò nuovamente sul divano.
Stava sudando, puzzava.
Doveva trovare il modo di liberarsi di tutta quella gente.
Per sempre.
Si alzò e andò in camera da letto.
Nell’armadio a muro aveva un fucile automatico. Lo caricò.
Fantasmi, zombi, o qualsiasi altra cosa fossero, doveva fargli saltare il cervello.
Aveva sentito dire che si faceva così.
Tornò all’ingresso.
Sentì degli strani versi: erano dei mugolii, dei sospiri.
Guardò dallo spioncino.
Tutti si massaggiavano con tutti.
La sua ex, il compagno di banco, il prete che gli aveva fatto la comunione, il barbiere di quando viveva dai suoi genitori.
“Avevamo freddo! Che cosa volevi che facessimo? Stare qui a morirci di freddo?”.
Spalancò la porta e fece fuoco nel mucchio.
Schizzi di sangue un po’ ovunque. Il sapore non era proprio di sangue; sembrava più pomodoro misto ad aglio.
Gazpacho.
Tornò in salone e si stravaccò di nuovo sulla poltrona.
Rivedere le persone che non vedeva da tempo.
Improvvisamente gli balenò un altro pensiero; il sumo, che strano sport!
Giganti enormi in mutande che si prendono a spintoni.
Suonarono nuovamente alla porta.
Non aveva alcuna voglia di andare a vedere chi fosse; magari un lottatore di sumo.
Sullo schermo della tv, una strana nebbiolina.
La pubblicità della crema snellente era ricominciata dall’inizio.
C’era una parte che si era perso.
Dalla strada una luce azzurra lampeggiante.
Oltre la tv, davanti a lui, la parete sempre uguale, sempre bianca.
©
Flavio Carbone
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