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Leonard ricordava ancora quando tutto era cominciato. Era stato dopo che la tapparella in camera da letto era crollata di schianto, rimanendo per un terzo dentro il cassone e per il resto a terra. La caduta aveva bloccato la finestra, lasciando uno spazio di circa trenta centimetri in alto da cui filtrava la luce, di giorno e di notte. Leonard non riusciva a prendere sonno se la stanza non era immersa nel buio e, da quando si era verificato il fastidioso inconveniente, aveva cominciato a indossare, prima di andare a dormire, una di quelle mascherine che si danno sugli aerei. La nuova abitudine si era integrata presto negli altri suoi rituali serali: appena cominciava a sentirsi assonnato, Leonard poggiava sul comodino il libro che non finiva mai di leggere, indossava la mascherina e se la calcava sugli occhi, spegneva la luce del piccolo abat-jour con il tocco della mano e si stendeva a letto. Grazie a quel piccolo accorgimento, il sonno arrivava in fretta e lui dormiva così bene che si era persino dimenticato di fare riparare la tapparella. Il fatto straordinario avvenne una mattina uguale a tante altre. Leonard si era svegliato presto, come d’abitudine, e si stava godeva gli ultimi momenti di tranquillità al calduccio, in attesa di scattare fuori dal letto al trillo della sveglia come un centometrista al colpo di pistola. Appena quella cominciò a strombazzare, allungò una mano fuori dalle coperte e la spense tentoni. Sollevò il busto, tolse la mascherina e… lo vide. L’uomo era seduto ai piedi del suo letto. Leonard trattenne un urlo. Un ladro – pensò – qui, in casa mia! Non capiva come quello fosse riuscito a entrare e cosa volesse da lui, ma la parola pericolo, a colori sgargianti, prese a lampeggiare nella sua testa. La calma dell’altro lo indusse a riflettere. “Chi è lei?” gli chiese, non appena il suo cuore ebbe smesso di galoppare. “Come chi sono!” rispose quello, sorpreso. “Non mi riconosci?” Vedendo tuttavia che Leonard lo fissava con occhi vacui, si decise a rivelare la sua identità. “Sono Lunedì” annunciò, come se quelle parole dovessero spiegare tutto. “Cosa ci fa in camera mia?” domandò Leonard, ancora frastornato. Per un attimo, sperò che si trattasse soltanto di un sogno, ma l’uomo era davvero davanti a lui. “Sono qui per accompagnarti lungo la giornata” rispose, serafico, Lunedì. “Accompagnarmi… dove?” balbettò Leonard a cui parve di vedere uno sguardo di commiserazione negli occhi del suo interlocutore, subito dopo che ebbe formulato la domanda. “Lungo la giornata” ripeté invece con pazienza Lunedì. Leonard decise di non indagare oltre e di comportarsi come se nulla fosse successo. L’uomo che si era presentato come Lunedì gli sembrava ora meno pericoloso di quanto non gli fosse parso all’inizio e lui non voleva rischiare di arrivare tardi al lavoro. Scostò la coperta, si alzò e andò in cucina a preparare la colazione. Lunedì lo seguì, rimanendo sulla soglia della stanza a osservare i suoi movimenti. Leonard riempì la caffettiera e la mise sul fornello. Mentre aspettava che l’acqua bollisse, prese un tovagliolo da un cassetto, lo stese sul tavolo e vi poggiò sopra tazzina, posate, pane e marmellata. Ad un tratto si bloccò. Viveva solo da così tanto tempo che rischiava di scordare le buone maniere. “Vuole un caffè?” chiese a Lunedì con tutta la cortesia di cui era capace di prima mattina. “Tranquillo, io non mangio!” lo rassicurò quello. “Non badare a me, fa’ come se io non ci fossi.” Leonard pensava che era più facile a dirsi che a farsi. Sentiva lo sguardo dell’altro fisso sulla sua persona e cominciava a innervosirsi. Finito di mangiare, si diresse in bagno e anche stavolta Lunedì lo seguì. La cosa si sta facendo imbarazzante – si disse Leonard tra sé e sé. “Può restare fuori, per favore?” chiese a Lunedì, cercando di mantenere un tono di voce calmo. L’altro uscì e lui chiuse a chiave la porta, per la prima volta da quando abitava in quella casa. Rimasto solo, si preparò con cura. I gesti consueti lo tranquillizzarono e, quando tornò in camera per vestirsi, si concesse il lusso di osservare con più attenzione quel misterioso Lunedì che gli era capitato tra capo e collo. Si accorse soltanto allora che l’uomo aveva i capelli scarmigliati e indossava un maglione informe sopra pantaloni sgualciti. “È tutto a posto?” gli chiese, indicando gli abiti. “Ah, questo!” esclamò l’altro, stiracchiando il maglione su entrambi i lati. “È del tutto normale per un Lunedì!” Leonard si rassegnò ad andare al lavoro accompagnato da quello strano personaggio e, una volta in ufficio, si accorse che non era fastidioso come aveva temuto. Lunedì si limitava a stargli accanto e a osservarlo. Ogni tanto curiosava tra le sue carte, ma sempre con fare svogliato. Dopo un po’, Leonard si dimenticò di lui e si immerse nel lavoro. Allo scoccare delle cinque lasciò l’ufficio, puntuale come sempre. Lunedì lo seguiva come un’ombra, ma lui ci aveva quasi fatto l’abitudine e, arrivato a casa, si comportò come se l’altro non ci fosse. Riscaldò una minestra surgelata, la mangiò e, dopo avere guardato un po’ di televisione, si preparò per andare a letto, indossando pigiama e mascherina. Andare a dormire presto era un’altra delle sue abitudini e non vi avrebbe rinunciato per niente al mondo. Lunedì intanto si era accomodato ai piedi del letto, nella stessa posizione in cui lo aveva trovato il mattino. Leonard temeva che non sarebbe riuscito a prendere sonno con l’altro che lo fissava e invece si addormentò senza fatica. Al risveglio, si sentiva fresco e riposato. Tolse la mascherina e si guardò intorno con cautela. Lunedì non c’era più e lui si sentì sollevato. Stava cominciando a pensare che il giorno prima doveva avere avuto un’allucinazione, quando sentì profumo di caffè. “Lunedì?” chiamò. Non ottenendo risposta, si alzò e andò dritto in cucina dove trovò un uomo, girato di spalle, che armeggiava con la sua caffettiera: dopo averla svuotata e lavata, la stava mettendo ad asciugare sul lavello. “Lunedì?” ripeté incerto. “Lunedì è andato, io sono Martedì” si presentò l’altro, voltandosi verso di lui. In effetti, i due non si somigliavano per niente. Martedì indossava un completo grigio scuro con camicia azzurra senza una piega e una cravatta a righe. Aveva l’aspetto di un dirigente d’azienda, mentre Lunedì gli era sembrato piuttosto uno studente fuoricorso. “Presto, beva il caffè, si fa tardi!” lo esortò Martedì. Quello non fu che l’inizio! Martedì sembrava avere sempre fretta e si comportò a quel modo per tutto il tempo. Controllò il suo lavoro e gli diede suggerimenti. Sotto il suo pungolo, Leonard finì in un sol giorno quello che di solito faceva in tre e ricevette i complimenti del capo, prima di lasciare l’ufficio. “Allora?” gli chiese Martedì con un sorriso compiaciuto, quando furono a casa. “La giornata non è andata poi così male!” Leonard ne convenne, ma si sentiva anche sfiancato dall’energia inesauribile di Martedì e quella sera si addormentò più presto del solito. La mattina seguente si destò di soprassalto al suono della sveglia. “Finalmente!” sentì esclamare da una voce festosa. Leonard tirò via di scatto la mascherina, si stropicciò gli occhi ancora pieni di sonno e vide qualcuno avvicinarsi a passi svelti al suo comodino e armeggiare con la sua radio. La musica esplose a tutto volume nella stanza e il tipo si mise a ballare. “Mercoledì?” bisbigliò Leonard. “Sì” esclamò l’altro, continuando a dimenarsi, mentre lui lo guardava sbalordito. Mercoledì aveva lunghe treccine annodate sotto un cappellino di lane arcobaleno e indossava una camicia a fiori tropicali e calzoni color girasole. Non notarlo era impossibile e Leonard, preoccupato al pensiero di dovere trascorrere un’intera giornata in sua compagnia, uscì di casa, preparandosi al peggio. Appena salirono in macchina, Mercoledì regolò il volume della radio al massimo e continuò ad agitarsi lungo tutto il tragitto. Anche in ufficio, non stette mai fermo. Gironzolava per la stanza, ballando e canticchiando, mentre il povero Leonard, seduto alla scrivania, cercava di concentrarsi. Esasperato, gli diede qualcosa da leggere, sperando di tenerlo buono, ma fu inutile. Con Mercoledì che lo intralciava, la giornata sembrava non finire mai e Leonard ringraziò col pensiero Martedì per avergli permesso di portarsi avanti con il lavoro. Quando venne l’ora di rincasare, Mercoledì si lamentò di essersi così annoiato da volere guidare lui a titolo di risarcimento. Per sua sfortuna, Leonard glielo permise e quello ne approfittò per prendere tutta un’altra strada, portandolo in una trattoria dove servivano una cucina per stomaci guerrieri. Leonard era un igienista convinto e curava molto la propria alimentazione. Mangiava frutta e verdura e soltanto piatti di cui era sicuro di riconoscere tutti gli ingredienti. Di fronte al cibo appiccicaticcio e piccante che il cameriere aveva lasciato in fretta sul loro tavolo, si sentiva titubante. “Dai, Lenny, mangia! Per una volta, non ti ucciderà!” lo incoraggiò Mercoledì. Pur di farlo smettere, Leonard si servì e, con sua grande sorpresa, trovò tutto gustoso. Dopo cena, Mercoledì lo trascinò in un locale da ballo. Leonard pensava che agitarsi su una pista non fosse consono a una persona dignitosa quale lui si reputava, ma lo scatenato Mercoledì insistette tanto che alla fine lui prese coraggio e si buttò. I suoi timori svanirono, quando vide che nessuno gli badava e dovette ammettere con sé stesso che si stava divertendo. Mezzanotte arrivò in fretta, senza che lui se ne accorgesse. Quando guardò l’orologio, erano quasi le tre e Mercoledì era scomparso da un pezzo. Leonard si avviò verso il parcheggio e, quando raggiunse la sua macchina, vi trovò seduto all’interno un signore anziano con barba e capelli bianchi, vestito con abiti decorosi ma appassiti da tempo. “Giovedì?” gli chiese, sedendosi al volante. L’avvicendarsi di quei personaggi cominciava a sembrargli del tutto normale. L’uomo fece segno di sì con la testa e lo accompagnò a casa in silenzio. Una volta dentro, rimase seduto composto in soggiorno, mentre lui si buttava di peso sul letto. Anche il nuovo venuto lo accompagnò al lavoro e si comportò come un Martedì, ma con un pizzico di saggezza in più. Dopo lo stancante Mercoledì, Leonard trovò che Giovedì fosse più adatto ai suoi ritmi e, quella sera, decise di rimanere sveglio per scoprire come Venerdì lo avrebbe sostituito. Si accomodò alla meglio su una seggiola, con il solito libro davanti, sperando che lo stare così scomodo gli avrebbe impedito di prendere sonno. Tuttavia, anni di abitudine e le ore piccole del giorno precedente ebbero la meglio e lui addormentò, senza riuscire nel suo intento. L’indomani fu preso dal panico, quando scoprì che Venerdì era un bambino. Poteva avere al massimo quattro o cinque anni e lui non sapeva cosa fare. Per sua fortuna, si accorse presto che il bimbo era buono: non faceva capricci e non toccava niente senza prima chiedere il permesso. In compenso, faceva molte domande. Quel giorno, Leonard rimase a casa e trascorse il suo tempo rispondendo ai mille perché del piccolo e trasformando per lui oggetti comuni in buffi giocattoli. A sera, Venerdì gli chiese di raccontargli una favola. Leonard scavò nella sua memoria, ma non gliene venne in mente nessuna, così ne improvvisò una di sua invenzione. Al bimbo piacque tanto che alla fine gli gettò i braccini al collo e lo baciò su una guancia. Il gesto lo commosse. Sabato era un donnone energico con scarpe quadrate e caviglie di chi ha lavato molte scale. Bistrattò Leonard per tutto il giorno, portandolo a fare la spesa e non perdendo occasione per dargli consigli pratici. Come se non bastasse, al loro rientro, lo costrinse a fare le pulizie di casa. Leonard non ricordava più da quanto tempo il suo appartamento non subiva una strigliata del genere, ma alla fine della giornata tutto profumava di fresco e ogni cosa era al suo posto. Prima di andare a letto, ringraziò compito Sabato per l’aiuto ricevuto, anche se in cuor suo non vedeva l’ora che arrivasse Domenica. La sua attesa fu premiata perché quello fu un giorno davvero particolare. Chissà come, aveva dimenticato di indossare la mascherina e si era svegliato con la luce del sole che gli batteva sugli occhi. Si era girato dall’altro lato per ripararsi e aveva visto la ragazza, distesa accanto a lui. Lei era fragile, trasparente e bionda. Dormiva ancora e i raggi del sole mattutino l’avvolgevano, creando un’aura luminosa attorno al suo corpo. Leonard aveva poggiato la testa sul gomito ed era rimasto a osservarla a lungo. “Buongiorno!” aveva detto lei, svegliandosi con un largo sorriso nei grandi occhi azzurri. “È Domenica?” le aveva chiesto. “Sì. Pronto per andare al mare?” aveva risposto la ragazza. Era il primo giorno di sole di una tarda primavera che sembrava ancora inverno e a Leonard la proposta era sembrata accettabile. In tanti avevano avuto la loro stessa idea e la litoranea era intasata. Leonard odiava gli imprevisti, ma quel giorno non ci aveva badato. Aveva approfittato dei momenti in cui il traffico si bloccava per guardare la ragazza seduta al suo fianco. Lei risplendeva ancora della luce che l’aveva avvolta il mattino. Arrivati in spiaggia, avevano passeggiato, raccolto conchiglie, guardato i gabbiani seguire le loro rotte e parlato. Leonard non era mai riuscito a destreggiarsi con le donne, ma Domenica sembrava capirlo ancor prima che aprisse bocca. Il tempo in sua compagna era volato. Prima era arrivato mezzogiorno e poi il tramonto. Leonard avrebbe voluto riportare indietro le lancette dell’orologio, ma quelle avevano continuato a girare indifferenti. “Ti rivedrò?” le aveva chiesto speranzoso, all’approssimarsi della mezzanotte. “Nessuna Domenica è uguale a un’altra” aveva risposto lei con dolcezza. Così era stato. Molti altri giorni si erano succeduti da allora, ognuno diverso dall’altro. La vita di Leonard era cambiata e lui non si era mai più sentito solo. Aveva incontrato altri lunedì arruffati e molte domeniche sorridenti e ognuno di loro aveva grattato via un pezzo delle sue convinzioni, lasciandogli in cambio un dono inatteso. Tutti erano svaniti sotto cumuli di memorie, ma anche adesso che erano trascorsi più di vent’anni dall’incontro con il suo primo Lunedì e i giorni che venivano a visitarlo sembravano sempre meno entusiasti, di tutti quelli passati, il solo che Leonard non sarebbe mai riuscito a scordare era quell’unica, bionda Domenica.
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Maria Lipartiti
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