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Ore sette. Suona la sveglia. Sì, lo so che sono in vacanza e che dovrei poltrire fino alle undici per poi girovagare con indolenza senza meta e orari, ma sono in Toscana! Sveglio Sonia che dorme nel letto vicino al mio, la guardo mentre si stropiccia gli occhi, si allunga pigramente i muscoli delle braccia e mi dice “ mi alzo mi alzo”. Venti minuti dopo siamo sedute intorno a un tavolo tondo, al centro una composizione di fiori secchi, davanti a noi una ciotola di yogurt e cereali, una crostata di mirtilli. Le dico, “solo due giorni fa eravamo a Taranto, totalmente coinvolte dal lavoro, la casa, il marito e non immaginavamo neanche che oggi saremmo state qui, in questo meraviglioso albergo senza neanche il ricordo di un problema…è fantastico, non credi? Voglio dire, non aver programmato nulla e trovarci come per miracolo a Firenze a fare quello che ci piace di più, passeggiare per ore alla ricerca di vite in movimento e gustare ottimi vini!” Lei mi sorride, dice “ancora non ci credo, tre giorni solo per noi, senza impegni e responsabilità”. Alle otto siamo già fuori, a sorprendere una città nelle sue abitudini più intime. Mamme amorevoli che accompagnano i loro figli a scuola, il bacio sulla fronte, la carezza sui capelli. Commesse più o meno eleganti che prendono il caffè al solito bar, racconti colorati della sera prima. Professionisti con valigetta che urlano dal cellulare indicazioni a collaboratori distratti. Uomini d’affari che volano con le loro auto extra lusso all’aeroporto per chissà quali e quanti impegni. E poi io e Sonia che sorridiamo ancora, sembra quasi fisso questo sorriso, stampato sulle nostre facce con una sottile incredulità. Siamo noi e stiamo qui, fiorentine d’adozione, a confonderci fra la gente. Passiamo davanti al Palazzo della Signoria, ci guardiamo per un attimo negli occhi e tutta la complicità della nostra amicizia di vent’anni esplode in una sonora risata. Abbiamo domani per visitare palazzi e musei, oggi dobbiamo vivere lo spirito della città, sentirla nostra. In queste piccole stradine del centro storico si respira un’aria d’altri tempi. Sonia mi dice “ma ci pensi, qui hanno passeggiato Dante, Donatello, Raffaello…proprio qui, in questa piccola via.” Le sorrido, dico “ sì, fa uno strano effetto anche a me trovarmi in un luogo così denso di storia. Ogni piccolo pezzo di questa città ha una vita da raccontare”. Passiamo davanti a Palazzo Mellini Fossi e restiamo in silenzio qualche minuto, affascinate dall’affresco della sua facciata. E all’improvviso, dopo esserci fermate ad ammirare decine e decine di palazzi e chiese ci rendiamo conto che sono le sei e siamo digiune e che alle otto comincia la serata in enoteca, comincia il vero motivo per cui siamo qui. Degustare i migliori rossi toscani che un gruppo di apprezzati enologi ha scelto per l’occasione. Io e Sonia, fra le mille passioni che abbiamo in comune, mettiamo al primo posto l’amore per il vino, rigorosamente rosso e corposo. Corriamo in albergo, una doccia veloce ed eccoci di nuovo fuori, di nuovo con il sorriso stampato sulle labbra. L’enoteca è intima e accogliente. Ci viene incontro un somelier dai gesti morbidi, ci stringe la mano, ci accompagna a un tavolo già occupato da due donne, anche loro sorridenti. Ci dice “ abbiamo organizzato i tavoli in base alla breve scheda che ci avete inviato. Sono certo che vi troverete bene.” Porgiamo la mano alle due signore e loro ci restituiscono una stretta vigorosa. Giulia e Bianca, romane, trentanove anni, compagne di scuola, single e appena separata. Il nostro somelier ci lascia chiacchierare per un po’ e quando sembriamo ormai vecchie amiche che si rivedono dopo anni di lontananza si avvicina a noi timidamente, ci porge dei crostini, dice “ possiamo cominciare?”, “ma certo!” rispondiamo quasi in coro. “Allora, il primo vino che voglio farvi degustare è un Chianti classico, Sangiovese 100%. Ha un gusto morbido, con aromi di frutta e spezie”, e lo versa in dei calici a tulipano, con la bocca che si restringe un po’. Inspiro piano per sentirne l’odore, faccio roteare leggermente il mio bicchiere, guardo le lacrime che si formano sul vetro, mi avvicino di nuovo per sentirne ancora il profumo. E’ una specie di danza, un rito al quale non posso sottrarmi. E quando lo avvicino alla bocca e lo trattengo sotto il palato sento i miei sensi dilatarsi e inchinarsi davanti a un tale equilibrio di sapore. E allora mi guardo intorno e vedo le mie amiche, coinvolte e assorte come me, in silenzio, pronte ad accogliere le emozioni che il nostro Chianti può regalarci. E’ Sonia la prima a parlare “ragazze, fermatevi un attimo. Cosa provate quando questo fluido meraviglioso, così giovane eppure già ben strutturato, scivola dentro di voi? Ci sarà un momento, una persona a cui associate questo sapore…” Penso a quanto sia stranamente facile parlare dei propri pensieri più intimi con persone che si incontrano per la prima volta, che non vedremo mai più. Giulia sorride, dice “ beh, io penso a un viaggio dalle vostre parti, a Gallipoli. Facevo un giro in barca con altri turisti. Lo skipper era giovane, i suoi muscoli erano disegnati con maestria su un corpo forte e vigoroso. Ricordo che aveva intorno alla testa una maglia bianca sistemata come un turbante. L’ho guardato per tutta l’escursione, poi, quando mi ha aiutata a scendere, ha detto “ti aspetto alle nove, proprio qui”. La sera, quando sono arrivata, l’ho trovato con una bottiglia di vino rosso e due ballon fra le mani, seduto al porticciolo, vicino alle reti dei pescatori. Mi è sembrata un’immagine molto romantica. Il vino era forte, pieno, morbido. Ogni sorso scioglieva un piccolo nodo e mi liberava da quell’armatura di resistenze mentali che spesso inibisce i nostri desideri. E’ stato lui a trasmettermi la passione per il vino. Non l’ho più rivisto.” Restiamo tutte un attimo in silenzio, forse disegniamo l’immagine di questo corsaro dai modi gentili, poi si avvicina di nuovo il somelier, ci cambia i bicchieri, dice “ questo è un Chianti riserva, vedete, il colore è un rosso rubino intenso, con sentori di frutti di bosco. Il gusto è pieno, caldo, maturo.” Lo versa con eleganza nei nostri bicchieri, leggermente più ampi dei precedenti, e noi lo accogliamo con un sorriso. I sensi acutizzati, le mani che sfiorano il vetro. L’attesa del dono. Ed ecco che arriva tutto, quel sentore di viola mammola, di sottobosco, di rovere e tabacco, ed ecco che scende, scende bene, e poi risale. Lo sento mentre scivola a lusingare ogni minima molecola del mio corpo, mentre scorre con orgoglio e forza, e di nuovo guardo le mie amiche e di nuovo colgo sui loro visi la stessa espressione beata di prima. “ E’ un vero peccato che io abbia sprecato questa meraviglia per lanciarla contro il mio ex marito e la sua segretaria” dice Bianca “ se solo avessi immaginato questo sapore sarei andata via con lui, con il rosso, forse avrei anche fatto una figura migliore”. Io e Sonia la guardiamo un attimo perplesse, Giulia sorride, conosce già la storia. “Vi ho raccontato prima che quando ho scoperto mio marito con la sua segretaria nel mio letto - che schifo, che uomo senza fantasia, nel mio letto con la segretaria- ho lanciato contro di loro la bottiglia che stavano bevendo. Ebbene, era proprio questa. E adesso, fra le mille possibilità che c’erano, mi viene riproposto lui, simbolo della fine ma anche di un inizio. E’ un vino che mi restituisce al mondo, che mi dona con generosità ciò che mi è stato tolto”. Il somelier non ci dà il tempo di assorbire questo nuovo racconto, si avvicina con un vassoio di formaggi stagionati, dice “ è un pecorino toscano, si abbina benissimo a questo Brunello di Montalcino.” Lo versa in nuovi bicchieri, ci mostra gli archetti molto fitti che si formano sul vetro, dice “ l’odore è intenso, persistente, con sentori fruttati di more, ribes, ciliegie. Questo è un vino che rende la vita un’esperienza meravigliosa” Sonia mi guarda, dice “ è lo stesso, vero Carla?” Annuisco con la testa, mi sembra quasi impossibile questa nuova coincidenza. Bianca e Giulia cercano di capire, ma non è facile spiegare, adesso. Intorno a noi un film al rallentatore. Figure dai contorni evanescenti che ridono di tutto e di niente. Sonia mi viene incontro, dice “è accaduto diversi anni fa. Io e Carla stavamo in un locale simile a questo. Era uno strano giorno. Sapete, quando tiri le somme e ti sembra che davanti ci sia un grande segno meno. L’università terminata da poco, il lavoro che tarda ad arrivare, la voglia e il bisogno fisico di avere un proprio posto nel mondo. E poi all’improvviso arriva il somelier e ci porta proprio questa bottiglia. Gli diciamo che non l’abbiamo ordinata ma lui ci indica due uomini seduti a un tavolo vicino al nostro. Ci dice che è offerta da loro. Noi cominciamo a bere piano e a poco a poco cambia anche la percezione di noi stesse. Siamo belle ed eleganti, intelligenti e brillanti…” “ma con i due tipi com’è finita?” chiede Bianca, “ beh, è finita che li abbiamo sposati!” E cominciamo tutte a ridere, avviciniamo i nostri calici e brindiamo a noi.
©
Claudia Girardi
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