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C'era una volta, in un paese lontano lontano, in una piccola città chiamata Nazareth, un uomo di nome Giuseppe. Voi direte che questa storia la sapete già, ma non è come credete. Quest'uomo faceva il falegname e aveva un'abilità particolare nell'intagliare il legno. Ma la necessità di campare lo costringeva a piegare la sua arte alle esigenze dei più ricchi che gli commissionavano mobili e utensili. Quando però era libero da impegni, dava libero sfogo alla sua creatività creando fantastiche sculture che prendevano vita nella sua piccola bottega riempiendola di luci e colori. Anche Maria, la donna di cui era innamorato, adorava quelle sculture e amava in Giuseppe quella sua capacità di tramutare la realtà in fantasia. Quando era con lui, Maria si sentiva felice, tutto intorno a lei si vestiva di colore e sentiva nascere dentro un entusiasmo per la vita che non aveva mai provato prima. Era convinta che il Signore le aveva regalato il sogno di costruire un esistenza con Giuseppe, e non per caso si erano incontrati. Quel giorno però, quando quell'uomo di luce le era apparso raccontandole che sarebbe diventata madre, Maria si sentiva sconvolta, e per la prima volta ebbe paura di Giuseppe, di leggere nei suoi grandi occhi scuri la delusione e l'incredulità. Ed all'inizio così fu, Giuseppe abbassò lo sguardo e rimase in silenzio. Maria si sentì trafitta da quel silenzio che le si conficcò nel cuore come una pugnalata. Ma troppo grandi erano la fede nel suo Signore e l'amore per Giuseppe per farla disperare e aspettò, aspettò con fiducia il giorno in cui il suo uomo avrebbe capito il Mistero custodito nel suo grembo. Un giorno, quando ormai era giunto il tempo fissato per le nozze, Giuseppe la mandò a chiamare. S'incontrarono in quella bottega, lì dove i sogni prendevano forma e si trasformavano in legno. Lì Giuseppe la tirò a sé e la cinse in un abbraccio e restarono lì, immobili, a raccontarsi tutto il loro amore e a farsi coraggio l'un l'altro. In una mano Giuseppe stringeva un piccolo cavallino di legno che aveva costruito pensando a quel bambino che già sentiva suo. Emanava ancora il profumo del legno fresco, dell'albero più bello che Giuseppe aveva scelto per quel piccolo germoglio che stava crescendo nel ventre di Maria. Quel cavallino diventò il giocattolo preferito del bambino che fu chiamato Gesù. A lui si abbracciava quando le notti diventavano troppo lunghe e buie, quando si sentiva solo e aveva paura. Il profumo del legno gli ricordava suo padre, la sua bottega, le ore passate con lui ad imparare il mestiere del falegname. Anche quando diventò grande e suo padre lo aveva lasciato, quel cavallino accendeva in lui il calore dell'abbraccio di Giuseppe, delle sue grandi mani profumate di legno che lo consolavano quando non riusciva a dare vita al legno come faceva il suo papà. Quando il tempo si compì e giunse la sua ora, Gesù ebbe paura, sentiva il Padre celeste lontano e si sentì abbandonato. Inchiodato al legno della croce, si sentì terribilmente solo, anche Dio sembrava essersi dimenticato di lui. Il dolore era insopportabile e si sentiva venire meno. Reclinò la testa di lato aspettando che la morte prendesse il sopravvento sulla crudeltà degli uomini regalandogli finalmente l'abbraccio del Padre. Un odore forte penetrante, promanava dal legno della croce. Quell'odore sapeva di casa, del pane cucinato da Maria, della bottega di Giuseppe, delle notti trascorse abbracciato al suo cavallino aspettando che arrivasse l' aurora. Così si abbracciò a quella croce e si abbandonò ad essa sicuro che l'aurora lo avrebbe sorpreso addormentato tra le braccia del Padre.
©
Marilia Tortora
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