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Quella notte non avevo dormito molto, c'erano cosi grossi in ballo. Shannon finalmente l'avrebbe pagata cara. Che ingrata. Dopo tutto quello che avevo fatto per lei. Io sì che la rispettavo, l'avevo picchiata solo una volta, perché per sbaglio aveva cancellato la registrazione dell'ultimo Super Bowl dei San Francisco 49ers. Cazzo! Erano stati grandiosi! Non sono un tipo che picchia le donne, ma quando una ficca il naso tra le mie cose e oltretutto combina un casino del genere, cominciano a prudermi le mani e io non posso fare a meno di grattarle. Lurida gallina secca! Il mio uccello non le bastava, ne voleva uno più lungo, quella maledetta baldracca; ma ci avrebbe pensato il suo Joe a riempirla ben bene di carne. In fondo, non chiedevo troppo; volevo solo che lei mi volesse bene, che scopassimo regolarmente tutti i giorni, escluso il venerdì perché uscivo con gli amici e che mi cucinasse del buon cibo. All'inizio era stata brava, non c'è che dire, ma mi ingannava la stronza. Dopo un solo anno di matrimonio, il sesso lo vedevo solo nei porno noleggiati giù al centro commerciale e i pasti che mi cucinava non erano buoni neanche per concimare il prato. I ragazzi me lo dicevano, di stare attento, che quando una donna non ti scopa più e cucina merda, significa solo una cosa: te lo sta mettendo nel culo, bello mio. Io non ci credevo, la mia Shannon non è come tutte le altre, ripetevo nella mia testa, ma ero solo un imbecille. Il maledetto tarlo, però, aveva ormai cominciato a rosicchiarmi il cervello. Vedevo Shannon scopare con uomini grassi, poi magri, alti, bassi, tatuati, calvi, zoppi. Tutte le notti le avventure della vacca si presentavano nella mia mente senza bussare, spalancavano la porta ed entravano con le scarpe sporche di merda. Stavo impazzendo. Notai anche che aveva cambiato colore di capelli e avevo letto da qualche parte che se una donna fa cose del genere vuol dire che sta cambiando rotta, ovvero ti sta aprendo in due da dietro come una zucca. Il tarlo, poi, cominciò a tormentarmi anche di giorno, così decisi di pedinarla. Il pomeriggio, spesso, mi raccontava di recarsi al centro commerciale con sua sorella. Quel giorno chiusi prima l'officina e dissi agli ultimi clienti di smammare. Presi una vecchia Mustang nera, dato che il mio pick-up giallo, non era proprio il biglietto da visita migliore per quell'impresa. La vidi entrare nella tavola calda, aveva un abito rosso aderente, proprio un bel tipo, nulla da dire. Mentre cominciavo ad eccitarmi pensando ai suoi glutei, arrivò lui e tutto si fece nero. Era il nostro fottuto agente immobiliare, quello che avrebbe dovuto aiutarci a vendere casa. Un cretino lungo e insipido, coi capelli biondo piscio. Da bambini lo chiamavamo Sam la Passera, perché sua madre gli faceva tenere i capelli lunghi fino al culo. Devo dire che qualche volta ho anche smanettato sul mio pisello pensando a quei boccoli d'oro. Lui no, porca puttana. L'idea di loro due sudati e ansimanti mi dava la nausea. Chissà cosa le aveva promesso. “Ci trasferiremo in una bella villetta verso la baia tesoro! Vedrai ti piacerà!”, cinguettava ormai da un mese la mia Shanny. Io me ne stavo bene anche nella mia vecchia casa, era il posto dove ero cresciuto e da quando i miei erano morti era diventata anche di Shannon, ma quella vacca non era contenta, no, lei voleva abitare in un posto alla moda, in una di quelle villette del cazzo! Era diventata un'ossessione. Tutte le domeniche Sam la Passera ci portava a veder case. I due parevano intendersela bene, ma io ho sempre pensato che fosse una checca. Insomma non ti aspetteresti mai che un tipo col completo glicine si possa scopare tua moglie. Dopo un tempo che mi parve infinito, li vidi uscire. Lui, con la faccia da cane in calore, lei, sorridente come la testimonial di una pubblicità di colluttori scadenti. Presero l'auto del coglione. Imboccarono la statale, la città si faceva piccola. Misi un disco di Bo Diddley, alzai il volume al massimo. “Who do you love”, la nostra canzone. Shanny e io amavamo il buon vecchio Bo. Insegna luminosa, “Benvenuti al Buckaroo”, pidocchioso motel del cazzo, mi permisi di aggiungere io. La stanza dei due porci era la 307, come confermò l'impiegato della reception, era un bel giovane tutto leccato e con la faccia rossa, lo ricordo ancora con piacere. Se gli avessi preso le palle in mano e ne avessi fatto una collana sono convinto che avrebbe continuato con la sua stupida frase: “Se vuole posso venderle due notti al prezzo di una”. “No, idiota, rimango qui solo poche ore, giusto il tempo di rimettere in sesto i miei pensieri”, gli urlai furioso. Dopo aver svuotato il frigo bar della mia camera, decisi di prendere in mano la situazione. Bussai alla 307. Servizio in camera. Shannon aprì e io le fui addosso. Quella bastarda indossava il completino tigrato che le avevo regalato per il suo compleanno! Lui si ritirò sotto le coperte come un ratto inebetito. “Me la pagherai brutta puttana! E tu stronzo, non riuscirai a vendere la casa neanche a un criceto!”. Dopo essermi sfogato ancora un po', le mani cominciavano a farmi male, così decisi di andarmene, per il momento era sufficiente. L'idea mi venne sul cesso, mentre mi godevo una vecchia rivista hard del '75, era di mio padre. Donne con la pelliccia. Quelle sì che erano passere! Shannon sarebbe stata ripagata bene, non avrebbe mai più fatto male a nessuno. Così, andai dal mio amico Barney e gli chiesi di procurarmi 3 di quei cosi, misura extra-large. 3 sì, perché è il numero perfetto, lo lessi sulla porta di un bagno pubblico anni prima e mi rimase stampato in testa come una fica. La qualità che apprezzavo di più in Barney è che non faceva mai domande. Potevi anche dirgli che stavi seriamente pensando di fare una rapina in banca e lui ti guardava con il suo occhio storto, sollevando appena le sopracciglia in un'espressione di stupore. Poi si accendeva una sigaretta e cominciava a parlare di nuovo delle sue vagine di silicone auto-riscaldanti. Dopo mi recai al negozio di mio zio Dug, venditore di dolciumi con la passione per la dinamite. “Quanto basta per distruggere 125 libbre di carne” gli dissi. Anche lo zietto era bravo a non ficcare il naso negli affari altrui, anche perché sapevo che inzuppava il biscotto nel papavero del fioraio, quindi gli conveniva tenere la bocca chiusa. Era la vigilia di Natale e il mio regalo per Shannon era finalmente pronto. Lei, dopo aver chiesto il divorzio, si trasferì da sua nonna Pearl, dato che viveva da sola in una casa enorme. Una vecchietta adorabile, non c'è che dire, capelli bianco-azzurro ondulati e ben pettinati, occhi di ghiaccio e svelte mani ossute pronte a stappare una bottiglia di Bourbon anche a colazione. Lasciai il pacco davanti alla porta di casa. Sul biglietto avevo scritto solo il necessario: “ Ti perdono amore mio”. Mi appostai con la Mustang in un punto tranquillo, da dove mi potevo gustare tutta la scena. Gli occhi, però, diventarono pesantissimi, così mi addormentai. Quando riemersi da quel breve sonnellino il pacco non c'era più. Mi ero svegliato sul più bello, lo spettacolo era ancora nel vivo. Poi, quando i minuti sembravano non passare mai, ci fu lo scoppio. Bye bye amore mio. Non vedevo l'ora di leggere la prima pagina del Trinity Times. Che bel Natale! Fu una notte piena di avventure sconce, dove, finalmente, ero io a metterlo nel deretano della cara Shannon. Erano le 9, quindi Mike doveva aver già lasciato il giornale davanti alla porta, così mi precipitai nel vialetto. Il giornale era piegato a metà e decisi di non sbirciare. Rientrai di corsa e mi misi comodo sulla mia vecchia poltrona di pelle. E poi fu di nuovo buio. “Esplode donna di 82 anni. Ad ucciderla 3 vibratori dinamitardi” Bye bye Joe.
©
Elena Ciurli
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