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I sublimi segreti delle Ya-Ya Sisters
regia di Callie Khouri
Pubblicato su SITO


Anno 2002- USA


Una recensione di Alessia Marelli
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Titolo Originale: Divine Secrets of the Ya-Ya Sisterhood dall'omonimo libro di Rebecca Wells
Genere: Drammatico/Commedia
Durata: 116
Origine: Usa
Anno: 2002
Regia: Callie Khouri
Cast: Sandra Bullock, Ashley Judd, Ellen Burstyn

Di film sulla inossidabilità e immortalità dell'amicizia femminile ce ne sono a bizzeffe sia a Hollywood che altrove, ma quelli davvero buoni, che fanno sorridere e commuovere, che riescono davvero a fare leva e a rievocare i nostri ricordi più sepolti fino a riempirci di nostalgia si possono contare sulla punta delle dita. Infatti se l'argomento non è dei più originali, se spesso in alcune pellicole si eccede di proposito in facili sentimentalismi e vecchi stereotipi rischiando di rendere banale una delle esperienze più belle e preziose che si possano fare nella vita, a volte il cinema ci può regalare dei veri "gioiellini" che se, non brillano per profondità e perfezione, sanno almeno raccontare vicende piuttosto credibili con una giusta dose di ironia e leggerezza. La trasposizione dell'omonimo libro di Rebecca Wells, "I Sublimi segreti delle Ya-Ya Sisters", ci trasporta nella odierna New York, dove la giovane commediografa Sidda, dopo una infuocata intervista rilasciata a una giornalista dove racconta la sua triste e tormentata infanzia, è costretta a fare i conti con l'ira della sua irrequieta e particolarissima mamma: Vivi, un' anziana signora borghese della Louisiana, che con le sue sbornie e i suoi capricci è ritenuta la causa delle nervosi e dei problemi adolescenziali mai risolti di Sidda. Solo il generoso e tempestivo intervento della singolare tribù delle "Ya-Ya sisters", una simpatica combricola di irresistibili amiche di vecchia data di Vivi, potrà risolvere il dramma, riportando alla luce il passato non facile della loro "compare", per portare la pace tanto desiderata tra le due donne. Veniamo così catapultati nel profondo Sud degli Stati Uniti, nel primo dopoguerra, dove le nostre beniamine, allora appena ragazzine, fanno il patto eterno di reciproco sostegno per la vita che le attende. Così in alcuni frammentati flashback, vediamo la giovane e spensierata Vivi, figlia di un padre egoista e di una cattolica bigotta e infelice, trascorrere giornate allegre in mezzo ai sani divertimenti da ragazza americana perbene; la vediamo poi crescere e affrontare la dura realtà, spesso non identica alle nostre aspettative, per poi trasformarsi lentamente in una tipica casalinga anni 50, frustata e annoiata, affongandosi nell'alcool e perdersi tra i sogni infranti di un futuro migliore e i rimpianti di donna matura ma provata e rassegnata, incapace di farsi coraggio, di interpretare il ruolo di moglie e madre esemplare che tutti si aspettano da lei e di accettare in maniera serena il suo destino, incapace di nascondere alla famiglia i suoi problemi e colpevole di stravolgere la vita di tutti con il suo animo da adolescente incosciente, ma ancora in grado di fare slanci di affetto e di regalare ai suoi figli, per quanto può, momenti di gioia autentica. Ciò che la sostiene è ovviamente l'appoggio delle sue amiche di infanzia, diventate con il tempo compagne di sventura, che con l'ironia e l'affetto, a ritmo di feste casalinghe, pomeriggi al mare, sigarette e drink che fanno dimenticare i dolori e risate liberatorie, la accompagnano lungo tutta la serie di disavventure, più o meno serie, che incontra. Raccontato con uno stile semplice e leggero, nonostante affronti in maniera troppo superficiale temi profondi come l'alcolismo o il razzismo e abbia a volte cadute di tono, come nel classico lacrimevole finale, la pellicola offre buone interpretazioni, dialoghi taglienti e ironici, splendidi e immensi paesaggi del sud degli Stati Uniti,narrando le vicende in maniera incantevole, soprattutto quando descrive le disavventure e i caratteri delle sagge "Ya-Ya sisters", arzille signore di campagna, perfide, insopportabili e amabili allo stesso tempo, capaci di vivere ignorando valori importanti come la creazione di una famiglia vera, i bisogni primari dei figli, la propria realizzazione professionale, l’amore autentico tra marito e moglie (come in ogni film al femminile che si rispetti gli uomini o sono egoisti o sono martiri o muoiono dopo dieci minuti ), in una parola il mondo reale attorno a loro, che litigano e si punzecchiano continuamente, senza però riuscire a fare a meno l'una dell'altra, come solo riescono a fare le donne che si conoscono e si amano da tanto tempo, vivendo nel mondo “magico” che hanno creato solo per se stesse, dove i miracoli esistono e c’è sempre posto per l’affetto e per la baldoria spensierata. Ciò che ne esce è uno spietato e affettuoso spaccato di un'epoca e di un ambiente come la provincia americana, pieno di tradizioni e contraddizioni che sembra a volte sopravvivere all'insegna dell'ipocrisia, ma dove non è difficile scovare veri e propri sentimenti di solidarietà, dove chiunque può sentirsi a casa e trovare dentro di sè la forza e la felicità, o perlomeno scrivere un buon finale alla sua vita. Alla fine, anche se rimangono molti punti oscuri sul passato delle protagoniste e sui magici segreti misteriosi proclamati dal titolo, si resta comunque affascinati, e permane il desiderio di conoscere più a fondono queste formidabili donne, lontane anni luce dalle nevrotiche e incontentabili donne in carriera di oggi, che anche se non hanno trascorso un' esistenza all'insegna dell'ortodossia e della perfezione, hanno almeno raggiunto una serenità e una saggezza invidiabile che ognuno di noi vorrebbe ereditare da loro, come fa Sidda nel finale, riconciliata con il proprio passato, pronta finalmente ad affrontare lei stessa la vita che l'attende.


Una recensione di Alessia Marelli



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