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La deriva (1955)
di Raffaello Brignetti


a cura di Carlo Santulli

ultima edizione presso Santi Quaranta
Treviso, 1998.
320 pagine- 12,91 euro


Nella notte che chiude la stagione estiva di un anno del primo dopoguerra, un gruppo di ragazzi e giovani di età da sedici ad oltre trent'anni rivivono l'estate trascorsa. La scelta di Brignetti, non facile, è quella di un neorealismo estremamente concentrato e puntuale, attento alle dinamiche del gruppo,
e che cerca di rendere esplicite le difficoltà e le problematiche dei singoli. Il racconto fa largo uso di flashback ed ha attenzioni di tipo cinematografico per i moltissimi personaggi, cercando di sfuggire al bozzettismo, nel raccontare questa vicenda di persone ritrovatesi per caso in un villino dell'Isola d'Elba. La storia é costruita in particolare intorno ad Elia, combattuto tra tre ragazze, la difficile Anna, l'elegante, ma immatura Luciana, e l'estroversa Mietta. Il romanzo vive di momenti felici, quelli vissuti nel ricordo del mare, dell'agosto che volge al termine, e quelli che descrivono il paese sottilmente addormentato, mentre i gruppetti che hanno formato la festa si rompono e si ricompongono senza logica apparente. Il sapore d'epoca é ben presente, e così lo sconvolgimento della guerra nelle vite dei ragazzi invitati alla festa (Alipio, la "coscienza" della festa, monotonamente, non smette di ripetere, tra il ridicolo ed il tragico, che la guerra li ha resi come sono: "Non c'é nulla che ci emozioni, siamo come la carne arrosto"). I gruppi si sciolgono e si ricompongono, al suono del giradischi, che non sembra mai dare la musica che i ragazzi vorrebbero scegliere, passando dalla canzone francese al jazz, con lunghi intermezzi a ballare instancabilmente il Bolero di Ravel. Brignetti e' attento alle origini dei diversi personaggi, alle loro diverse età e molto varie inclinazioni, si ricordano per esempio Manrico che legge instancabilmente poesie, Carmela innamorata inutilmente di un camione sportivo locale, ed i tre di Poggio, tre ragazzi vestiti inadegutamente (ed in modo un po' inquietante) con maglioni neri, che si sono "imbucati" alla festa e che, fatto non trascurabile, dispongono di un'auto. C'e' qualche ingenuita' e qualche schematismo, ma bisogna considerare che La deriva mira molto in alto, volendo minutamente descrivere poche ore di vita, in una festa che non sembra mai decollare, che sembra anzi spegnersi prima di esser scoppiata, in oltre trecento pagine fitte di minuscoli eventi, inutili ed impetuosi come un'onda di risacca.

Recensione di Carlo Santulli
c.santulli@rdg.ac.uk


L'incipit

Da una porta aperta si vedeva Manrico che stava recitando di là una poesia con accento un po' falso: leggeva e roteava le dita intorno all'orecchio. A un tratto si voltò e disse:
- Cos'hai da guardare, San Filippo!
Oh, - fece lui confuso. Ma subito si riprese. - Credi che stessi guardando proprio te?
Mietta aveva ascoltato la poesia soltanto perché si trovava lì. Approfittò dell'occasione. - Andiamo di là, vieni, - disse a Manrico.
Di là dove? Questa camera è il punto meno tempestoso della casa. Senti… - Rimase un momento silenzioso sollecitandola con un nastro. - Dì, pigra - le disse, - stai un po' attenta. Stasera non c'è mica il sole? - Mietta rispose che aveva caldo lo stesso. Continuò a spiegare questo tipo di caldo con una specie di mugolio. Manrico avrebbe dovuto avvicinarsi di più a lei, ma non lo fece: leggeva. Poi s'interruppe e parlò di nuovo con voce normale. - Ci hanno disturbato - disse. ...

Raffaello Brignetti da La deriva


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