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L' eleganza del riccio
di Muriel Barbery
Pubblicato su SITO


Anno 2007- Edizioni e/o
Prezzo € 18- 384pp.
ISBN 9788876417962

Una recensione di Paolo Mantioni
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Partiamo dalla fine. Quest’opera narrativa – diciamolo subito: pregevole, densa, intensa, coraggiosa dal punto di vista letterario, coraggio che sconta con rare effrazioni verso la pretenziosità o la banalità – è fornita di un dettagliato indice finale che riporta scrupolosamente la calibrata partizione del testo. Per un lettore frettoloso o disattento ciò può anche essere di poco conto, ma per l’autrice deve essere un’indicazione importante, che non attiene tanto al processo di scrittura, sul quale, nello specifico, il testo non dice nulla, quanto alle modalità di lettura che la scrittrice auspica (l’ideale lettore, insomma). Se ne ricava l’impressione di un invito ad una lettura lenta, riflessiva, “degustativa”. Per altro il motivo della degustazione gastronomica trama tutto il testo e può essere assunto come elemento micronarrativo nel quale è riflesso uno dei temi portanti del libro, ossia la forte contrapposizione tra “basso” e “alto”, tra elevazione sociale e elevazione spirituale, tra apparire ed essere. Da un lato il Maestro della critica gastronomica, Pierre Arthens, che assaggia le pietanze solo in vista di un giudizio di valore, e dall’altro Manuela, donna di umile condizione, amica di una della Narratrici, che prepara e degusta i suoi dolcetti per e con amore.

Ad una lettura “degustativa” invitano anche altri elementi del testo: l’intreccio narrativo, esile e svelato quasi con cautela, è affidato ad una elaborazione linguistica e stilistica che ne addolcisce l’impatto emotivo; più che sulla linea orizzontale dell’accumulo, si procede su quella verticale dell’approfondimento riflessivo. In tal modo i “fatti” dell’intreccio narrativo (che in questa sede non è conveniente disvelare) sono amalgamati alle riflessioni che l’Autrice ha voluto affidare alle sue Narratrici. Le quali, ognuna secondo la propria condizione, hanno l’assoluto monopolio del punto di vista, ad esso l’Autrice si mantiene strettamente aderente, tanto che più volte si è portati ad interrogarsi se le affermazioni (profonde o pretenziose o banali) siano da addebitarsi al punto di vista prescelto o debbano ricondursi all’ideologia dell’Autrice, senza che, però, se ne abbaia una risposta univoca. Si tratta di due diari: l’uno di Renée, portinaia autodidatta, innamorata segretamente della Cultura – letteratura, pittura, filosofia, musica, Bellezza – che vive questa sua sfaccettatura in forma del tutto clandestina e minimalista, l’altro di Paloma, adolescente sensibile e intellettualmente superdotata che ha gran cura di nascondere agli occhi del mondo la sua sensibilità e la sua intelligenza, anzi di sottrargliele con la progettazione di un precoce suicidio, allo scoccare del tredicesimo anno di età. I due diari procedono in forma contrappuntistica: dapprima hanno in comune solo la scelta della clandestinità e l’ambiente esterno, il condominio al numero 7 di rue de Grenelle, poi si sorreggono l’un l’altro e, infine, si incontrano e si completano tra di loro, proprio come avviene alle rispettive redattrici. Tra i due diari e i due personaggi che li scrivono si instaurano una serie di rapporti di identità e contrapposizione: Renée, di bassa estrazione sociale, sgraziata, anziana, solitaria, contrapposta a Paloma, ricca, graziosa, giovane, ben inserita. Gradatamente, però, le differenze lasciano il posto a possibili punti di incontro, dapprima al di sotto del livello sociale e culturale delle Narratrici, ossia nella rinuncia alle proprie potenzialità e nella clandestinità: Renée e Paloma aspirano a sottrarsi alla “lotta per la vita”, di cui scontano e denunciano la vacuità e il non-senso. Poi, però, grazie all’azione catalizzatrice di un personaggio (che nel condominio ha preso il posto del defunto Pierre Arthens), Monsieur Ozu, l’incontro avviene a livello più alto, ben al di là delle differenze sociali e contingenti, avviene a livello della Bellezza, dell’attimo eterno sottratto al fluire insensato. La gentilezza, l’amicizia, la solidarietà sottraggono, magari solo per un attimo, ma per sempre, a un Tempo volgare e ostile, la Vita.


Una recensione di Paolo Mantioni



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