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Il libraio di Selinunte
di Roberto Vecchioni
Pubblicato su SITO
Anno
2004 -
Einaudi
Prezzo €
7,50 -
68 pp.
ISBN
9788806186548
Una recensione
di
Marina Bisogno
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Votanti:
9312 Media
78.57 %
A prima vista il libro potrebbe sembrare una favola, un racconto per bambini, ma la narrazione conduce alla scoperta di una bellezza immortale, di una fascinazione a molti incomprensibile. Attraverso la storia di Nicolino e del libraio di Selinunte, Vecchioni desidera restituire alla memoria passi immortali della letteratura italiana e straniera. Il libraio, giunto a Selinunte e visto dagli abitanti come “diverso”, preferisce leggere i suoi libri anziché venderli ed organizza così degli incontri di lettura a cui però nessuno partecipa, nessuno tranne il piccolo protagonista. Egli è un bimbo curioso e spontaneo che non comprende la generale diffidenza nei confronti di quell’uomo così affascinante e allo stesso tempo trascurato. Ogni sera il bambino si intrufola nella bottega del librario e lo ascolta interpretare dialoghi e poesie, innamorandosi di un patrimonio artistico senza uguali. Ad un tratto però il precario equilibrio si spezza, il libraio viene scacciato in malo modo e una sorta di profezia si abbatte sul paese ignorante e gretto. La chiusura e il disconoscimento di cotanta bellezza condurranno i cittadini a perdere le parole. Solo Nicolino le conserverà, così come conserverà i ricordi di giorni fuori dal comune. La semplicità ma allo stesso tempo l’umanità che pervadono le pagine di questo libro sono la testimonianza della profonda cultura del suo autore, che da letterato o meglio paroliere, lancia un chiaro messaggio ai lettori. La conoscenza è la chiave di volta per lo sviluppo dell’intelletto umano, che è fatto di mente e cuore. Non mancano riflessioni sulla vita, descrizioni di luoghi incantati e deduzioni spesso amare. “Ci sono normalità, regole, armonie che nemmeno noti tanto è scontato che ci siano. Oggi lo so. è l'eccezione, lo sconvolgimento del consueto che ti mette ansia, ti rizza i nervi, ti sbulina l'animo. La più grande bellezza e l'infima bruttezza partecipano del mistero. C'è negli antipodi, nel contrasto assurdo, nel diverso in natura come un filo che se lo tiri ti fa sentire vicino a una verità che le cose di tutti i giorni nemmeno sfiorano. C'è nel lampo e nel tuono una forza che manca alla giornata serena; c'è nella febbre, nell'incubo notturno, perfino in una sbornia, un indefinibile attimo di chiarezza, di certezza improvvisa. Quando qualcosa sconvolge ci dice molto di più di quel che siamo abituati a sentire. L'inspiegabile, l'unico arriva come a scuoterti, svegliarti da un sonno di ordinarie, concilianti abitudini. L'uomo ha livellato tutto, pur di far scorrere il suo sangue a quella precisa velocità, far battere il cuore a quel ritmo sempre uguale a se stesso e così vivere il più a lungo possibile, non importa come, non importa a costo di cosa, pur di vivere disegnando una linea dritta, tra immagini a specchi consueti. eccoli lì, macchine in un grande garage ordinato e pulito, dove ogni manovra d'entrata, uscita, sosta, parcheggio, precedenza, è stata così precisamente organizzata che non dobbiamo più chiederci quale sia il nostro posto, il nostro percorso, il nostro box. Ma forse non siamo in un box. Forse questo mondo non è nato per essere un garage. Forse questo posto è stato pensato come un parco giochi o una stazione ferroviaria di treni a orari imprevedibili. I pazzi, i selvaggi, i bambini hanno ancora di queste intuizioni. (...)”.
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