L’art. 21 della Costituzione stabilisce che:
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
Eppure, in un paese democratico, la cosa che appare più difficile è esprimere la propria opinione, nell’editoria poi… esprimere i propri pensieri, sembra essere divenuto un tabù.
La democrazia è solo apparente? Siamo un paese dove il controllo sui media è molto forte e il consenso è uno strumento utilizzato per mantenere il potere.
Gordiano Lupi, sembra “fottersene” e prosegue nella denuncia quest’editoria corrotta e manipolata. Dopo Nemici miei, e Quasi quasi faccio anch’io un corso di scrittura torna con un nuovo libro “Velina e calciatore, altro che scrittore!” edizione Historica che uscirà nei prossimi giorni.
26 racconti, di vita quotidiana, tra lavoro, famiglia, editoria e scrittura Gordiano ci fa riflettere, sorridere incazzare, amare/odiare la buona e cattiva letteratura.
La cosa che mi fa sorridere, e non poco, è la decisione di Lupi nello scrivere in modo sgrammaticato e con un linguaggio parlato (consiglio di leggere altro di Lupi, prima di giudicare lo stile), che per chi non conosce l’autore sicuramente lo cataloga come uno che parla con la voce dell’invidia, invidiare chi poi? Chi si vende ai media pur di far audience invece di scrivere, chi s’inventa tuttologi che invece di narrare la vita scrive di gossip:
“Ricordo d’aver letto deliranti commenti di Tullio Avoledo sul divorzio tra la Hunziker e Ramazzotti. Ho pensato che Pavese non l’avrebbe mai fatto e neppure Mario Soldati, via, mi sa che nemmeno Carlo Sgorlon, che esiste ancora, scrive sem- pre pure se nessuno ne parla. Rigoni Stern, tanto per citare uno morto da poco che dovrebbe essere letteratura, quando apriva bocca parlava della montagna e del Trentino, delle guerre partigiane, insomma di quello che conosceva e magari diceva cose sensate. Gli scrittori italiani del Duemila no. Loro sono allenati al pettegolezzo, al gossip, ai grandi fratelli, alle fattorie e via di questo passo. E allora via con interviste su quello che pensano di Albano e Romina, della Lecciso che balla, di Zequila che è gay, del delitto di Cogne, insomma, di tutto quanto fa spettacolo.”.
Invidia per un Baricco che è divenuto più uno spot pubblicitario (vedi muller (?)) che uno scrittore, o verso un Paolo Giordani che non sa nemmeno riconoscere un romanzo nel quale di suo è rimasto solo l’idea, il resto è un lavoro capillare dell’editor?
Mi dispiace io non leggo invidia in Lupi, io ho letto delusione, rabbia, dolore nel vedere morire la buona letteratura, di assistere al crollo dell’editoria, di vedere i premi Strega corrotti, il dolore di un editore che non si vede “ricordato” da chi ha lanciato, che è orgoglioso di chi ha scoperto.
Un uomo che oltre a ricordarci la merda che gira nelle librerie cita gli autori emergenti e non solo, che vale la pena leggere e sostenere, un uomo che si sente offeso e rammaricato nel vedere quando la piccola editoria sia snobbata nei grandi “supermercati di libri”.
Citando Platone in Apologia di Socrate: “…non dalle ricchezze nasce virtù, ma dalla virtù nascono ricchezze”, credo che Lupi abbia poco e niente da invidiare a Baricco o chi per lui, perché il coraggio di “non aver peli sulla lingua” non è cosa da tutti.