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L' Amante
di Marguerite Duras
Pubblicato su PBSR2006


Anno 2005- Feltrinelli
Prezzo € 10- 123pp.
ISBN 2147483647

Una recensione di Alessia Marelli
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L' Amante

Marguerite Duras è una scrittrice molto difficile da leggere, da comprendere e quindi da apprezzare. Nelle sue opere è facile perdersi, confondersi, non arrivare al punto, perdere il filo, o più semplicemente non capire. La parola scritta, propria di ogni scrittore, per lei è qualcosa di nascosto, di difficile, di impenetrabile, qualcosa da sondare, da scoprire, che sfugge, che non si fa scovare, che si esprime a tratti, a volte con un sussurro a volte con un ‘esplosione inaspettata, mai in maniera uniforme, mai eguale a se stessa, qualcosa impossibile da catalogare, da ascoltare con leggerezza, qualcosa che rimane impresso, difficile da dimenticare, che, per questo, può colpirci o stordirci, annoiarci o conquistarci. In alcuni suoi romanzi, racconti, saggi e scritti vari, (alcuni esempi possono essere “Moderato cantabile”o “Occhi blu capelli neri” che, nonostante siano brevi, non esiterei a chiamarli mattoni) incontriamo infatti questa notevole importanza data allo stile narrativo, al registro linguistico, al modo di comunicare, di raccontare gli eventi e i personaggi, finendo a volte col trascurare la storia, la trama vera e propria che spesso perde la sua primaria importanza, assumendo connotazioni più semplificate, viene ridotta al minimo, a volte addirittura risulta quasi inesistente, quasi fosse il pretesto per l’autrice di lasciare libero sfogo alle parole in quanto tali e al loro potere ipnotico. Una scrittura senza dubbio difficile, pesante, confusionaria, se non addirittura noiosa, ma senza dubbio piuttosto rivoluzionaria, anticonvenzionale e affascinante. Ma la Duras è riuscita comunque in altri testi, più famosi e forse più interessanti dei sopra citati, a regalarci notevoli e approfonditi affreschi di epoche passate (“Hiroshima, mon amour” per esempio), di società decadute (le colonie francesi dove è nata come in “L’amante” o “Una diga sul Pacifico”), di luoghi dimenticati che sembrano uscire da un sogno (le ambientazioni anonime di “Giornate intere tra gli alberi” o “La vita tranquilla”) nonché a raccontarci storie toccanti, insolite, profondamente sentite e coinvolgenti. Il suo romanzo più famoso “L’amante” ne è un esempio. In questa opera, forse la più significativa, possiamo infatti scoprire questo suo particolare talento nel riuscire a farci vivere la drammaticità della trama, approfondendo la psicologia dei personaggi, regalandoci allo stesso tempo un’accurata e lucida descrizione dell’ambiente storico in cui è ambientata. La storia d’amore autobiografica, ormai famosissima, tra l’inquieta quindicenne francese di umili origini e un ricco e nullafacente cinese trentenne, ostacolata dalle rispettive famiglie, è un’ indimenticabile iniziazione amorosa e sessuale tra questi due personaggi, profondamente l’una opposto all’altro. Da un lato vediamo Marguerite, studentessa in un affollato collegio femminile in Indocina, giovane e curiosa, ansiosa di conoscere il mondo e l’amore, ma profondamente frustata all’interno dell’egoista e maschilista ambiente famigliare (descritto con toni molto duri e aspri nel libro) a cui è ancora profondamente (se non addirittura morbosamente) attaccata, ingenua e inesperta per motivi di età ma già adulta, fredda e calcolatrice, pronta a scoprire la sua acerba sessualità, ma incapace di lasciarsi andare ai veri sentimenti, incapace di riconoscere ed esprimere le emozioni che si agitano dentro di lei, incapace di ribellarsi alle rigide norme sociali dell’epoca, orgogliosa e spudorata, convita di poter giocare con le persone e con i sentimenti senza subire danni. Dall’altra il maturo cinese, più navigato ed esperto di lei, ma al tempo stesso debole e soggiogato dalla forte personalità di lei, l’unico in grado di ammettere senza vergogna né paura i suoi sinceri sentimenti. Se lei è capace di comunicare solo attraverso i gesti e il corpo, ad abbandonarsi alle emozioni solo durante l’atto sessuale, lui riesce invece dare sfogo alla tormentata e sofferente passione tramite le parole, lui l’unico a lasciarsi trasportare senza difese all’amore. Non per nulla i frequenti rapporti sessuali tra i due non hanno nulla di gioioso, ma esprimono spesso sofferenza e dolore, quasi a rappresentare l’incapacità dei due di incontrarsi e conoscersi fino in fondo, l’unica maniera per amare ed essere amati, per tentare di conquistare e raggiungere realmente l’altra persona (per lui) oppure l’unico modo di poter sfogare le proprie frustrazioni o per esercitare un particolare potere sull’altro (per lei). L’unica cosa che li accomuna è, nonostante il loro scandaloso legame e la forte attrazione che li unisce, la completa presa di coscienza che la loro storia è destinata a morire; nonostante lui tenti di convincere il vecchio padre a poter vivere liberamente la relazione, sarà costretto a sposare una donna che non ama, lei a trasferirsi in Francia con la famiglia. Il racconto delle vicende viene spesso spezzato per lasciar posto a poetiche divagazioni, lunghi salti temporali nel passato della protagonista-autrice, dialoghi sospesi e poi ripresi, amare riflessioni sul futuro e sul presente, lucide e crude descrizioni dei famigliari di Marguerite (la madre egoista, il fratello maggiore violento, drogato e cocco di mamma, il debole e dolce fratello minore), panorami dell’Indocina del dopoguerra (le risaie, il collegio, il quartiere cinese), descrizioni dettagliate di particolari che sembrano insignificanti (la stanza che fa da sfondo ai loro incontri, i rumori del quartiere cinese, le spiagge del mar Indiano). I dialoghi tra i due sono tipicamente durasiani, a volte rasentano l’incomprensibile, a volte sono brevi ed essenziali, a volte ancora dolci e toccanti, mentre colpiscono le accurate descrizioni dei corpi e degli amplessi: lunghe, sensuali, poetiche e approfondite, mai volgari o esplicite. La famosa versione cinematografica (duramente contestata dalla Duras) si distacca non poco dal libro : la tragica situazione famigliare è messa sullo sfondo, come pure l’ambiente soffocante e puritano delle colonie francesi, la storia è piuttosto semplificata e riassunta, (se non addirittura “velocizzata”, tralasciando il lento scorrere del tempo che il libro trasmette con non poca angoscia), meno morbosa e complicata, vi è ben poco del tocco poetico e esistenzialista della Duras, ma il regista Jean-Jacques Annaud ha saputo mantenere quel pesante senso di fatalità e malinconia che aleggia tra le pagine, la passione che esiste tra i due personaggi, anche se troppo estremizzata ed esasperata, risulta sempre sincera e mai banale, le scene degli incontri, anche se piuttosto patinate, non sono fortunatamente volgari o allusive (uno dei rischi maggiori del film era questo); dall’altra parte il testo della Duras non è tra i più facili e il linguaggio cinematografico, che racconta ed esprime con la parola, le immagini, la voce, l’alternarsi delle vicende, il perpetuo e veloce susseguirsi delle scene è da sempre uno strumento di intrattenimento e di comunicazione opposto alla scrittura (o al teatro) dove contano ben altre cose, dove è più facile osare, dire, lasciarsi andare, esprimere l’inesprimibile, senza il facile timore di essere prolissi o di annoiare. Un testo, quindi, di non facile lettura ma non per questo, meno emozionante e scontato.


Una recensione di Alessia Marelli



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