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Delitto al museo
di Mario Barbero
Pubblicato su PBSR2006
Anno
2002-
Fogola Editore - Torino
Una recensione di
Antonio Manca Puddu
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Già prima d’essere presentato al Circolo della Stampa di Torino, il romanzo giallo di Mario Barbero (Mario T. Barbero DELITTO AL MUSEO, Fogola Editore, Torino 2002) ha iniziato a mietere successi. Brillante scrittore e pubblicista, Barbero è peraltro un autore eclettico, essendosi cimentato in vari campi, dalla narrativa (è autore di oltre venti romanzi), alla commedia, alla sceneggiatura (ha collaborato a “Il Ventre di Torino”, per RAI SAT, nell’ambito di servizi televisivi sul Museo Civico “Pietro Micca” e sull’assedio di Torino del 1706 da parte di truppe franco-spagnole). Collabora al “Centro Italiano per le Arti e la Cultura”, ed è consigliere del “Comitato Lions per il Museo d’Antropologia ed Etnografia” di Torino. La sua attività d’autore gli è valso numerosi riconoscimenti, contemporaneamente continua a svolgere il suo impegno di critico letterario su riviste come Talento, Punto di Vista, Calabria Letteraria, Gente d’Abruzzo.
Con Delitto al Museo, Barbero ha abbandonato il ruolo di critico per percorrere ancora una volta i sentieri della narrativa. N’è venuta fuori un’opera in qualche modo fuori del comune, perché pur contenendo gli elementi classici di un giallo (dall’investigatore, incallito fumatore di un particolare tipo di sigarette, alle originali caratterizzazioni dei suoi collaboratori) si differenzia dalle opere del genere per un linguaggio che è nell’insieme letterario e scientifico, quando s’inoltra a parlare del DNA o si sofferma sugli immensi tesori antropologici ed etnografici di Torino, sui quali è richiamata l’attenzione perché sia posta una maggiore cura nella loro conservazione. Di rilievo anche le dotte citazioni di brani letterali e musicali, che meriterebbero, forse, una maggiore divulgazione.
Nel romanzo Barbero non si è recato alla ricerca di personaggi speciali, ma si è servito di ciò che la vita quotidiana offre: un modesto ispettore di polizia, un giovane tipografo forse un po’ troppo fantasioso (il quale in modo fortunoso e rocambolesco, contribuisce a sciogliere il mistero che avvolge due morti sospette), una studentessa e un’impiegata, amiche del tipografo e sue aiutanti nel risolvere il giallo, e ancora altre figure femminili, le assistenti di polizia, le ricercatrici del Museo al buio e le due vittime. La presenza di tante figure femminili, ovviamente, determina situazioni sentimentali che vivacizzano la storia, addolcendo in qualche modo l’atmosfera da delitto che caratterizza l’opera. La stessa posizione degli eventi dà un tocco di particolare suggestione, perché il tutto si svolge nel ventre della vecchia Torino, teatro delle gesta di Pietro Micca, in una città, dunque, che ha avuto un ruolo straordinario nella storia d’Italia e dove molto si è deciso su quello che doveva essere il destino della Sardegna.
Un lavoro, quindi, da gustare pian piano, e che avvince man mano che la trama si sviluppa, sino ad arrivare al finale, che coinvolge con la sua vivacità e colpi di scena, come si conviene del resto ad un “giallo” che si rispetti. Un ritorno, quindi, ad un genere letterario che grandissima fortuna ha goduto in passato e che, sembra addentrarsi in una nuova stagione altrettanto felice e avvincente, con in più uno sguardo attento e non superficiale a ciò che fa parte della storia e della tradizione e che anche nell’impegno letterario “di svago”, rappresenta un’importante occasione di riflessione.
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