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La flaqueza del bolchevique
di Lorenzo Silva
Pubblicato su PB14
Anno
1995-
Ediciones Destino
Una recensione di
Carlo Santulli
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Votanti:
12263
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79.64%
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Ci sono libri che diventano film, spesso con la collaborazione dell'autore, a volte con disinteresse da parte dello stesso, altre volte con aperte polemiche dall'uno all'altro. La storia del cinema è piena di queste storie, dall'autrice di Mary Poppins, Pamela Travers, che, burbera ed anziana signora australiana, giudicava Julie Andrews troppo bella per trasporre sullo schermo la sua "nanny", a Giorgio Bassani che contestò aspramente la riduzione cinematografica del suo Il giardino dei Finzi Contini da parte di un ormai anziano Vittorio De Sica. Spesso ci sono "problemini" di soldi, a cui nemmeno i grandi della letteratura sono a volte estranei: risalendo molto indietro, Giovanni Verga aveva ceduto più o meno gratuitamente i diritti della sua Cavalleria Rusticana a vari musicisti, dichiarandosi disinteressato (e, da buon siciliano, un pelino scettico) ad una trasposizione operistica della novella. Al momento però del successo dell'opera di Pietro Mascagni, Verga pensò bene di rivalersi, e gli fece causa. Va detto per inciso che non risulta facesse causa anche agli altri musicisti, quelli che successo non lo ebbero.
Questa premessa mi serve a dire due cose. La prima è che per essere sicuri, o abbastanza sicuri, che un libro possa trasporsi in un film (o magari una novella in un'opera), bisognerebbe che contenesse un po' di luoghi comuni del cinema (o dell'arte lirica). La seconda è che anzi, per far meglio, si può scrivere il romanzo con l'idea fissa della trasposizione cinematografica. Questo sarà forse un po' banale per qualcuno, ma a me, che sono un profano di queste cose, sorprende sempre un pochino, come si possa travasare un'idea da un mezzo espressivo ad un altro.
Il libro di cui mi occupo come esempio, non è ancora uscito in italiano, anche se non è improbabile che una qualche traduzione arrivi prima o poi, in quanto già esistono quella francese e quella russa: io l'ho letto nell'originale spagnolo e devo dire, a scanso di equivoci per quanto sto per dire, non mi è dispiaciuto affatto. La storia non è nuova, anzi è vecchia come il mondo, eppure il romanzo si legge, quasi per dispetto.
Si tratta de "La flaqueza del bolchevique" (La debolezza del bolscevico) e l'autore è Lorenzo Silva, scrittore madrileno piuttosto giovane (classe 1966). Il film omonimo è già uscito in Spagna e altrove, e la protagonista è Maria Valverde (se il nome non vi dice molto, si tratta di una giovanissima attrice che prossimamente vedremo in una riduzione di Cento colpi di spazzola di Melissa P.). Questi i dati. La struttura del romanzo è già perfettamente di per sé già cinematografica, voglio dire già il film vi sia contenuto in nuce. E, non so se Silva (a proposito, guardatevi il bel sito personale https://www.lorenzo-silva.com/) ne sia consapevole o no, il libro si configura con una certa chiarezza, secondo me, come un omaggio indiretto a certa cinematografia, specie italiana, degli anni '60 e '70, non senza qualche ammiccamento a certe commedie americane.
E' un libro a tratti decisamente comico, che parte da un fatto realistico, qualcosa che purtroppo può capitare, specie a chi non ha molti soldi per procurarsi uno di quei sistemi stereo che assicurano ore di musica cambiando CD e magari anche audiocassette come fossero ballerini in un giro di valzer. Cambiare cassetta o CD è qualcosa che crea problemi al traffico ed alla circolazione stradale, anche se magari non sono riconosciuti come quelli di chi telefona mentre guida. Ora, il protagonista del libro tampona una trentenne su una decapottabile in una mattina dell'estate madrilena, cercando di cambiare cassetta. E decidendo che, benché si intuisca che non gli dispiaccia del tutto fisicamente, la ragazza gli è fortemente antipatica, anche perché non prende bene affatto la vicenda, in fondo banale, del tamponamento (e non si vede perché dovrebbe, in verità), decide, con un'ostinazione degna di uno psicopatico da thriller, di perseguitarla, incominciando dal telefono, naturalmente, ma abbastanza ridicolmente. E' una specie di American Psycho che abbia per protagonista l'Holden Caufield del romanzo di Salinger. A differenza però dello psicopatico di cui sopra, la persecuzione non è sessuale, in quanto il protagonista del romanzo, Pablo, è (abbastanza) normale, e piuttosto si appunta su un tipico vizietto evidentemente latino, quello di frodare l'ufficio delle tasse, per cui Pablo si finge un ispettore fiscale. La cosa provoca moderato scompiglio nella famiglia, ma allo scompiglio segue una certa assuefazione, anche in Pablo. Quel che succede è che la ragazza ha una sorella molto più giovane, Rosana, una quindicenne. Sente di non potersene innamorare, ma intanto iniziano a frequentarsi. E allora succede qualcosa che li legherà per sempre al loro rispettivo destino. E' però uno dei meriti dell'autore di saper gestire i rispettivi registri, rosa, vagamente erotico e un po' trasognato, comico, in modo efficace, anche perché è l'aspetto più interessante del romanzo. Com'è intrigante il fatto di introdurre l'elemento di una comica vendetta nella vicenda sentimentale per sfociare poi nel giallo più autentico, ma senza perdere mai un sorriso, anche se forzatamente sarcastico. E poi, quanto somiglia questa Madrid dove vagare da un'ombra all'altra nella canicola estiva a certe zone della Roma moderna che conosco bene.
Da dove viene allora il titolo? Dalla foto, che il protagonista del romanzo guardava con un brivido quand'era ragazzo, della famiglia dello zar Nicola II con le sue bellissime, per quel che ancora dalla foto si capisce, figlie, la più famosa delle quali è Anastasia, che una leggenda vuole sopravvissuta. Il protagonista di questo romanzo preferisce Olga e non riesce ad immaginare come il bolscevico non l'abbia guardata e non ne sia stato colpito. La debolezza, flaqueza del titolo, è tutta qui: anche Pablo ha una debolezza per Rosana; invece delle armi, è la vita a decidere per lui.
Una recensione di Carlo Santulli
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Prefazione / Indice / Scheda
Ghigo e gli altri di Carlo Santulli
2007 pg. 204 - A5 (13,5X21) BROSSURATO
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Altre informazioni / L'autore
Pochi autori, come Carlo Santulli, sanno giocare con le parole, intarsiandole in piccole storie che si snodano tranquille (mai lente) attraverso una realtà quasi ordinaria e che, pure, riescono ad affascinare il lettore costringendolo a leggere fino all'ultima riga. Personaggi stupiti, a volte impacciati, si aggirano tra le pagine di questo libro, alle prese – come tutti noi – con le incongruenze e le follie del vivere quotidiano, non si abbandonano però all'autocommiserazione, non si ribellano, non cedono a tentazioni bohemien e, se cercano una via di fuga, questa è piuttosto interiore che esteriore. Un cammino, a piccoli passi, che li porterà, forse, verso un punto di equilibrio più stabile. Irraggiungibile (ma reale) come un limite matematico. Siano essi alle prese con una Quinta Arborea, un mazzo di chiavi che si trasforma nel simbolo di un'esistenza, un Clostridio tra i Pirenei, o passeggino, semplicemente, per le strade di una sonnolenta Roma anni trenta.(Marco R.Capelli)
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Prefazione / Indice / Scheda
Ghigo e gli altri di Carlo Santulli
2010 pg. 200 - A5 (13,5X21) COPRIGIDA
Altre informazioni / L'autore
Pochi autori, come Carlo Santulli, sanno giocare con le parole, intarsiandole in piccole storie che si snodano tranquille (mai lente) attraverso una realtà quasi ordinaria e che, pure, riescono ad affascinare il lettore costringendolo a leggere fino all'ultima riga. Personaggi stupiti, a volte impacciati, si aggirano tra le pagine di questo libro, alle prese – come tutti noi – con le incongruenze e le follie del vivere quotidiano, non si abbandonano però all'autocommiserazione, non si ribellano, non cedono a tentazioni bohemien e, se cercano una via di fuga, questa è piuttosto interiore che esteriore. Un cammino, a piccoli passi, che li porterà, forse, verso un punto di equilibrio più stabile. Irraggiungibile (ma reale) come un limite matematico. Siano essi alle prese con una Quinta Arborea, un mazzo di chiavi che si trasforma nel simbolo di un'esistenza, un Clostridio tra i Pirenei, o passeggino, semplicemente, per le strade di una sonnolenta Roma anni trenta.(Marco R.Capelli)
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