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Anima Nera
di Fabio Monteduro
Pubblicato su PB19
Anno
2008-
Editore Statale 11
Prezzo €
12-
160pp.
ISBN
9788889535318
Una recensione di
Marco R. Capelli
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Votanti:
8806
Media
79.56%
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“Sei arrivato, finalmente. Vieni, accomodati. Lo sai che qui sei sempre il benvenuto. Dai, parliamo un po’ io e te. Parliamo dell’orrore.” Fabio Monteduro Conosco Fabio Monteduro ormai da diversi anni, dal tempo dei primi racconti pubblicati su Progetto Babele, e mi fa piacere pensare di essere stato testimone della sua evoluzione artistica, evoluzione che considero molto interessante. Crescere, migliorare, cambiare, per uno scrittore (ma non solo) è fondamentale, certo, ma anche molto faticoso. Però Fabio non è uno a cui il duro lavoro faccia paura. Anzi! Non teme di sperimentare – e provare, e riprovare - ed ha la modestia (e l’intelligenza) che servono per prendere nota dei consigli, delle osservazioni e delle correzioni. Il risultato della sua ultima fatica, “Anima Nera”, è un romanzo per molti versi sorprendente che, pur rielaborando alcuni degli elementi già sviluppati nei primi due lavori pubblicati (So chi sei e Avamposto dell'inferno) si presenta da subito come un prodotto estremamente professionale e maturo. Gli elementi iniziali sono abbastanza classici: un’eredità inattesa, la scoperta che una persona apparentemente famigliare nasconde più di quel che sembra, una catena di indizi (intelligentemente) nascosti; ma trama e svolgimento, sia dal punto di vista tecnico - con un inizio “in medias res” e l’uso molto intelligente del flash-back nella parte iniziale - che da quello narrativo, sono decisamente originali ed interessanti. Proprio questa originalità, accompagnata da una trama ottimamente strutturata e supportata da un interessante lavoro di ricerca, è il punto forte del romanzo. E non è cosa da poco, se si considera che l’originalità, nel campo – inflazionato – del thriller soprannaturale, è uno dei risultati più difficili da conseguire. Buona, anzi, ottima, l’analisi della psicologia del protagonista, che risulta decisamente credibile e fortemente “tridimensionale”. Ed anche in questo caso, Monteduro sembra aver fatto propria con estrema naturalezza la lezione di quello che resta il suo modello di riferimento, ed ovviamente mi riferisco a Stephen King, adattandola però senza incongruenze e dissonanze all’ambientazione assolutamente italiana della storia. Robusta la caratterizzazione dei personaggi di contorno, che svolgono senza esitazioni il loro ruolo di supporto alla storia. Buoni i dialoghi, che sono troppo spesso il punto debole dei nostri giovani autori... ma qui va detto chiaramente che Monteduro, pur essendo anagraficamente giovane, non può più essere considerato tanto un esordiente quanto un promettente... semiprofessionista della scrittura. Ottima la leggibilità che, grazie ad uno stile chiaro, secco ed essenziale ed all’intelligente e progressivo dosaggio delle informazioni e degli enigmi (chi legge si rende conto – come nei migliori gialli che gli indizi erano lì e che avrebbe potuto trovare lui stesso la risposta, ma i personaggi lo precedono sempre di un passo), cattura il lettore e lo obbliga a voltare ancora una pagina per vedere “come andrà a finire”. Insomma, decisamente un romanzo consigliato agli amanti del genere ed una piacevole lettura estiva! Serve altro?
- Hai presente quei film dell’orrore, dove il protagonista va nella casa stregata, nel cimitero o dove sa che ci sarà qualcosa di terribile ad attenderlo, sempre di notte? – fece Eleonora. - Sì, e noi diciamo sempre: stupido, perché di notte? – le rispose Antonio. Andreas fece una risata, suono quanto mai fuori luogo in quella foresta buia, davanti a quella casa dall’aria sinistra. - Certe cose non puoi farle di giorno – disse Sara e la gravità del tono con cui parlò, mi fece venire i brividi. (Fabio Monteduro)
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Prefazione / Indice / Scheda
Dodici racconti orfani di Marco R. Capelli
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Agitare con prudenza.
Altre informazioni / L'autore
In questo libro, troverete molte finestre aperte su stagioni e paesaggi diversi di un mondo immaginario eppure, in un certo modo, coerente. Un teatrino di personaggi sperduti, testardi, a volte brutali, mossi dalla consapevolezza di una mancanza, di un vuoto al quale non sanno dare un nome preciso ma che sognano confusamente di colmare. E questa necessità li spinge a viaggiare, a cercare, a rovesciare il tavolo, a cambiare tutte le carte della mano, contro ogni logica, perché o si trova una scala reale o non ha senso giocare. E tanti saluti a chi si contenta di vincere con una doppia coppia.
Siano essi geniali (e molto distratti) ingegneri, brutali e giganteschi barbari imprigionati in un mondo a metà fra Howard e Lord Dunsany, ombre nel deserto, impiegati non del tutto disposti a piegarsi, vecchi e bellicosi contadini toscani o fantasmi, a loro modo piuttosto concreti.
Completano il tutto un paio di divagazioni giovanili, che ho incluso più che altro per nostalgia, come fossero quei pezzi che si trovano a volte nei musei, quelli che nessuno sa davvero cosa fossero o a cosa servissero ma sembra brutto lasciarli in una cassa sul retro. Così li si espone con una avvertenza in caratteri piccoli: ritrovamento non catalogato, uso incerto. Agitare con prudenza.
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