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Mio padre racconta il Novecento
di Teresa Armenti
Pubblicato su SITO
Anno
2006-
Edizioni G. C. "F. Guarini" - Montoro Inf.
Prezzo €
10-
128pp.
ISBN
N/A
Una recensione di
Maria Pina Ciancio
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LA MICROSTORIA DI UN OTTANTENNE LUCANO
Conosco Teresa Armenti da più di dieci anni ormai, amica di sempre, collega di lavoro, studiosa attenta e impegnata su più fronti, quello della letteratura, della poesia, del reportage, del giornalismo, della storiografia locale.
Con questo nuovo libro, l'autrice lucana, abbandona la ricerca storica documentata e scritta attraverso consultazioni di archivi pubblici e privati, per dedicarsi a un genere assolutamente nuovo, quello della ricostruzione del passato attraverso la testimonianza e il racconto orale di suo padre, oggi pluriottantenne e protagonista diretto dei racconti.
Un lavoro di un pregio inestimabile “Il Novecento raccontato da mio padre”, un contributo importante e necessario non solo per documentare con testimonianze vissute, aspetti concreti e quotidiani dell’esperienza della guerra, della prigionia, del dopoguerra, ma soprattutto per dare consistenza concreta ed eloquente a ciò che non siamo abituati a leggere nei libri di storia ufficiale.
Una storia che lei e zio Felice hanno scritto "a quattro mani "nell'inverno del 2005, durante le lunghe e silenziose nevicate di paese e che racchiude pagine di testimonianza forte e di dichiarazioni del tutto personali e inedite, registrate, trascritte e sistemate sulla carta dall’autrice con linguaggio semplice e immediato. Un libro sull’oralità e sulla memoria che coinvolge il nostro centro più intimo e vitale, lì dove la parole si innesta e fiorisce, modificando il nostro paesaggio interiore. Una storia collettiva, seppure originariamente personale, fatta di uno sguardo sugli altri, oltre che su vicende private e individuali.
Il volume di Teresa si presenta con una veste tipografica accurata sobria e pregevole, lo sfoglio e mi soffermo su alcuni titoli (Accunzato a sette anni, Infortunio con il moschetto, Il matrimonio per procura, Prigioniero degli Inglesi, Le lenzuola rubate, Il ritorno) poi continuo a leggere, curiosa, avida di sapere, di accarezzare parole che trasudano storia. La partenza per il fronte, il tempo dilatato della guerra, la fatica fisica e morale di essere soli e lontani dagli affetti, la vita di trincea e nel deserto Sirtico, la prigionia e poi il ritorno, e l’emigrazione con tutti i problemi del dopoguerra. La storia drammatica, triste e fiduciosa di un contadino lucano, che oggi si occupa della sua vigna fuori paese e che sorseggiando un buon bicchiere di vino dice: "Oggi siamo diventati tutti Signuri. Con tante illusioni.”
In questo raccontare fatti, ma soprattutto la memoria degli affetti, ci sono momenti in cui la sofferenza, la vita di stenti e di disagi e la fatica della guerra serpeggiano ancora vive tra le righe, altre in cui una sottile ironia riesce a strapparci e ad avvolgerci in un sorriso di calda commozione e condivisione.
Centoventicinque pagine che si concludono con alcune foto in bianco in bianco e nero di zio Felice e una nota dell’Editore Vincenzo D’Alessi (curatore della collana Historia) di augurio all’autrice e a suo padre per questo prezioso lavoro.
“Mio padre racconta il novecento” oltre che un documento storico è un patrimonio umano e collettivo insostituibile, dove le parole sono immortalate con garbo e leggerezza nelle situazioni più drammatiche e dove la speranza e la fiducia nella vita non viene mai meno. Un libro da leggere e da riflettere che consiglierei ai grandi, ma soprattutto ai più giovani, come compagno di viaggio nello studio della storia locale e del nostro Novecento.
Una recensione di Maria Pina Ciancio
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