Spiazza il lettore con il suo crudo realismo la normale indifferenza allo sfacelo moderno di giovani vite subordinate alla droga e al degrado, impegnate a gettare via il proprio essere all'interno di una società costruita su falsi ideali, speranze illusorie ed astratte, asce sospese a mezz'aria, pronte a colpire, i nati sotto la stella sbagliata.
L'apocalisse inizia da qui, dalle vite distrutte di coloro che rappresentano il futuro.
Non ha pietà l'autore.
La corsa frenetica verso la morte del fisico e dell'anima e una sorta di autolesionismo legato alla violenza e alla criminalità, percepito come unico canale di sfogo alla rassegnazione della mancanza di certezze, sono i temi centrali del secondo romanzo di Pietro Presti.
Acuto, tagliente, parole abilmente affilate sulla lama di un rasoio.
Una realtà difficile da accettare la cui esistenza, spesso rinnegata o, peggio, sottovalutata, viene qui narrata con uno stile deciso, rapido, chiaro come il sole, senza interruzioni, senza mezzi termini, con un'ampia ricchezza lessicale e un particolare accostamento di parole e significati.
Irragionevole e terribile è la semplice e naturale scorrevolezza di questo reportage che tutti conoscono, che tutti avvertono, palese, nella sua marcescente ed ipocrita dimostrazione di se. Nessuno, però, per lo meno chi dovrebbe, interviene, preferendo rimanere avvolto nella sottile patina dello spettatore impotente.
Per i lettori è solo un romanzo. Pagine intense da sfogliare protetti all'interno di calde mura domestiche, mai davvero sufficienti; pagine realistiche di un mondo chiuso fuori dalle porte, davanti al quale si finge di non vederlo per non deturpare lo spirito, per non rovinare la giornata. Per chi, invece, vive quel romanzo, giorno dopo giorno, non è così scontato poter chiudere il libro e pensare ad altro o uscire per una passeggiata.
Le emozioni, i sentimenti e i desideri dei protagonisti sono agonizzanti, aggrappati alla possibilità di rigenerarsi in un cambiamento, quel nuovo modo di rivalutare se stessi, dettato dalla brusca, scioccante presa di coscienza di una forza, ritenuta inattaccabile, deformata come la cera consumata di una candela artistica.
Approda quindi, sullo scritto di Presti, l'amara consapevolezza che l'uomo è una creatura troppo vulnerabile e testarda per rendersi conto di quanto sia fragile e influenzabile; di come il suo corpo, fatto di carne ed ossa, sia al pari di un delicato vaso di ceramica minacciato dalle mani insicure di un bambino vivace in grado di ridurlo in cocci da un momento all'altro.
Questo di Presti non è un romanzo. E'uno scorcio di vita dei bassifondi, quella che molti non hanno mai assaggiato e mai assaggeranno, quella da cui molti vorrebbero scappare, quel tipo di esistenza in cui, per coloro che vi piantano radici, svanisce ogni fede.