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La Janara
di Luigi Boccia
Pubblicato su SITO
Anno
2005-
Edizioni Il Foglio
Prezzo €
10,00-
82pp.
ISBN
8876060197
Una recensione di
Giuseppe Bonaccorso
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Votanti:
9197
Media
79.31%
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Luigi Boccia è uno scrittore di storie dell’orrore. Di quel tipo di storie che l’amante del genere ha iniziato ad apprezzare leggendo autori come Richard Matheson e Stephen King. La Janara è un breve romanzo dell’orrore e Boccia non lascia nulla a caso nella composizione dell’intreccio narrativo, dell’atmosfera e della rivelazione del perturbante finale. Come magistralmente spiegato da H.P. Lovecraft nel suo saggio, L’orrore soprannaturale in letteratura, il vero racconto dell’orrore segue delle oscure unità concettuali, quasi un aristotelismo della paura: tutto si basa sull’atmosfera che deve preparare il lettore a sospendere il suo giudizio e ad accettare la paura scaturita dall’irruzione nella propria vita di realtà sconcertanti. In Boccia l’atmosfera è “di periferia”, quasi casalinga. Castelcandia è il teatro orrorifico in cui i personaggi di Boccia si muovono, un paese della provincia, un paese dell’infanzia, raggiunto dalla protagonista, Francesca che vuole dimenticare gli ultimi mesi della sua vita passati in manicomio. Dal trauma della morte del figlio ancora in fasce, Francesca non ne era uscita e il ritorno a casa si dimostra essere foriero di ulteriori orrori, dipinti a tratti psicologici e folkloristici, sfumati dalla leggenda locale della janara, la strega di quelle terre ai confini tra modernità e arcaicità. Agli incubi della madre si susseguono inquietanti accadimenti dietro l’angolo di casa (per usare un’espressione cara ai Fruttero&Lucentini) i quali non fanno altro che condurre verso un sentiero tracciato dai fili della paura. Adottando una narrazione “cinematografica”, caratterizzata da stacchi narrativi, montati tra la narrazione di ciò che accade e di ciò che potrebbe (o si avrebbe paura che…) accadere secondo i pensieri di Francesca, via via ossessionata dai tremendi ricordi pregressi. Il libro è arricchito da illustrazioni in bianco e nero, realizzate per l’occasione da diversi disegnatori ed aiutano il lettore ad entrare nel giusto spirito di lettura della storia. Il tutto è garantito dalla prefazione di Pupi Avati che descrive l’opera di Boccia come «un racconto terribile in quanto privo di qualsivoglia certezza, sospeso su un baratro vuoto e sconfinato, dal quale ci sentiamo attratti verso un infinito precipitare.»
Una recensione di Giuseppe Bonaccorso
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