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Nidi di rondine
di Simone Pazzaglia
Pubblicato su SITO
Anno
2014 -
Historica
Prezzo €
10,20 -
70 pp.
ISBN
9788896656990
Una recensione
di
Gordiano Lupi
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Votanti:
812 Media
79.08 %
Conosco Simone Pazzaglia sin dai tempi del primo romanzo - Un paese di poveri pazzi e cani -, apologo felliniano sulla vita di provincia, una sorta di Amarcord in salsa toscana. Ho apprezzato anche il successivo racconto sulla crisi di coppia, l’ironico ma meno intenso Amanita, lavoro che conferma indubbie capacità di scrittura. Nidi di rondine è un racconto lungo, insolito intermezzo nella produzione di un autore che è già all’opera per sfornare il terzo romanzo, una storia complessa di famiglie della provincia toscana a cavallo tra due guerre. La dedica a un Amico fragile di deandreiana memoria, evaporato in una nuvola rossa in una delle molte feritoie della notte, fa capire che ci troviamo di fronte a una storia pericolosa - per citare Emil Cioran - una di quelle degne di essere raccontate, perché l’autore scava nelle ferite della vita e scandaglia i meandri del tempo perduto. Ancora una volta lo scenario di Pazzaglia è la provincia, quell’angolo di Maremma dove vive, tanto caro a Bianciardi, periferia di Kansas City, un luogo indefinibile che potrebbe essere Gavorrano, Montepescali, Sticciano, Paganico, Seggiano… Non ha importanza definire topograficamente il paese, conta l’atmosfera pesante da Berlinguer ti voglio bene, quei luoghi che Benigni e Bertolucci hanno saputo dipingere con pennellate di degradante squallore componendo un affresco verista. “Un paese con una chiesa, un campetto di calcio, e gente che ogni tanto urla dalle finestre… un paese lento e moribondo che anno dopo anno perde un pezzo di carne come un lebbroso”, ma anche una madre che “cucina roba senza amore e con poco sale”, “un padre di poche parole lanciate come frecce da evitare” e alcuni amici che si danno appuntamento in un fantastico campo di calcio al limitare del bosco, “torsi nudi e pantaloncini corti”. Una storia che nasce in pineta, in un giorno d’estate, un’ingiustizia che si consuma dopo una partita di calcio, gerarchie di ragazzini che impongono la loro volontà su altri più deboli e poi una vecchia signora che paga per veder distruggere nidi di rondine a colpi di fionda. Passano gli anni e non accade niente di straordinario, a parte la vita che scorre, il tempo che si perde, i ricordi che restano ricordi. Capita che ci si ritrova in un bar, davanti a una birra, per accorgersi che la vita si è presa il gusto di vendicare torti e ingiustizie. Non aggiungo altro. Il racconto merita di essere letto e apprezzato, centellinato pagina dopo pagina, assaporato, magari riletto per andare alla ricerca dei sapori intensi della vita di provincia. Nelle botti piccole ci sta il vino buono. Nei cataloghi dei piccoli editori tanti piccoli gioielli. Oggi ne abbiamo scoperto uno.
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